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Il rapimento (II)

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Il rapimento (II)

Capitolo 9

Stazione Deep Space Nine.
Diario personale.

L’Enterprise è giunta in perfetto orario, dopo aver informato il capitano Picard sugli ultimi sviluppi delle nostre ricerche il clima a bordo della stazione è di-ventato incandescente.
Il Signor O’brien ed il tenente Dax stanno ancora studiando lo strano campo di distorsione rilevato all’esterno dell’alloggio del Consigliere Troi.
Nel frattempo ho fatto mettere Quark agli arresti, la medesima radiazione è stata infatti scoperta nei pressi del suo bar, non ho nessun dubbio che ci sia lui dietro tutta questa storia, anche se per il momento non abbiamo le prove.

"Allora Odo, vuoi portarmi da mangiare?" strillò il Ferengi dalla sua cella.
Il Mutaforma si affacciò alla grata elettronica e sorridendo compiaciuto ribatté.
"Mangerai quando sarà l’orario giusto, non prima!"
"Ehi aspetta, non te ne andare, hai saputo niente sulle mie false accuse?"
"False? Io non credo proprio. Ieri notte hai combinato qualcosa di losco nel tuo bar, ne sono certo, e spero che ti tengano qui abbastanza a lungo per poterte-ne pentire."
"Non avete nessuna prova di questo, voglio parlare con il mio avvocato, la vo-stra è solo discriminazione razziale." esclamò Quark sfiorando con un dito il campo di forza.
"Dubito che tu possa trovare un avvocato che voglia proteggerti, gli servireb-bero più di dieci vite per farlo."
"Non sei per niente spiritoso Odo, insomma, fai qualcosa…chiama almeno il comandante Sisko."
Il Ferengi non riuscì a completare la frase che il muro elettronico fu disattivato ed il capitano Picard entrò nella cella seguito dalla dottoressa Crusher.
Impressionato dall’ingresso dei visitatori Quark indietreggiò di alcuni passi.
"Io non ho fatto niente!!! Cosa volete da me???"
Picard si avvicinò con atteggiamento minaccioso.
"Signor Quark, per il momento sono scompare circa duecento persone, com-preso il mio Consigliere, e lei è l’unico indiziato di complicità in questi rapi-menti, se non ci dice la verità saremo costretti a praticarle l’iniezione del siero della verità."
Il Ferengi iniziò ad agitarsi, scattò velocemente verso l’uscita bloccato pronta-mente da Odo e dal comandante Sisko che lo attendevano fuori dalla cella.
"Voi siete pazzi!!! Non potete fare questo, io conosco i miei diritti…lasciatemi andare!!!"
"Allora Quark vuoi deciderti a parlare? Parla!!!"
"Ma io non so neanche di cosa dovrei parlare, sono solo una vittima innocen-te."
Fra le suppliche del Ferengi infine Picard appoggiò la siringa ipodermica sul tavolo.
"Va bene Quark, adesso puoi andare." disse infine Sisko comprendendo l’inutilità del loro bluff.
Il Ferengi li squadrò perplesso ed iniziò a ridere a squarciagola.
"E questi sarebbero i metodi della Flotta Stellare? Siete solo patetici, imprigio-nate ed accusate un innocente per crimini non commessi; erano meglio i Car-dassiani!"
"Va bene Quark piantala adesso, vattene… ma rimani in zona, devo farti anco-ra molte domande." puntualizzò bruscamente Sisko sentendosi beffato dal ba-rista.
"Ma certo comandante, sa dove trovarmi. Ciao Odo."
Il Ferengi si assestò il suo appariscente doppio petto ed uscì dalla sicurezza ritornando più velocemente possibile verso il bar sperando che in sua assenza non fosse stato rubato nulla di prezioso.

"Mi dispiace capitano Picard, ci abbiamo provato." ammise sconsolato Sisko.
"Non si preoccupi comandante, è stato solo un tentativo, la prego di fornirci tutte le rotte possibili seguite dai rapitori, purtroppo dobbiamo ripartire imme-diatamente."
"Capisco capitano, non le faccio più perdere tempo. Il tenente Dax trasferirà i dati direttamente nel vostro computer centrale, resteremo sempre in contatto con voi nel caso ci fossero ulteriori sviluppi. Buona caccia capitano."
"Grazie comandante Sisko, Enterprise fateci risalire."

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Quella sera Quark decise di chiudere il locale prima del previsto, aveva molte cose da controllare, in particolare se non avessero scoperto l’attrezzatura se-greta nascosta dietro il pannello del bancone.
Tirando un sospiro di sollievo vide che tutto era rimasto esattamente come l’aveva lasciato prima, nessuno sarebbe mai stato in grado di ricollegarlo con il rapimento del Consigliere Troi.
Si versò da bere rallegrandosi quando sentì aprirsi le porte del bar.
"Siamo chiusi!!! Andatevene!" urlò acidamente.
"Non m’interessa se hai chiuso Quark. È appena arrivato un visitatore che non vede l’ora di parlare con te." sottolineò Odo entrando con il suo misterioso compagno.
Sussurrando all’orecchio del Ferengi il Conestabile specificò.
"Si chiama Worf, è il Klingon addetto alla sicurezza a bordo dell’Enterprise…ovviamente l’ho informato personalmente sui fatti avvenuti in questo bar…ma tu non dovresti preoccuparti dal momento che sei innocente, giusto?"
"Esattamente Odo, non ho nulla da nascondere." ripeté Quark cercando di scorgere la figura che si aggirava fra la penombra.
"Meglio così, comunque volevo solamente precisare che il Consigliere Troi è la sua compagna, mi auguro che anche lui vorrà credere alle tue panzane. Ciao Quark."
"Odo aspetta!!! Non te ne andare, non puoi lasciarmi qui da solo con lui, aspetta!!!"
"Perché dovrei restare? I mio turno di servizio è terminato, vado a riposarmi un poco se non ti dispiace." disse sorridendo il Mutaforma lasciando il Ferengi in uno stato d’agitazione irrefrenabile.
Quark deglutì rivolgendosi disinvoltamente alla sagoma mastodontica del Klingon.
"Salve, io mi chiamo Quark, cosa posso fare per lei signor Worf?"
Dall’oscurità balenò improvvisamente una massa gigantesca che afferrò il Fe-rengi per la gola spingendolo furiosamente contro la parete del bar.
Decine di bicchieri appoggiati sulle mensole crollarono immediatamente al suolo per l’impatto violento.
"Odo, Odooooo!!!!"strillò terrorizzato Quark sentendosi mancare l’aria nei polmoni.
"Stupido Ferengi, dimmi a chi hai venduto Deanna, altrimenti ti strappo via le orecchie!!!" urlò Worf afferrando il lobo destro di Quark.
"Non so di cosa tu stia parlando, sono innocen…"
Il poveretto non fece in tempo a completare la frase che sentì la cartilagine del suo orecchio fremere contro le dita d’acciaio del Klingon.
"Ahhh…mi lasci…Odo aiutooo,,,. mi sta ammazzando…salvami."
"Non ti posso ancora ammazzare, cane di un Ferengi, prima devi parlare e se non lo fai subito ti strappo via anche l’altro orecchio!!! È unitile che continui a chiamare aiuto, nessuno può sentirti."
"Va bene, d’accordo, fermati…parlerò." gemette il Ferengi massaggiandosi con la mano il lobo dolorante.
Quark descrisse per filo e per segno tutto quello che era successo nel suo lo-cale la sera precedente, omettendo ovviamente di menzionare l’attrezzatura segreta.
Worf sembrò per il momento soddisfatto della sua confessione, riaccese le lu-ci e fece entrare Odo ed il comandante Sisko che stavano attendendo un suo segnale all’ingresso del bar.
Non appena il Ferengi li vide si parò dietro le gambe del Mutaforma suppli-cando.
"Odo, ti prego non lasciarmi solo con quell’energumeno, poco fa voleva ucci-dermi, dovresti arrestarlo per aggressione."
"Ucciderti? In fondo non sarebbe stata una grande perdita." precisò il Cone-stabile affiancandosi al Klingon.
Worf fece riascoltare la registrazione della deposizione di Quark controllando con la coda dell’occhio che il Ferengi non tentasse la fuga.
"Un campo di smorzamento ed un essere con le mani rugose in cerca di una donna Betazoide?" riassunse brevemente il comandante Sisko ascoltando la voce tremula del Ferengi.
"Non ti ricordi nient’altro?"
"Forse comandante…però se vuole il mio aiuto voglio che depenni tutte le ac-cuse nei miei riguardi." precisò Quark intravedendo una scappatoia per i suoi problemi.
Inferocito da quelle parole Worf balzò verso Quark pronto a saltargli nuova-mente alla gola, fortunatamente nel frattempo Odo si trasformò prontamente in un muro gigantesco arrestando la carica del Klingon.
"Maledetto Ferengi mi avevi detto di non sapere nient’altro!!! Mi lasci passare Conestabile devo scannare quel lurido Petach!!!"
Abbracciando le gambe del comandante Sisko Quark ritrovò il coraggio per dettare le sue condizioni.
"Insomma comandante, vogliamo parlare da persone civili? Io conosco il modo per rintracciare i rapitori, e glielo potrei anche rivelare se facesse al-lontanare quel selvaggio."
"Cosa intendi dire Quark? Spiegati meglio."
"Noi Ferengi siamo molto diffidenti per natura, soprattutto con i clienti occasio-nali, quindi nel contratto che ho consegnato ho inserito una piccola trasmit-tente subspaziale, così, tanto per non perdere le sue tracce, ed infatti ho fatto bene dal momento che non mi ha ancora pagato! Io potrei fornirle la frequenza esatta del trasmettitore sempre se fosse disposto a chiudere un occhio su quanto è accaduto sulla stazione."
"Lo sai benissimo che ciò che mi chiedi non è possibile, però forse il Signor Worf potrebbe convincerti a collaborare, in questo momento mi sembra infatti dell’umore giusto." precisò Sisko facendo un gesto ad Odo di liberare il Klin-gon dalla muraglia che lo separava dal Ferengi.
"Nooo, aspetti…non lo faccia…. ecco tenga, questo è lo strumento e questa è la frequenza dell’apparecchio ricevente." spiegò più velocemente possibile Quark estraendo da un taschino segreto della sua giacca un minuscolo tra-smettitore.
"Lo colleghi e troverà gli alieni, ma porti lontano da me quel Klingon."
"Come desideri Quark, Odo lo sbatta nuovamente in cella e poi ci raggiunga al Centro Operazioni. " ordinò con qualche difficoltà Sisko trascinando di peso il Signor Worf che non voleva lasciarla passare tanto liscia al piccolo Ferengi bugiardo.

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Capitolo 10

Nave Stellare Enterprise NCC 1701 E
Settore Gamma Dragonis

Diario del Capitano.

Purtroppo le nostre ricerche non hanno portato a nessun risultato apprezzabi-le. Dei criminali e delle loro navette occultate ancora non vi è alcuna traccia. Del resto ciò era prevedibile, lo spazio da scandagliare è troppo vasto per po-ter sperare di captare casualmente un segnale.
Ad ogni modo non ci diamo per vinti continuando l’esplorazione a lungo rag-gio.

"Capitano stiamo ricevendo una chiamata urgente da Deep Space Nine, è il comandante Sisko."
"Sullo schermo tenente Hawk." ordinò Picard alzandosi dalla sua poltrona.
"Capitano Picard? Le stiamo trasmettendo su una frequenza codificata il rap-porto ed il codice segreto di un trasmettitore nascosto a bordo del vascello nemico, secondo Quark non dovreste avere difficoltà a rintracciarlo."
"La ringrazio comandante, siete riusciti a fare parlare il Ferengi? "domandò in-credulo Picard.
"Si capitano, con l’aiuto di una persona speciale che lei già conosce."
Il volto di Worf comparve sullo schermo gigante dell’Enterprise.
"Buongiorno capitano, mi rincrescere di non poter essere al suo fianco in que-sta battaglia."
"La ringrazio per l’aiuto Signor Worf, mi creda dispiace anche a me di non poter tornare alla stazione per riprenderla, ma attualmente siamo troppo di-stanti da voi."
"Non si preoccupi per questo capitano, la prego faccia qualsiasi sforzo per ri-trovare Deanna e gli altri dispersi."
La voce concitata del tenente Hawk interruppe la trasmissione.
"Capitano, abbiamo una lettura della fonte del segnale, è a tre ore da questa posizione all’attuale velocità."
"Vede Signor Worf? Li abbiamo già scoperti, stia tranquillo riporteremo a casa tutti gli ostaggi sani e salvi, Comandante Sisko grazie ancora per la sua pre-ziosa collaborazione."
Picard ritornò come un lampo alla sua postazione, controllò che tutto fosse pronto e senza ulteriori indugi ordinò.
"Signor Hawk inserisca la rotta, massima curvatura, attivare!"

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La luna si presentò a prima vista costellata da crateri e da vaste strutture lavi-che.
Qualsiasi nave che non avesse effettuato un accurato controllo con le carte stellari avrebbe potuto tranquillamente scambiarla per un normalissimo corpo celeste.
L’Enterprise continuò a mantenere la distanza di sicurezza dalla navetta dei rapitori lasciando che fossero essi stessi a condurli verso la loro base .
"Una copertura perfetta." dovette concedere Picard seguendo la traccia di di-storsione sul grande schermo.
Un’ampia depressione scavata fra le frastagliature della zona equatoriale ce-lava l’apertura principale, lo shuttle in fase d’atterraggio si deoccultò penetran-do all’interno dell’hangar.
"Signor Data, presto, faccia rotta verso la nebulosa Medusa!" indicò Picard prima che i sensori nemici fossero in grado di rilevarli.
Con una manovra perfetta l’Enterprise, deviò di quaranta gradi immergendosi all’interno della nube gassosa iniziando a registrare violente scariche elettro-magnetiche che fecero oscillare le letture dei monitor.
"Arresto totale Signor Hawk, ufficiali superiori seguitemi in sala riunioni." ordi-nò alzandosi dalla postazione centrale lasciando temporaneamente il coman-do al tenente di servizio.

"Signori, questa sarà una riunione molto breve." anticipò Picard sedendosi a capotavola. "Prego Signor Data, riassuma gli ultimi dati scoperti."
L’androide attivò il proiettore olografico e nel centro del massiccio tavolo com-parve l’immagine tridimensionale della base nemica.
"Come potete vedere la fortezza risulta inespugnabile grazie alla sua ubica-zione all’interno del satellite, non siamo ancora certi se esso sia naturale od artificiale, ad ogni modo non ci sono dubbi che i nostri avversari siano in pos-sesso di una tecnologia notevolmente avanzata. La luna è circondata da un alone quantistico che consente l’ingresso all’interno di un tunnel per sposta-menti nello spazio-tempo."
"Spostamenti nel tempo?" esclamò perplesso il comandante Riker.
"Esatto comandante, lo abbiamo rilevato grazie ad un recente viaggio tempo-rale effettuato dagli aggressori, i nostri sensori hanno analizzato un forte flusso tachionico nei pressi del tunnel. Capitano le raccomando di agire in fretta pri-ma che lascino questa zona." puntualizzò l’androide indicando il riverbero elettronico che interagiva con il modello della stazione avversaria.
"Grazie Signor Data, può sedersi. Mi sembra superfluo sottolineare la perico-losità della situazione, con più di duecento ostaggi a bordo prelevati dal nostro presente, se gli alieni dovessero spostarsi nuovamente nel tempo il corso della storia verrebbe sicuramente alterato, modificando il futuro dell’intera Fe-derazione." spiegò Picard irrigidendosi pensando al cataclisma senza prece-denti che questo avrebbe provocato.
"Ci sono suggerimenti per salire a bordo senza essere rilevati dai loro senso-ri?"
Dopo alcuni secondi il comandante La Forge rispose per primo.
"Ci teletrasportiamo mentre siamo ancora in curvatura, l’abbiamo già fatto in precedenza capitano, è pericolo ma potrebbe funzionare."
"Purtroppo non possiamo essere certi che non scoprano la nostra traccia Si-gnor La Forge, ci serve un piano più sicuro."
"Usciamo dalla nebulosa ed apriamo il fuoco con i siluri quantici sui loro centri di trasferimento d’energia, paralizzando il loro sistema difensivo." intervenne il comandante Riker indicando alcuni puntini scuri sulla riproduzione olografica.
"Toppo pericoloso Numero Uno, potrebbe non essere sufficiente per impedirgli di rientrare nel tunnel, non voglio farmi scoprire senza nessun beneficio tatti-co."
Picard si alzò e si diresse verso lo schermo attivando il monitor di trasmissio-ne computando una rotta evidenziata in rosso diretta verso la base nemica.
"Ritengo che l’unico sistema per penetrare le loro difese sia quello di avvici-narsi alla luna con una navetta. Quando il loro raggio traente l’avrà agganciata faremo esplodere il nucleo di curvatura simulando un guasto nel sistema di propulsione, nel medesimo istante ci teletrasporteremo oltrepassando il loro portello d’ingresso ancora aperto."
Tutti i presenti restarono senza parole, il piano sembrava ingegnoso, ma in-credibilmente pericoloso per la squadra di ricognizione.
Riker pose immediatamente le prime obiezioni.
"È un suicidio capitano, teletrasportarsi attraverso l’esplosione potrebbe di-sperdere irrimediabilmente gli atomi dei nostri uomini causando la perdita dell’intero gruppo di sbarco."
"È un rischio che dobbiamo correre comandante se vogliamo superare le loro difese e recuperare in fretta gli ostaggi, per questo motivo ho deciso di andare insieme ad un gruppo di volontari."
L’ufficiale rimase letteralmente impietrito sentendo le parole di Picard.
"Capitano, sono costretto a ricordarle che sono di mia competenza le missioni di ricognizione, anche se non approvo il suo piano io…"
"Qui non siamo più a bordo dell’Enterprise D, e molte cose cambieranno Nu-mero Uno. Anzi, sono già cambiate. Sarò io a condurre la squadra di sbarco e lei attenderà a bordo per eseguire il piano d’emergenza nel caso dovessimo fallire!" ribatté Picard ponendo fine a qualsiasi ulteriore commento da parte del Primo Ufficiale.
"Signor Hawk, mi faccia parlare con tutto l’equipaggio."
"Tutte le sezioni sono in ascolto capitano."
"Parla il capitano: stiamo per intraprendere una missione molto pericolosa che potrebbe mettere seriamente a repentaglio la vita dei partecipanti, la posta in gioco è il futuro stesso della Federazione, chi desidera seguirmi è pregato di segnalare il proprio nominativo al Signor Data. Picard chiudo."
La Forge ed il comandante Data furono i primi che offrirono la loro disponibili-tà, poi il numero aumentò sensibilmente costringendo il capitano a sorteggiare solamente altri cinque ufficiali della sicurezza.

In meno di un’ora la navetta Galileo, abilmente modificata dai tecnici di bordo, accese i motori e si preparò al decollo.
"Comandante Riker venga qui per favore." disse Picard al giovane ufficiale ancora scosso per l’invettiva subita in sala riunioni.
"Volevo scusarmi per la mia reazione eccessiva nei suoi riguardi, vorrei che capisse che ho scelto questa linea perché ritengo che la responsabilità di que-sta missione sia di mia esclusiva competenza. Se non riceverà nostre notizie entro tre ore procederà con il suo piano, uscirete allo scoperto e colpirete la base nemica con tutte le armi disponibili. Numero Uno, non deve permettere che gli alieni lascino questo settore, a costo di far esplodere l’intera luna, mi prometta che non avrà nessuna indecisione quando giungerà il momento."
Riker ritrovò nel capitano la saggezza che lo aveva sempre contraddistinto a bordo della vecchia Enterprise, stringendogli la mano rispose senza indugio.
"Glielo prometto capitano, stia tranquillo."
Dopo aver dato le ultime istruzioni Picard indossò lo zaino contenente l’attrezzatura bellica, salutò con un bacio la dottoressa Crusher che non tentò nemmeno di trattenere le lacrime e senza nessun ripensamento salì a bordo richiudendo dietro di se’ il portello della Galileo.
Osservando dallo schermo principale la navetta uscire dalla nebulosa, nessu-no a bordo dell’Enterprise s’illuse di rivedere i loro compagni ancora vivi.

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Capitolo 11

La navetta Galileo inserì la rotta verso la fortezza nemica accelerando a mas-simo impulso.
Il mezzo era stato danneggiato lungo tutto lo scafo simulando perfettamente una scialuppa di salvataggio alla deriva nello spazio, Picard sperò che questo sarebbe stato sufficiente per attirare l’attenzione degli alieni.
La cattura di nuovi prigionieri, in modo così semplice e sicuro, non poteva es-sere ignorato dagli invasori.
Infatti dopo breve il comandante Data riferì.
"Capitano siamo stati individuati ed agganciati dal loro raggio traente."
"Molto bene, lasci che ci conducano all’ingresso dell’hangar, Signor La Forge si prepari a sovraccaricare i motori principali. Aspetteremo fino all’ultimo se-condo. Tenetevi pronti."
La Galileo, del tutto priva di controllo, iniziò la discesa verso il grande portello principale ormai completamente spalancato.
Al suo interno si iniziarono a distinguere la pista d’attracco ed alcuni masto-dontici generatori d’energia.
Picard non si meravigliò che nel frattempo nessuno li avesse contattati, senza dubbio i loro sensori avevano già determinato quanti esseri viventi ci fossero a bordo, sarebbe stato del tutto inutile sprecare energie cercando un dialogo dal momento che erano già nelle loro mani.
"Signor La Forge, sovraccarichi i motori a curvatura!" ordinò infine raggiun-gendo la piattaforma del teletrasporto opportunamente modificata.
"Faccia esplodere la navetta!!! Energia al trasportatore!!!"
In una deflagrazione fragorosa la Galileo si disintegrò spargendo una folta pioggia di detriti in tutte le direzioni, il raggio traente si disattivò permettendo il passaggio del raggio teletrasporto.
L’ingresso iniziò a chiudersi per evitare che il relitto si sfracellasse all’interno della base, ma ormai era troppo tardi, la squadra di sbarco giunse proprio nei pressi dell’apertura ruzzolando lungo una scarpata sassosa che conduceva alla pista di decollo.
Picard si materializzò ad alcuni metri dal suolo, compiendo una capriola cadde di spalle attutendo il colpo.
Intravide i suoi compagni, alcuni stavano strisciando sul ventre alzando un polverone incredibile, tentò di dire loro qualcosa ma il respiro gli mancò in gola guadagnando sempre più velocità.
Con la coda dell’occhio notò che il Signor Data era invece in perfetto equilibrio gestendo la caduta come un esperto cascatore.
Compiendo un’azzardata piroetta, irrealizzabile per qualsiasi essere umano, superò con un balzo i propri compagni giungendo alla fine della scarpata, si puntellò sulle gambe ed aprì le braccia afferrando per primo il capitano poi il resto della squadra che stava capitolando come birilli impazziti.
"Grazie Signor Data." esclamò ansante Picard.
"Di nulla capitano, sembrerebbe che siamo giunti alla destinazione auspicata." disse l’androide osservando la pista illuminata da potenti riflettori.
"Presto, attivate il campo di smorzamento delle nostre tute o verremo rilevati dai loro sensori interni, Signor La Forge siamo tutti presenti?" domandò im-mediatamente Picard regolando l’attrezzatura d’assalto.
"Purtroppo no capitano, mancano tre membri della sicurezza." specificò l’ingegnere verificando i dati del suo tricorder nel caso i dispersi si fossero materializzati in un altro luogo della caverna.
"Nessuna traccia capitano, temo non ce l’abbiamo fatta." concluse mesta-mente l’ingegnere richiudendo il pannello di lettura dello strumento.
Picard deglutì ed imprecò qualcosa nella sua lingua madre, nascondendo il dolore per la perdita dei suoi uomini si diresse verso le sporgenze alla sua de-stra.
"Seguitemi, non possiamo restare qui allo scoperto, tenetevi bassi e strisciate lungo la parete."
La squadra prontamente si riunì intorno al capitano procedendo cautamente verso il cuore della stazione.

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Picard si sentì un poco impacciato nella tuta da guastatore che limitava note-volmente i suoi movimenti, osservando i suoi colleghi notò che nemmeno loro erano a proprio agio in quegli abiti.
"Iniziate a depositare le mine." ordinò chinandosi ed interrando un ordigno esplosivo.
In caso di necessità la loro detonazione avrebbe creato un diversivo per la fu-ga, magari coinvolgendo qualche navetta parcheggiata ai limiti dell’hangar.
Picard si era proposto di fare il maggior danno possibile prima di essere co-stretto ad abbandonare la partita.
La squadra continuò a scendere costeggiando cautamente la piana d’atterraggio.
Per il momento degli alieni non vi era alcuna traccia e questo li preoccupò non poco, sarebbe stato normale attendersi una sorveglianza maggiore all’ingresso della stazione.
Con balzo felino Data s’infilò sotto la chiglia di uno shuttle ed applicò una bomba con un pugno di adesivo plastico, mentre il resto del gruppo continuò indisturbato a minare il resto della struttura.
"Abbiamo terminato capitano." riferì il guardiamarina Parker riunendosi alla squadra.
"Strano che non ci sia nessuno in questa zona." aggiunse La Forge guardan-dosi intorno perplesso.
Utilizzando il nuovo dispositivo ottico indirizzò la sua attenzione verso le grotte vicine.
"Capitano sto rilevando qualcosa ad alcune centinaia di metri in quella direzio-ne."
"Muoviamoci!" ordinò Picard avviandosi verso la galleria laterale.
Quando giunsero sul parapetto si accovacciarono al suolo osservando una scena sconcertante.
Un folto gruppo di creature aliene arano raccolte in semicerchio intorno ad un uomo vestito con un’uniforme dorata della Flotta Stellare, una divisa in uso almeno cento anni prima.
Picard attivò il suo binocolo ad infrarossi per distinguere meglio i dettagli pro-prio mentre dagli altoparlanti una voce roca risuonò per le gallerie con un eco assordante.
"Questo esemplare si rifiuta di lavorare come gli è stato ripetutamente ordina-to, ed in più occasioni ha offeso le nostre guardie ribellandosi agli ordini. Per queste ragioni adesso verrà giustiziato, sperando che possa servire d’esempio per tutti voi."
L’alieno afferrò l’arma dalla fondina e si posizionò alle spalle del condannato pronto a colpirlo alla nuca.
L’uomo con le mani legate si girò improvvisamente.
"Devi guardarmi in faccia prima di uccidermi, vigliacco!!!"
La guardia non mostrò nessuna reazione, caricò l’arma e l’indirizzò verso la fronte imperlata di sudore della vittima che con non volle chiudere gli occhi davanti al volto mostruoso del boia.
Un istante prima che potesse premere il grilletto un’ombra azzurrognola scattò dal gruppo di spettatori involontari spingendo il carnefice facendogli perdere l’equilibrio, tentò di recuperare l’arma ma fu immediatamente immobilizzato dalle sentinelle.
I Guardiani lo colpirono violentemente facendogli assaporare il sapore amaro della polvere.
Tossì aspramente prima di venir portato di peso a fianco dell’uomo con l’uniforme dorata.
La nuova condanna non si fece attendere a lungo.
"Speravamo di non dover sacrificare un altro esemplare oggi, ma dal momento che sembra non vogliate capire la situazione, giustizieremo anche quest’altro ribelle e chiunque altro si opporrà ai nostri ordini."
Scrutando attentamente i condannati in lontananza Picard ebbe un sussulto che quasi gli fece cadere il binocolo in terra.
"Kirk!!! Quello è il capitano Kirk dell’originale Enterprise, e l’altro deve essere il suo Primo Ufficiale Spock, ma cosa diavolo ci fanno qui?"
Riprendendosi dallo stupore Picard non perse tempo a teorizzare, afferrò dallo zaino il fucile di precisione e lo puntò verso il luogo dell’esecuzione.
Giusto il tempo di prendere la mira ed un raggio arancione scaturì dall’arma colpendo in pieno petto l’alieno che barcollò sulle gambe agitandosi per le convulsioni, poi una serie di raffiche raso terra generarono lo scompiglio gene-rale.
"Signor Data, faccia esplodere le mine all’ingresso della base!" ordinò Picard scendendo rapidamente verso i prigionieri.
Dal gruppo dei carcerati si sentì un urlo d’incitamento ed immediatamente alla squadra di Picard si aggiunsero una ventina di nuovi combattenti.
Malgrado fossero ancora ammanettati, si gettarono a capofitto contro i loro aguzzini colti di sorpresa.
Fra le urla e gli spari che rimbombavano fra le grotte Data attivò il detonatore a distanza dando inizio ad una serie di esplosioni a catena.
Disperatamente gli alieni si diressero verso l’hangar tentando di salvare le na-vette ancora intatte, alcuni versando sui vascelli in fiamme quintali di schiuma estinguente, altri allontanando i fusti che esplodevano senza sosta alimentan-do l’incendio dell’intero compartimento.
Fra tutto quel caos il terreno iniziò a fremere come se un violento terremoto si fosse generato all’interno della luna, dal soffitto iniziarono a cadere pezzi di calcinacci misti a stalattiti che investirono i sorveglianti di passaggio sotto la loro perpendicolare.
"Fate attenzione al soffitto!!! Qui crolla tutto!!!" urlò Kirk aprendosi un varco per raggiungere il suo misterioso soccorritore intento a combattere corpo a corpo con uno dei sorveglianti.
"Grazie per l’aiuto straniero, spero di poterle restituire il favore." disse rapida-mente gettandosi nuovamente nella mischia.
Raccogliendo una delle armi abbandonate al suolo Data la studiò incuriosito, la girò perplesso fra le mani, poi esprimendo un sorriso forzatamente compia-ciuto sbloccò la sicura colpendo ripetutamente gli alieni come fossero mani-chini appesi ad una giostra del tiro a segno.
"Affascinante." esclamò il Vulcaniano notando l’abilità straordinaria nell’uso delle armi di quell’umanoide così pallido.
"Capitano Kirk, la prego raduni i suoi uomini, dobbiamo lasciare immediata-mente questa zona prima che inviino rinforzi." consigliò Picard appoggiando la mano sulla spalla del suo predecessore mentre freddava l’ennesimo avversa-rio.
Kirk si guardò intorno e dovette concordare con l’iniziativa del suo compagno.
"D’accordo ritiriamoci, Signor Spock raduni tutti gli uomini e ci raggiunga ai li-miti di quel promontorio."
Le due squadre abbandonarono la lotta dirigendosi verso le alture che costeg-giavano la grotta.
Per precauzione Picard lanciò due bombe a gas, quando raggiunsero l’obbiettivo sprigionarono un’immensa fumata biancastra che arrestò la rap-presaglia dei Guardiani permettendogli d’allontanarsi indenne dal luogo dell’esecuzione.
Per il momento la strada era libera, si affiancò al giovane capitano Kirk ed in-sieme agli uomini dell’Enterprise iniziò la scalata verso la cima.

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Capitolo 12

Base Aliena.
Livello sotterraneo 32.

Il dolore ai polsi ed un senso di malessere generale fecero svegliare il consi-gliere Troi ancora assopito dall’effetto del gas narcotizzante.
Tutto si era svolto troppo rapidamente perché avesse dei ricordi netti e precisi, dopo essere stata prelevata dal suo alloggio le sembrò di aver intravisto va-gamente il volto del suo rapitore, ma di questo non poteva esserne certa.
Schiarendosi la vista si accorse di essere incatenata ad una parete rocciosa insieme ad altri prigionieri saldamente legati intorno a lei.
Osservando meglio notò che erano tutte donne appartenenti a svariate razze della Federazione e perfino dai pianeti neutrali.
Percepì nettamente il senso di terrore che si diffondeva nella cella illuminata da una luce accecante e fredda, il collare che le immobilizzava il collo non le consentiva alcun movimento, agitò le catene nella speranza di attirare l’attenzione di qualcuna delle sue compagne.
Dal fondo una voce limpida e forte le rispose.
"Non ti dimenare in quel modo, attirerai le guardie, ti consiglio di restare cal-ma; non temere presto i miei compagni verranno a liberarci."
Fra le tante sensazioni di angoscia quella voce non tradiva nessuna paura.
"Come ti chiami? Io sono il consigliere Troi del pianeta Betazed." domandò in-fine volgendosi per quanto le fosse possibile in quella direzione.
"Tenente Uhura, dell’astronave Enterprise."
La Betazoide rifletté pensando dove avesse già sentito quel nome, il tenente Uhra era un personaggio storico del passato, com’era possibile che fosse lì presente con lei?
Deanna si domandò cosa stesse realmente succedendo, e se tutto non fosse un trucco del nemico per farle cedere i nervi e rivelare informazioni e segreti militari.
Il suono sinistro della porta della segreta la fece trasalire.
Un essere sconosciuto si avvicinò.
Indossava un’uniforme scura ricoperta da filamenti e borchie che ricoprivano gran parte del suo corpo sgraziato.
Le mani erano vagamente deformi e contorte come i rami di un albero secco, la testa abnorme all’altezza delle tempie gli conferiva un aspetto inquietante e sinistro.
Gli occhi obliqui ed allungati senza alcuna traccia di pupille si volsero verso le prigioniere mettendo in risalto il loro colore verde smeraldo.
La Betazoide represse un senso di disgusto vedendo il suo volto che la fissa-va incuriosito.
L’alieno non pronunciò nessuna parola e Troi, malgrado i suoi sforzi, non ri-uscì a percepire nulla da quell’essere, lo vide slegare la catena che assicurava le schiave alla parete.
Con uno gesto brusco la sfilò facendola scorrere fra gli anelli dei collari, la collegò in maniera esperta alle manette dirigendosi verso l’uscita.
Fra

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