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Una principessa tra due mondi – Alvaro Vargas Llosa

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La meticcia di Pizarro
traduzione di Raul Schenardi,
Edizioni Anordest (Tivoli, 2012),
pag. 262, euro 15.00.
 
"A Francisca Pizarro, l'erede meticcia del Conquistadores, la Storia è passata di fianco.". Sulla base di questa premessa, il famoso giornalisa Alvaro Vargas Llosa figlio dell'ancora più famoso scrittore Mario Vargas Llosa, getta le basi per edificare un opera letteraria che mescola realtà e fantasia, dunque si serve della malta della 'cronaca' e dell'acqua dell'invenzione. L'edificio finale, possiamo dire, è la biografia di Dona Francisca Pizarro. Una scusa, inoltre, per darci: "un affresco della nascita del Nuovo Mondo visto attraverso gli occhi a mandorla di Francisca, la figlia meticcia del conquistatore Pizarro. Erede dell'ancestrale tradizione inca, e per questo detta la Principessa dei due mondi, nel corso degli anni Francisca assiste agli avvenimenti capitali della storia del Perù: l'uccisione del padre e le guerre per la successione, le lotte intestine fra i capi indigeni e l'arrivo degli inviati del re di Spagna. Costretta ad abbandonare per sempre la terra natia, nella penisola si rifa una vita accanto allo zio Fernando nella prigione di un castello, e si assegna una nobile missione: riscattare il nome e l'eredità del padre". L'editore, tramite l'operato del curatore di questa già ottima collana "Célebres Inéditos" Gordiano Lupi, trova parole calibrate al libro che propone. Senza la necessità di trovare altri termini o escamotage magari altisonanti e fasulli al fine di presentare l'opera. Anche perché il testo di Llosa di queste proprio non avrebbe di bisogno. Ma innanzitutto, sostenuti dalle parole dello stesso autore, possiamo spiegare che la finzione del testo sta dove lo scrittore peruviano decide liberamente di scegliere le versioni che più crede veritiere del racconto custodito dal lavoro di più e in disaccordo tra loro, storici. Le pagine partono dalla necessaria ambientazione. Tra l'altro con un incipit magnifico, che quindi non possiamo escludere da questa lettura, che fa "La città di Jauja sorse in mezzo ai guanachi, volpi e vigogne, e morì fra le gambe delle principessa Inés Huaylas il giorno in cui Pizarro scoprì la tenerezza". Nel mentre, dunque, dell'assedio di Lima. Che dona i semi a Francisca. Nonostante, persino, la forza inca consegni un po' d'eccessiva retorica al collaboratore di Wall Street Journal, New York Times, El Paìs, Time, BBC eccetera, da tempo emigrato a Whashington. Con le vicende siamo nel 1534, quando ancora il colonizzatore non ha deciso nemmanco quale luogo imporre come capitale dello Stato. Ma sa perfettamente dove scaricare le proprie voglie, in sostanza. Dove gli indios sono fatti schiavi, servitori, sottomessi, truffati. Passando per la furbata spagnola, ché "gli spagnoli avevano compreso ben presto che gli indios di quell'impero erano troppo numerosi, perciò i loro metodi di conquista non prevedevano  lo sterminio ma il meticciato e l'inganno politico". Per paura che gli inca insomma s'accorgessero della loro superiorità e si liberassero della nuova dominazione. La trama sa di romanzo. Non può, anzi, che sapere di romanzo. Tra l'intimo del pensiero del dominatore e, purtroppo, le lotte che invece d'esser rivolte a lui erano mantenute tra capi tribù. Lo stile gentile di Llosa supera la misteriosa morte di Pizarro per ridarci l'esilio e le battaglie della sua eroica figlia; facendo, grazie a quest'eroina, una biografia che si fa romanzo storico e popolare.

 

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