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La Bottega

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La Bottega

La porta della bottega di Qu Liu era per Daniel come un passaggio aperto su un mondo diverso. Là dentro il tempo sembrava fermarsi per un istante, proprio mentre attraversavi la soglia, per poi riprendere a scorrere con un ritmo del tutto diverso. E gli odori! Un effluvio di cose antiche, di spezie dimenticate provenienti dai quattro angoli della terra, di pesante incenso, riempiva l’aria a tal punto da renderla come più densa e difficile da respirare. La bottega era piccolissima, almeno in apparenza. Ma una volta entrati, sembrava sempre più profonda e vasta di come la si era immaginata dall’esterno. Scaffali alti fino al soffitto, tavolini traballanti e mensole di ogni foggia e dimensione traboccavano letteralmente di ogni sorta di oggetti non tutti identificabili. C’erano animali impagliati (era un gufo quello, o cosa?) arazzi multicolori troppo impolverati per capire cosa vi fosse raffigurato, un enorme scaffale a cassetti contenente centinaia di erbe e preparati, simulacri in bronzo annerito dal tempo di più Dèi di quanti Daniel potesse conoscere, vesti riccamente decorate appartenute magari a qualche ricco mercante o a qualche cortigiano di epoche passate.
Daniel aveva preso l’abitudine di soffermarsi tutti i giorni per un po’ nella bottega, mentre tornava dalla scuola. Nonostante sua madre lo sgridasse e lo ammonisse di non mettere più piede nella "Bottega di Erboristeria" perchè "quel vecchio era strano" e la faceva rabbrividire, Daniel era attratto da quel luogo come il ferro da una calamita. Naturalmente la bottega gli metteva addosso una certa tremarella, ma questo faceva parte del suo fascino. A dodici anni quel posto era per Daniel il simbolo di ogni mistero e meraviglia. E il padrone, poi! La prima volta che lo aveva visto, Daniel aveva sentito l’impulso di voltarsi e correre via a tutta birra. Curvo, piccolo, la pelle del viso e delle mani gialla e incartapecorita, con mille pieghe e rughe, quasi che Qu Liu fosse stato una volta un gigante e invecchiando si fosse rimpicciolito raggrinzendosi come una mela secca. Quanti anni aveva quell’uomo? Novanta? Cento? Duecento? Daniel a volte sospettava che Qu Liu fosse più vecchio di tutte le cose che teneva in negozio. Una tremenda cicatrice gli attraversava il lato destro del volto dall’alto in basso, tagliando in due il sopracciglio canuto. L’occhio destro era bianco e cieco. Una volta Daniel si era fatto coraggio e aveva domandato come si fosse fatto quella ferita, e Qu Liu si era limitato a sollevare gli angoli della bocca in un sogghigno divertito. L’unghia del mignolo della mano sinistra era lunghissima e ricurva, come l’artiglio di un rapace. "Per proteggermi dagli spiriti maligni" diceva lui.
Quel giorno Daniel, forse per via della mattinata particolarmente noiosa, desiderava vedere qualcosa di veramente emozionante. E così, con la voce più ferma che riuscì ad ottenere, chiese al vecchio cinese:
– Ecco… Mi mostrerebbe qualcosa… che faccia davvero… paura?
Qu Liu inarcò il sopracciglio spaccato (già questo mette una discreta paura, pensò Daniel) e ribadì, in tono distratto:
– Paura? Hmm… Questo fa paura?
E così dicendo tirò fuori da sotto il banco un barattolo di vetro pieno di un liquido giallino che conteneva un serpente annerito e morto da chissà quanti anni.
Daniel cercò di contenere una smorfia di disappunto e disse: – No, questo… Non fa molta paura… Intendevo qualcosa di veramente spaventoso, capisce…
– Capisco – Replicò secco il cinese. Rimise al suo posto il serpente sottovetro e girando sui tacchi sparì nel retrobottega. Dopo diversi minuti, quando ormai Daniel cominciava a preoccuparsi di averlo offeso, Qu Liu risbucò da dietro la tenda che velava l’accesso ai meandri più segreti della bottega. L’espressione che aveva in viso! Sembrava impossibile, ma era ancora più serio e arcigno del solito. Uscì da dietro al bancone e, giunto alla porta di ingresso, vi appese un cartello con su scritto CHIUSO, in modo che fosse ben visibile dall’esterno. Già questo strano comportamento mise una discreta fifa in corpo a Daniel. Cosa voleva mostrargli di tanto terribile? "Forse ho fatto male a fargli quella domanda", pensò preoccupato.
Qu Liu ritornò svelto dietro al banco, fissò Daniel per qualche intollerabile secondo, e poi tirò fuori da qualche tasca interna che doveva avere dentro la manica sinistra del suo ampio vestito di seta, un piccolo oggetto non più grande di un pugno che depose sul bancone sotto gli occhi di Daniel.
Era una strana scatola di metallo in parte annerito dal tempo (argento?) completamente cesellata dalle abili mani di uno sconosciuto artigiano con una teoria di figure minuscole intrecciate le une alle altre su tutta la superficie. La luce riflessa danzava su quei ricami di metallo, e per un fugace istante David ebbe la sgradevole impressione che le figurine cesellate si muovessero, come dotate di una vita propria. Al centro del coperchio della scatola, troneggiava un occhio di diaspro e agata talmente realistico da sembrare vero.
– Questo fa paura. Davvero paura.
Il tono serio di Qu Liu non lasciava spazio a repliche: era una constatazione di un dato di fatto, non una domanda. Eppure Daniel non poteva fare a meno di chiedersi cosa ci fosse di tanto spaventoso in quella scatoletta. Che il cinese lo stesse prendendo in giro?
Come se Qu Liu gli avesse letto nel pensiero, aggiunse:
– Quando pensi a qualcosa di terribile e spaventoso, tu pensi a mostri, a demoni, a cose che improvvisamente escono dalle pieghe più oscure della notte per portarti via. Ma questo… – e indicò la scatola con l’unghia ricurva del mignolo – …questo fa molta più paura.
Daniel deglutì, improvvisamente a corto di saliva. Con un filo di voce, chiese: – Cosa… Cosa c’è dentro la scatola?
Il vecchio cinese scoprì i denti ingialliti e stranamente simili a zanne in un divertito sogghigno demoniaco e replicò:
– Ciò che nessun uomo dovrebbe mai vedere. La risposta a tutte le domande. Questo c’è in quella che tu chiami semplicemente "scatola". Altri nomi ha avuto. Vaso di Pandora. Mela dell’Albero della Conoscenza. Scrigno della Sapienza. Dono di Salomone. L’Occhio di Dio. Perchè se qualcuno aprisse quella scatola acquisterebbe la Sapienza di Dio. Conoscerebbe tutto. Nessuna domanda sarebbe più senza risposta per lui. E questo, credimi, mette paura. Molta paura.
Improvvisamente Qu Liu si discostò dal bancone e indietreggiando verso la tenda che dava sul retro, disse:
– Scusami un momento, Daniel. Ho dimenticato un infuso sul fuoco e devo controllarlo per un po’. Tornerò subito. Mi raccomando solo di una cosa: non guardare dentro alla scatola. Hai capito?
– Sì. Non si preoccupi. Non guarderò.
Daniel sapeva di mentire. La curiosità era troppo forte, lo mordeva come un milione di formiche rosse, senza tregua. Come poteva quella scatola avere un simile potere? Era assurdo. Doveva per forza essere uno scherzo. Qu Liu si era preso gioco di lui. Non avendo nella bottega nulla di veramente spaventoso, aveva perso una vecchia tabacchiera e si era inventato quella storiella. Era così evidente.
Eppure…
Cosa ci sarebbe di così spaventoso nel conoscere la risposta alle proprie domande? A Daniel sembrava piuttosto una cosa fantastica. Tutti i giorni si scontrava dolorosamente con la propria inadeguatezza, con la propria mancanza di esperienza. C’era sempre qualcuno che ne sapeva più di lui. Il fratello maggiore. Gli adulti. Gli insegnanti. Già, a scuola… Sarebbe stato bellissimo sapere sempre tutto!
Convinto di smascherare la bugia del cinese (ma con una segreta speranza in fondo al cuore) Daniel prese la scatola nella mano sinistra e tenendola davanti a sè, sollevò lentamente il coperchio con la destra.
E vide.
Una lampo di luce violetta appena percettibile scaturì dalla scatola e investì Daniel, colmando la sua mente con le risposte a tutte le domande.
Daniel rimise la scatola sul bancone. La scatola era d’argento ed era stata creata da Yuen Lao, un monaco pazzo vissuto duemilatrecentosei anni prima. Il contenuto della scatola era qualcosa di molto più antico, una maledizione scaturita direttamente dalla volontà di Dio. Dio.. anche di Lui Daniel ora sapeva molte cose… Alcune delle quali non gli piacquero per niente. Una lo terrorizzò.
Daniel si sentì sprofondare nella disperazione più nera, quando si rese conto che moltissime delle cose che ora sapeva avrebbe preferito non conoscerle mai. E che ora facevano parte di lui per sempre.
Sapeva come sarebbe morto. A ventisette anni avrebbe perso la vita in un incidente stradale. Gli restavano quindici anni.
Vide come sarebbero morti tutti quelli che conosceva: gli amici, il fratello, i genitori. Calde lacrime gli solcarono il viso e il corpo fu scosso dai singhiozzi.
Conosceva alla perfezione tutto quello che avrebbe dovuto imparare andando a scuola e molto di più. Per tutti gli anni successivi non avrebbe potuto fare altro che annoiarsi, acoltando cose che già sapeva e facendo finta di non conoscerle.
Improvvisamente ogni mistero era scomparso. E con esso anche tutta l’eccitazione della scoperta e la gioia di vivere. Oh, come aveva ragione Qu Liu! Un essere umano non dovrebbe avere la conoscenza totale. Solo Dio poteva sopportare un simile fardello. D’altra parte Lui era…
Il cinese riapparve da dietro la tenda con un’aria divertita. Ora Daniel sapeva chi era in realtà. Anche quello avrebbe preferito non sapere.
– Allora Daniel, vuoi che ti racconti la storia di quella scatola?
– No, grazie – rispose Daniel con voce estremamente vecchia e stanca. – Non mi interessa più.

Massimo Borri

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