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Il rapimento (III)

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Il rapimento (III)

Capitolo 18

Stazione Aliena
Zona di detenzione.

Il capitano Picard accese la torcia in dotazione alla Flotta per illuminare i ripidi gradini rocciosi che conducevano alle segrete.
L’illuminazione dell’intera zona era piuttosto fioca, presumibilmente a causa della diversa struttura dell’apparato ottico degli alieni.
Il Signor Data ed il tenente La Forge lo seguivano a pochi passi leggendo i dati dei loro strumenti di rilevamento.
"Dovremmo esserci ormai capitano." disse l’androide facendo trillare il suo tri-corder.
La Forge regolò opportunamente il suo congegno visivo per la visione all’infrarosso, inizialmente le immagini risultarono un poco confuse, poi ap-portando le dovute modifiche tutto divenne più definito.
"Capitano vedo decine di alieni per terra, sembrerebbero stati folgorati da un phaser, sono dappertutto intorno a noi."
Picard strinse la sua arma pronto a qualsiasi evenienza.
"Il guardiamarina Ellis deve averci preceduto." concluse sollevando l’enorme testa di un Guardiano completamente sfigurata.
Il Signor Data con un piccolo salto oltrepassò le guardie morte e sollevò il cor-po privo di vita del guardiamarina Ellis.
"Temo proprio che lei abbia ragione capitano."
Raggiungendo il pannello di controllo l’androide attivò le luci d’emergenza e dopo un breve lampeggio intermittente l’ambiente fu rischiarato dai fari posti sul soffitto.
Non riuscendo a trattenere una smorfia di dolore La Forge si coprì il volto per non restare accecato dal repentino aumento di luminosità
"Scusami Geordi."
"Non preoccuparti Data, non è successo niente di grave." lo confortò l’ingegnere vedendo sul suo volto biancastro un’espressione di apprensione.
"Siamo arrivati." disse Picard stazionando sulla porta principale della cella.
"Si capitano, le prigioniere sono oltre questa parete." confermò il Secondo Uf-ficiale scandagliando nuovamente la zona.
Con un movimento secco Picard aprì il portale entrando all’interno seguito dai suoi compagni in assetto da combattimento.
Dopo essersi inginocchiati con i phaser puntati i tre ufficiali notarono un am-biente simile ad un sofisticato laboratorio di ricerca.
Alcune apparecchiature erano ancora in funzione, mentre enormi bobine di campo generavano immagini tridimensionali su di una parete in fondo alla sa-la.
Erano raffigurate due figure stilizzate, una umana ed una aliena, i loro DNA venivano fatti intrecciare dalla simulazione del computer, mentre ai bordi dell’immagine un flusso di dati veniva riportato e confrontato con i parametri fissi già impostati.
Un alieno era comodamente seduto ad un terminale verificando i dati rilevati dalle macchine, quando sentì la presenza dei tre intrusi scattò verso il centro del padiglione estraendo la sua arma dalla fondina.
"Aspetti!!!’ gridò Picard alzando un braccio per attirare l’attenzione su di sé.
L’energumeno rimase per alcuni secondi immobile con l’arma puntata sugli uomini dell’Enterprise, sembrava piuttosto indeciso sul da farsi.
Ansante si avvicinò guardingo alle prigioniere accalcate alla parete di fianco a lui.
Picard intuì che quell’essere era spaventato, forse prima di combattere ci sa-rebbe stato un tenue margine per parlare da persone civili.
Prendendo distanza dai compagni Picard si avvicinò riponendo la sua arma in segno di fiducia.
"Non temere, non ho nessuna intenzione d’attaccarti. Perché siete qui e rapite la nostra gente?"
L’alieno ondeggiò l’enorme testone sbattendo gli occhi verdastri.
"Voi ci servite per l’esperimento." concluse infine con una voce gutturale che fece tremare il cuore artificiale nel petto del capitano.
"Quale esperimento? Vuole spiegarcelo? Non sappiamo praticamente nulla della vostra cultura."
Indicando con le mano contorta un punto dello schermo le immagini vennero sostituite da una dettagliata carta stellare.
"Il nostro mondo sta morendo, la stella del nostro sistema solare è ormai pros-sima ad entrare in fase di supernova e nell’esplosione renderà inabitabile tutta la regione che noi controlliamo. Abbiamo bisogno di schiavi per costruire una nuova patria in altri luoghi."
"Ma perché non chiedete aiuto alla Federazione? " ribatté Picard intravedendo terreno fertile per il dialogo.
"Federazione? Cos’è la Federazione? Noi proveniamo da un luogo talmente distante che lei nemmeno può immaginare, in quanto ai rapimenti quelli sono necessari per garantirci una progenie sana."
Picard raggelò intuendo cosa volesse intendere l’alieno.
"Volete generare dei figli con queste prigioniere? Ho inteso bene?"
"Esatto straniero, noi siamo Kendas, non è nostro costume chiedere aiuto o permessi alle nostre vittime, noi conquistiamo e basta! Le generazioni future non soffriranno del male che ci affligge ormai da secoli, queste femmine sono la nostra sola speranza di risorgere."
Il terreno per il dialogo stava rapidamente per esaurirsi, Picard se ne rese im-mediatamente conto, stringendo il suo phaser si ricordò come Kirk definì quelle creature.
Purtroppo non si era sbagliato.
"Adesso basta parlare!!!" ringhiò spazientito l’alieno scattando improvvisa-mente verso le prigioniere.
La Forge prese la mira, ma non riuscì a puntare il bersaglio che continuava a nascondersi mimetizzandosi fra la mandria di schiave.
Dopo alcuni secondi l’alieno si elevò in tutta la sua gigantesca mole facendosi scudo di una donna trattenuta saldamente davanti a sé.
Il suo braccio sghembo le stringeva il collo sollevandola dal suolo, immobiliz-zandola in una morsa vigorosa.
"Andatevene immediatamente o uccido questa schiava!"
Picard non ebbe nessuna difficoltà a riconoscere il volto del Consigliere Troi fra le braccio del Guardiano.
"Ho detto d’andarvene!!!" ribadì l’alieno stringendo la presa sul collo della Be-tazoide che iniziò visibilmente a diventare cianotica.
"D’accordo fermati, ce ne andiamo." disse Picard gettando la sua arma a terra, volgendogli le spalle ritornò verso i suoi uomini ammiccando segretamente.
La Forge e Data si scambiarono un segno d’intesa mentre il capitano li supe-rava verso l’uscita.
L’ingegnere regolò l’iride del suo occhio destro calcolando al millesimo la traiettoria per il centro esatto della fronte di quell’essere.
Senza muovere un muscolo alzò il tono della voce gridando semplicemente.
"Trenta gradi, venticinque primi, quattro secondi!!!."
L’ultima cifra non era stata ancora completata che Data afferrò il suo phaser ed aprì il fuoco, colpendo in pieno il bersaglio che cadde pesantemente al suolo facendo ruzzolare al suolo il Consigliere Troi.
L’esecuzione dell’androide fu talmente veloce che nessun occhio umano riuscì a vedere effettivamente lo svolgere dell’azione.
Semplicemente un vago movimento ed il bagliore di luce del phaser.
Picard raggiunse la Betazoide ripulendole il volto dai capelli che le si erano in-collati sulla pelle.
"Consigliere, come si sente?"
Confusa e disorientata l’empatica mise a fuoco per la prima volta il volto della persona che le stava parlando.
"È veramente lei capitano Picard?"
"Si Deanna, siamo qui per portarla in salvo, se la sente di camminare?"
"Direi di si capitano, qui con me ci sono altre prigioniere che…"
"Lo sappiamo, non si affatichi a parlare, le porteremo con noi stia tranquilla." precisò Picard aiutandola a riprendere l’equilibrio.
L’androide si avvicinò incuriosito al volto visibilmente provato della Betazoide, le rivolse un saluto ed osservò che alcuni ricci della sua capigliatura erano stati bruciacchiati dal fuoco della sua arma, volgendosi verso La Forge escla-mò.
"Geordi, avresti dovuto essere più preciso nell’indicarmi le coordinate per il ti-ro." sottolineò all’ingegnere intento a liberare le altre prigioniere.
La Forge sorrise senza fornire alcuna risposta.
"Se non ti dispiace Data ne parliamo dopo…adesso abbiamo bisogno del tuo aiuto."
L’androide rimase un po’ contrariato per la mancanza di dialogo del suo ami-co, in fondo non aveva chiesto nulla di strano, solamente una maggiore preci-sione da parte degli esseri umani.
Vedendo che nemmeno il capitano Picard voleva fornirgli una spiegazione scosse la testa perplesso, ripromettendosi che avrebbe ripreso l’argomento una volta a bordo dell’Enterprise.

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Capitolo 19

Nave Stellare Enterprise.

Il turboascensore risalì rapidamente verso il ponte di comando.
Kirk contò impazientemente ogni livello che scorreva lungo l’indicatore traslu-cido della parete.
Ancora pochi secondi e finalmente sarebbe giunto a destinazione,
Il Signor Scott era riuscito a realizzare un altro dei suoi famosi miracoli, coa-diuvato dal Signor Spock, aveva sondato la nave, imprigionato gli alieni nel raggio teletrasporto e sbloccato le paratie che isolavano l’equipaggio dell’Enterprise.
Con il loro sibilo familiare le porte rosso fiamma si spalancarono mostrando un ponte di comando completamente deserto.
Spock deviò verso destra sedendosi alla console scientifica accertandosi che il computer principale non fosse stato danneggiato, Scotty invece si fermò da-vanti alla stazione d’ingegneria valutando lo stato dei motori.
Kirk scese dal livello rialzato saltando agilmente oltre il passamano che deli-mitava la zona, con sdegno vide la sua poltrona incrinata dalla massa abnor-me che precedentemente occupava il suo posto.
Il rivestimento nero dello schienale era lacerato in più punti e Kirk non poté trattenersi dal ripiegare amorevolmente l’imbottitura verso il suo interno come volesse ricucire una ferita ancora aperta.
Rialzandosi da quello scempio si diresse verso l’ingegnere intento a simulare alcune funzioni dei motori principali.
"Allora Scotty, com’è la situazione?"
"Discreta capitano, i motori a curvatura sono un po’ sotto tono, ma non do-vrebbero esserci problemi per riavviarli in un tempo ragionevole. Le armi sono tutte operative, così come gli scudi deflettori ed i siluri fotonici. Direi che gli alieni non abbiano avuto il tempo di manomettere nulla."
"Quasi nulla!" precisò Kirk indicando la poltrona al centro della plancia.
"Signor Scott, inizi i preliminari per la partenza, dobbiamo lasciare questo luo-go al più presto."
Lo Scozzese lo fissò con aria interrogativa.
"Mi scusi capitano, cosa intende farne degli alieni? Se vuole posso lasciarli nella non esistenza, in fondo non si meriterebbero altro dopo quello che ci hanno fatto passare."
"Non mi tenti Signor Scott…li trasferisca nel punto più remoto di questa stazio-ne, sono certo che quando faranno ritorno noi ed il capitano Picard ce ne sa-remo già andati da un pezzo."
"Come desidera." rispose un po’ deluso l’ingegnere dirigendosi verso il turboa-scensore.
Raggiungendo il Vulcaniano Kirk notò un’impercettibile apprensione sul suo volto.
Vedendolo armeggiare con il computer attese alcuni secondi lasciando che lo scienziato terminasse.
"Rapporto Signor Spock."
"Capitano, ho voluto verificare nuovamente i dati per escludere qualsiasi mal-funzionamento dei sensori."
"Quindi Signor Spock?."
"All’appello risulta totalmente assente il personale femminile."
"Il personale femminile???" ribatté confuso il capitano sporgendo il viso contro lo schermo, poi vide il Vulcaniano che lo stava fissando con un sopracciglio alzato ben oltre la frangia dei capelli scuri.
"Mi scusi Signor Spock, prego, riprenda il suo posto." si scusò Kirk imbaraz-zato per aver invaso la postazione del Secondo Ufficiale.
Notando la poltroncina vuota solitamente occupata del tenente Uhura aggiun-se.
"Perché avrebbero dovuto prelevare solamente le donne? Come schiave non avrebbero la forza fisica necessaria per lavorare nelle miniere."
Spock preferì non rispondere attendendo che il calcolatore elaborasse la più logica spiegazione dei fatti.
L’attesa non fu lunga, la voce meccanica scandì nettamente le seguenti paro-le.
"Dati insufficienti."
"Mi spiace capitano, se vuole posso riformulare la domanda." propose il Vul-caniano inserendo un nuovo dischetto colorato nell’apposita fessura.
"Lasci perdere Spock, inizi la ricerca sistematica di qualsiasi forma di vita umana nella zona detentiva."
Annuendo lo scienziato si mise all’opera infilando il sottile trasmettitore nel suo orecchio appuntito.
Le porte del turboascensore si aprirono nuovamente facendo affluire il perso-nale di turno.
Il Signor Chekov ed il tenente Sulu indossavano ancora le uniformi di servizio sporche e lacere a causa della dura prigionia nelle cave, avrebbero preferito rendersi più presentabili, ma considerando la situazione d’emergenza optaro-no per riprendere immediatamente il loro posto.
In pochi minuti le luci di servizio assunsero la loro consueta intensità mentre dalle varie sezione venivano trasmessi ordini e conferme dai Capi Sezione.
Il ponte dell’Enterprise era tornato vivo e pulsante, Kirk riprese rapidamente posto sulla poltrona di comando.
"Signor Sulu, attivi gli scudi energetici, questa volta non voglio clandestini a bordo." ordinò mentre firmava un rapporto aggiornato sullo stato della nave.
"Siamo pronti a muoverci." riferì la sala macchine lasciando scorrere libera-mente l’energia dei motori a curvatura.
Sentendo vibrare la nave sotto gli stivali Kirk provò un brivido lungo la schie-na.
"Grazie Signor Scott, rimanga in attesa."
Un lampeggio intermittente della console di comunicazione avvisò che era in arrivo una chiamata esterna, dagli altoparlanti si diffuse una voce familiare.
"Capitano mi sente? Enterprise, sono il tenente Uhura, mi leggete?"
Kirk si diresse come un lampo alla postazione impugnando il microfono.
"Qui Kirk, si tenente la stiamo ascoltiamo, dove si trova?"
"Nei sotterranei della stazione, siamo tutte qui riunite in attesa di ricevere istruzioni, le sto parlando attraverso il comunicatore del capitano Picard."
Kirk lesse i dati sul display dell’analizzatore.
"Tenente, stiamo rilevando in questo momento le vostre coordinate, vi porte-remo subito in salvo, Capitano Picard, mi sente? Cosa sta succedendo? Mi sembra di udire delle esplosioni lì vicino. Conferma?"
La trasmissione iniziò ad essere confusa e frammentaria, Kirk tese le orecchie sperando di riuscire a decifrare meglio il segnale.
"Si capitano, siamo sotto attacco, si direbbe che gli alieni non abbiano gradito la nostra iniziativa." rispose Picard allontanandosi dalle donne per facilitare i sensori di localizzazione dell’Enterprise.
"Capitano Picard, possiamo trasportare anche voi." propose Kirk stringendo i pugni per la frustrazione.
"Grazie per l’offerta capitano, ma sappiamo entrambi che le cose devono an-dare in questo modo, questi alieni sono un nostro esclusivo problema, fate presto; le auguro buon viaggio…"
La comunicazione venne bruscamente interrotta sovrastata dalle interferenze sempre più insistenti.
Kirk si accigliò sentendosi del tutto impotente, si aggirò per il ponte in cerca di una soluzione, non aveva nessuna intenzione di abbandonare i suoi compagni ad una morte certa.
Con il palmo della mano attivò il pulsante di comunicazione del bracciolo della sua poltrona.
"Allora Signor Scott, ha finito il teletrasporto?"
"Si capitano, proprio in questo momento, sono tutte a bordo."
"Bene Scotty, recuperi gli uomini nascosti nei cunicoli e riattivi gli scudi difen-sivi. La partenza viene rinviata di alcuni minuti."
Il Signor Spock ascoltando gli ordini e vedendo lo stato d’agitazione del capi-tano sentì la necessità di avvicinarsi alla postazione centrale, raccogliendo le braccia dietro la schiena sottolineò.
"Capitano, le ricordo l’urgenza del nostro rientro."
Kirk sembrò ignorare il Vulcaniano, alzando il tono di voce sottolineò.
"Signor Spock, dobbiamo aiutare il capitano Picard!"
"Ripristinare il giusto corso della storia sarà il miglior aiuto che potremo forni-re." precisò lo scienziato rimanendo impassibile.
"Signor Spock ha calcolato la rotta di rientro attraverso il tunnel temporale?"
"Ovviamente capitano."
"Grazie Signor Spock, ritorni al suo posto."
Il Vulcaniano ubbidientemente si diresse verso la sua postazione alzando un sopracciglio in segno di perplessità, come spesso aveva constatato quando il capitano prendeva una decisione era virtualmente impossibile fargli cambiare idea.
"Signor Sulu, spinta laterale, avanti un quarto."
L’Enterprise vibrò paurosamente per la tensione generata dall’attrito con il raggio traente alieno che la teneva saldamente ancorata al bacino di carenag-gio.
"Signor Scott, cosa succede?"
"Capitano ho bisogno di più energia per disincagliare la nave, questo raggio è incredibilmente resistente, temo che sarà più complicato del previsto liberarci."
"Signor Chekov faccia fuoco con i phaser, massima dispersione! Signor Sulu aumenti a massimo impulso, non appena possibile inizi a ruotare la nave."
Le lingue di fuoco colpirono l’attracco in più punti vitali facendo incrinare le strutture che sostenevano il generatore del raggio traente.
Come una spirale d’energia contorta il flusso che imprigionava l’Enterprise fu spezzato in più punti liberando improvvisamente l’astronave con un enorme rinculo.
La spinta fu talmente violenta che il personale a bordo iniziò a cozzare da tutte le parti come trottole impazzite.
Mentre l’Enterprise manteneva attivo il fuoco dei phaser, ruotando liberamente sul suo asse, la devastazione più totale si generò all’interno del bacino scara-ventando le piccole navette ancorate per riparazione contro le pareti rocciose della luna.
"Emergenza medica in plancia." richiese il Signor Spock vedendo alcuni uffi-ciali svenuti sul pavimento.
Barcollando McCoy entrò in plancia raggiungendo il capitano intento ad impar-tire nuove istruzioni.
"Jim, cosa diavolo sta succedendo?"
"Ci siamo disincagliati dottore, ma come può notare si è trattato di una mano-vra un po’ brusca."
"Me ne sono accorto, e adesso come facciamo ad uscire da qui?" chiese il medico osservando l’immenso Hangar inquadrato dallo schermo principale.
Improvvisamente un boato assordante fece tremare nuovamente l’Enterprise spingendo violentemente il dottore in avanti fra le braccia del capitano.
"Ma cosa…? Spock, cos’è stato?" chiese Kirk sorreggendo McCoy imbaraz-zato di ritrovarsi in quella posizione.
"Capitano ci stanno sparando, sembrerebbero cannoni laser automati-ci…aspetti stanno attivando altre due batterie laterali…stiamo per essere…"
Il Vulcaniano non riuscì a terminare la frase che la nave fu scossa da un nuo-vo colpo esploso proprio nei pressi della cupola esterna.
"Scudi scesi al venti per cento. Siamo in trappola capitano!!!" la voce allar-mata del Signor Scott li raggiunse dalla sala macchine ormai messa a ferro e fuoco.
"Jim, faccia qualcosa." McCoy sembrò supplicare mentre si prodigava a pre-stare il primo soccorso ad un guardiamarina ferito all’addome.
"Dottore stia tranquillo, fra breve ce ne andremo. Lo sà che questa stazione è inespugnabile dal suo esterno?"
Il medico non era nelle condizioni ideali per rispondere ad un indovinello, sin-tetizzò tutta la sua frustrazione con poche parole.
"E allora???"
Kirk non rispose lasciandolo con quell’espressione mista fra terrore e speran-za.
"Signor Chekov, indirizzi i phaser direttamente contro la parete rocciosa con un raggio a banda stretta."
"Agli ordini capitano."
L’energia colpì la struttura interna del satellite facendo crollare il primo strato di roccia, i detriti si frantumarono contro gli scudi dell’Enterprise ancora sotto-posta al bombardamento nemico.
"Scudi al cinque per cento!!!." urlò quasi disperato il Signor Scott mantenendo a stento l’assetto della nave.
La parete rocciosa investita dall’energia delle armi mutò colore iniziando a sgretolarsi, ampie vampate di vapore si liberarono fra repentine esplosioni.
"Lo strato roccioso è quasi collassato capitano." riferì il Signor Spock monito-rizzando la perforazione del satellite.
"Gli scudi sono andati!!!" gemette infine Scotty non potendo fare più nulla per la sua nave, si passò una mano fra i capelli sudati e si sedette sconfitto sul pavimento senza più la forza di parlare.
"Signor Sulu, ci porti fuori. Massimo impulso!" ordinò Kirk pregando che l’integrità strutturale resistesse ancora per qualche secondo.
L’Enterprise balzò in avanti penetrando nella cavità fumante, sfondò senza nessun problema gli ultimi strati ancora solidi facendosi breccia nel tunnel temporale che circondava esternamente la stazione.
McCoy restò letteralmente a bocca aperta, si volse verso il capitano notando come durante tutta l’azione fosse stato l’unico, ad eccezione del Signor Spock, a mantenere i nervi saldi.
"Quale rotta inserisco capitano?" chiese il Signor Sulu tamponandosi la ferita che gli attraversava gran parte della fronte.
"Nessuna rotta Signor Sulu. Signor Chekov giri la nave di 180 gradi e si arresti davanti alla fenditura."
Kirk sentì gli sguardi di tutti i presenti su di se’, soprattutto del Signor Spock che non riusciva a capire il significato di quel pericoloso ritardo.
"Esegua l’ordine Signor Chekov!"
La voce del capitano raggelò la plancia.
L’Enterprise virò fra gorghi interni del tunnel e si trovò nuovamente di fronte alla voragine dalla quale era appena uscita.
"Signor Scott, è riuscito ad individuare i generatori primari d’energia?"
"Direi di si capitano, sto trasferendo direttamente le coordinate alla console del Signor Spock."
Il Vulcaniano le trasferì a sua volta al Signor Chekov il quale non riusciva ad afferrare a quale strano gioco stesse giocando il capitano.
Kirk si affiancò allo scienziato.
"Cosa ne pensa Signor Spock della mia idea per aiutare il capitano Picard?"
Dopo un a breve pausa di riflessione il Vulcaniano rispose.
"Illogica e del tutto emotiva, ma altrettanto interessante capitano."
Kirk sorrise e ritornò sui suoi passi fermandosi alle spalle del navigatore.
"Signor Chekov inserisca le coordinate e faccia fuoco con due siluri fotonici, mi raccomando, un tiro preciso."
"Certo signore." rispose il russo attivando le bocche di lancio.
Due globi luminosi presero vita dal ventre dell’Enterprise iniziando la loro cor-sa verso il satellite artificiale, senza il minimo problema s’insinuarono nella spaccatura proseguendo la loro corsa verso il cuore della stazione.
Kirk ripensò al capitano Picard ed agli altri ostaggi ancora prigionieri laggiù, incrociò le dita sperando che il suo stratagemma funzionasse.
Se l’Enterprise del futuro fosse riuscita ad intervenire in tempo forse ce l’avrebbero ancora fatta, purtroppo loro non sarebbero stati lì per poterlo veri-ficare di persona.
Sospirando si concentrò sullo strano tunnel temporale, a prima vista non ave-va certamente un aspetto confortante.
Le sue dimensioni variavano continuamente lasciando scorrere intensi flussi di gas interstellare.
Come un cordone ombelicale un fascio d’energia fuoriusciva dal lato in ombra della luna alimentando tutta la struttura.
Navigare attraverso quelle distorsioni non sarebbe stato uno scherzo, soprat-tutto adesso che l’Enterprise non era più alla massima efficienza.
Kirk accavallò una gamba assumendo una posizione più rilassata, controllò che tutto fosse pronto per la partenza e sperando nella buona sorte infine or-dinò.
"Signor Spock, ci riporti a casa."

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Capitolo 20

Base Aliena.
Livello sotterraneo.

"Picard ad Enterprise. Numero Uno mi riceve?"
Picard tentò numerose volte di contattare la nave regolando il comunicatore da campo su ogni frequenza che l’apparecchio potesse trasmettere.
Se il comandante Riker si fosse attenuto agli ordini in quel momento l’Enterprise sarebbe dovuta essere già in posizione d’attacco.
"Nessuna risposta." riferì nascondendo la propria delusione alla piccola caro-vana dietro le sue spalle.
"Probabilmente lo scudo della stazione impedisce la ricezione a questa pro-fondità."
I prigionieri erano stati raccolti dalle celle limitrofe a quella del Consigliere Troi, fortunatamente erano stati radunati in quel luogo in attesa di essere trasferiti ad altre sezioni.
Il rinforzo magnetico posto davanti all’ingresso avrebbe dovuto garantire un sufficiente margine di vantaggio sugli alieni che dall’esterno tentavano con ogni mezzo di forzare l’entrata.
"Signor Data, è riuscito a trovare qualche paratia nascosta che possa consen-tirci la fuga?"
L’androide si allontanò dalla parete rocciosa richiudendo il suo tricorder.
"Purtroppo no capitano, non ci sono uscite secondarie, in questo momento siamo completamente circondati dalle truppe avversarie, temo che non potre-mo lasciare questa zona senza batterci direttamente con loro."
Picard tentò di rincuorare gli ostaggi in gran parte stremanti.
"Non preoccupatevi, presto verranno in nostro soccorso." annunciò cercando di apparire sicuro di se’.
Deanna si avvicinò al capitano sorretta dal Signor La Forge, abbozzò un sorri-so sul suo volto smagrito.
"Capitano, lei non è mai stato molto bravo a mentire." sottolineò adagiandosi sul pavimento umido.
Picard riafferrò il trasmettitore senza rendersi conto di gridare dentro al mi-crofono.
"Numero Uno mi sente!!! Enterprise riuscite a sentirmi???" ripeté numerose volte facendo risuonare l’eco della sua voce fra le ampie arcate della struttura.
"Dannazione, perché non rispondono?"
Fra i rantoli dei prigionieri si aggiunse improvvisamente una nuova vibrazione.
Inizialmente sembrò un semplice movimento tellurico, poi man mano che pas-savano i secondi dal soffitto iniziarono a cadere ritmicamente delle piccole nu-vole di polvere.
Il pavimento stesso iniziò a vibrare facendo tremare le paratie stagne, le scos-se aumentarono rapidamente d’intensità mentre i carcerati si raccoglievano terrorizzati ai lati per evitare che l’intelaiatura li colpisse.
"Rapporto Signor Data."
"Dalle letture sembrerebbe che il generatore principale sia stato colpito da un siluro fotonico, sto rilevando enormi fluttuazioni energetiche all’interno della luna."
Picard si sentì per un momento sollevato.
"L’Enterprise deve aver attaccato."
L’androide apparve per un momento confuso, porse il display verso Picard permettendogli di controllare i dati.
"Sono d’accordo capitano, ma non direi che sia stata la nostra Enterprise a sferrare l’attacco, sembrerebbe che l’esplosione sia stata generata inspiega-bilmente dall’interno."
"Kirk! Deve essere stato per forza lui." esultò Picard colpendo con un pugno il palmo della sua mano.
"Forse prima di partire ha voluto pareggiare il conto con i suoi rapitori, rega-landoci del tempo prezioso."
"Direi che la sua sia un’analisi molto attendibile capitano." rispose l’androide ondeggiando sulle gambe per l’ennesima scossa del pavimento.
"…capitano…Picard…qui Riker…mi sente…capitano…."
La voce del Primo Ufficiale uscì tremula dal comunicatore.
"Si Numero Uno la sentiamo, siamo qui nei livelli inferiori, riuscite a localizzar-ci?"
La trasmissione s’interruppe nuovamente lasciando spazio alle scariche d’interferenza.
Picard non si dette per vinto, riafferrò il trasmettitore facendo ruotare il con-trollo di sintonia in tutte le direzioni.
"Comandante non vi sentiamo più, siamo qui, risponda per favore."
Dopo alcuni secondi la voce un poco distorta del comandante Riker si fece ri-sentire.
"…adesso la sento capitano…resistete… stiamo martellando la stazione con i siluri quantici…"
Picard si rivolse con urgenza verso i suoi compagni iniziando a recuperare il materiale sparso nella grotta.
"Presto Signor Data, raduni tutti sotto quel muro portante, quando l’Enterprise riuscirà a localizzarci voglio che non perda nemmeno un secondo per teletra-sportarci fuori di qui."

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Il gruppo di superstiti s’accalcò contro la parete pregando che il raggio teletra-sporto inondasse la sezione e li portasse in salvo.
La tramezza iniziò ad incrinarsi pericolosamente, il portale sotto i colpi sempre più insistenti dei Guardiani sembrò deformarsi come un foglio di carta stagno-la.
Picard impugnò il suo phaser pronto ad aprire il fuoco.
Con un ultimo colpo secco la paratia cedette sbattendo contro il suolo accar-tocciandosi su se’ stessa.
Il volto abominevole degli alieni fece capolino fra le macerie avanzando diret-tamente verso la loro posizione emettendo dei mostruosi suoni gutturali.
Picard non riuscì a contarne il numero esatto, aprì il fuoco abbattendone alcuni nelle prime file, poi vide la seconda orda pronta ad entrare in azione.
Nemmeno il fuoco incrociato riuscì a fermare la loro marcia, il gruppo si strinse ulteriormente mentre alcune prigioniere preferirono chiudere gli occhi volgen-dosi verso la roccia.
Le urla bestiali dei Guardiani sovrastarono il caos che si stava generando all’interno dell’area, avvicinandosi tentarono di ghermire le schiave che si era-no rannicchiate dietro gli uomini dell’Enterprise come tanti ricci impauriti.
Picard esaurì il suo caricatore prima di perdere l’ultimo barlume di speranza, gli sembrò di sentire l’alito ammorbante di un alieno sul suo volto proprio mentre il raggio teletrasporto lo raggiunse rendendo il suo corpo evanescente.
Vedendo svanire le loro prede i Guardiani aumentarono l’andatura tentando di essere avvolti a loro volta dal raggio trasportatore, il Signor Data prontamente li allontanò di alcuni metri facendo scudo con il proprio corpo.
Gli alieni inferociti agitarono confusamente i loro organi sghembi iniziando a cercarle le loro preziose vittime scaraventando tutto all’aria.
Urlarono, imprecarono dimenandosi come demoni sperando che qualche pri-gioniero fosse rimasto nella cella.
Ma di loro non trovarono più nessuna traccia.

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Nei livelli centrali i tecnici Kendas penetrarono nel complesso semi distrutto del generatore principale oltrepassando i fumi venefici che fuoriuscivano sem-pre più copiosi dal macchinario.
Congiungendo a mani nude i cavi che si sparpagliavano pressoché fusi sul pavimento tentarono di correggere le fluttuazioni della reazione a catena, fece-ro ogni possibile tentativo per stabilizzarla, ma sebbene fossero entrate in fun-zione le procedure automatiche d’emergenza il processo risultò irreversibile.
Il collasso del nocciolo era ormai imminente.
Quando si resero conto della gravità della situazione furono colti dal panico, iniziarono la fuga verso le navette di salvataggio radunandosi a centinaia sulle piste di decollo, sbucando da ogni settore della stazione.
Gran parte degli shuttle erano stati danneggiati durante l’attacco della squadra del capitano Picard, conseguentemente molti di loro non trovarono posto di-sponibile.
Chi per primo era riuscito a salire a bordo non prestò soccorso ai propri com-pagni, con calci e morsi i ritardatari vennero rigettati brutalmente sulla pista di decollo.
Disperati alcuni iniziarono ad arrampicarsi lungo le fusoliere delle navette cer-cando di sradicare il tettuccio trasparente, altri aggrappandosi ai carrelli di at-terraggio s’insinuarono lungo le condutture interne.
Senza la minima pietà i piloti elettrizzarono la struttura esterna facendoli rica-dere al suolo ustionati e tramortiti.
Abbassando mestamente il capo i Guardiani videro gli ultimi portelli chiudersi davanti ai loro occhi, realizzando che per loro non c’era più possibilità di sal-vezza.

Scendendo su di un orbita più bassa l’Enterprise iniziò il secondo passaggio colpendo la superficie esterna della luna con bordate sempre più massicce di siluri quantici.
Come un’aquila sulla preda non concedette un attimo di respiro al nemico.
Il nucleo interno della base infine collassò, l’ingresso dell’hangar e le strutture esterne furono letteralmente rase al suolo, mentre dall’esterno l’Enterprise spazzava via gli ultimi generatori creando nuovi crateri sull’area già martoriata del satellite.
Nessuno all’interno della stazione fece in tempo a mettersi in salvo, nemmeno le navette che iniziavano proprio in quel momento a sollevarsi da terra.
Della luna e degli alieni non rimase altro che una gigantesca esplosione che si espanse rapidamente nello spazio con gigantesche onde d’urto di forma cir-colare.
L’Enterprise completò il trasbordo dei prigionieri sorvolando maestosamente quell’immane esplosione, poi virò ed entrò in curvatura dirigendosi verso il cuore della Federazione.

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Capitolo 21

Nave Stellare Voyager
Quadrante Delta
70.000 Anni luce di distanza dal territorio della Federazione.

"Signor Tuvok come procede la perforazione del campo di forza alieno?" chie-se i

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