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Il fantasma delle libertà

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Il fantasma delle libertà

È questo il tema che il direttore di questa edizione, Enrico Ghezzi, ha proposto per introdurre il Bellaria Film Festival.
E per evitare di esporre male il suo pensiero (peraltro spesso di non facile interpretazione), riporto uno stralcio della sua prefazione inserita nel catalogo del
festival1.

Il fantasma della libertà
………………………………………………
Il cinema d’autore, e insieme il cinema più "indipendente" estremo di frangia, patisce intensamente la situazione azzerata dell’orizzonte digitalsintetico, la sente e la risente. Anteprima Anno Zero (che forse non avrà bisogno di diventare Anteprima Anno (Duemila)Uno) costeggia questa crisi, questa apertura, questo sentire. Lo fa intanto per sprazzi e sortite. Restando ancora molto vicino (per provenienza e destino) a quella parte di cinema chiamata (ancora) cinema. Ma buttandosi in pieno nella tensione (o procedendo in punta di piedi sulla corda tesa) tra il fortissimo procedere verso una smaterializzazione dissoluzione sparizione dell’immagine (e, ancor più, della "macchina-cinema": appunto nell’orizzonte {Ip2}sinteticodigitale e nella distribuzione/condensazione in rete..) e il non meno forte dibattersi e rinsorgere dei corpo all’interno dell’immagine (anche e soprattutto quelle più formate e d’autore). ……………………………………….Così lo "sprofondare" del cinema e degli stessi film nell’e-movie, nel "cinema in rete" istantaneamente (..?..) diffuso e fruibile fatto/visto/sentito, visto mentre si fa e (dis)fatto mentre (non) si vede. O, al contrario, le tracce del corpo ‘hard’. E nei film "ritrovati" (le due "anteprime trent’anni dopo" dei film di Scavolini) si affaccia curiosamente lo stesso senso di sparizione e insieme di "tortura" dei corpo dei cinema: due film "scomparsi", mai ufficialmente distribuiti in quanto bloccati dalla censura in modo totale (come stava per accadere, per l’ultima volta, con Totò Che Visse Due Volte di Daniele Ciprì e Franco Maresco, che non per caso salutiamo in giuria)……………………………………………………………………………………………………………………………….……………………………… anche una cosa girata il giorno prima o il giorno stesso a Bellaria potrebbe essere mostrata.. Scompaginare in diretta il festival ancor prima che si impagini davvero.
………………… Di fronte all’immensa "pagina bianca" aperta dai milioni di telecamerine digitali che avvera{Ip4}no/inverano di colpo dopo più di cinquantanni la profezia della "camèra-stylo", si avverte per la prima volta la paura di questo smisurato invisibile "fantasma di libertà". In teoria, un quindicenne sgrammaticato o un appassionato pensionato hanno la possibilità di essere visti dallo stesso pubblico (non solo in rete, ma anche nei cinema, nel festival: è questa l’unica lezione affascinante -sovversivositua{Ip3}zionistica- dei peraltro brutto bruttissimo "film truffa" The Blair Witch Project) di un film di Spielberg (che infatti a sua volta entra e distribuisce e "cerca" in rete..), di fare un film usando la stessa tecnologia digitale di base e raggiungendo una qualità paragonabile a quella di un von Trier. Tra dogma (bisogno spasmodico, banale o ammirevole di nuove regole e di nuove sacralità spettacolari) e libertà, striscia un salto di dimensione. Lo stesso homemovie più povero (oggi quello delle webcam..) non è più home, ma "world’, quando può essere visto simultaneamente da centinaia o migliaia di occhi in "case"/postazioni sparse in tutto il mondo. Si delinea una situazione di performance collettiva dove ipoteticamente il cinema si dilata e dissolve in un fantasma di spettacolo fatto.. da tutti per nessuno (oltre il movimento televisivo dello spettacolo "prodotto da nessuno per tutti"). ……………………

Quindi temi importanti per il nuovo cinema del 2000: immagini digitali e internet, introduzione dei corpi hard nei film e censura, libertà di immagine e distribuzione in rete.
Sono tutti fantasmi che in qualche modo intaccano la sacralità del cinema tradizionale, o come noi l’intendiamo. È la paura che il cinema perda il suo valore di culto, che possa essere consegnato nelle mani "proletarie" di chi non ha più bisogno di grandi mezzi economici per rappresentare/rappresentarsi, libero di non legarsi alle grandi produzioni ed a costosi mezzi tecnici. Ma anche la responsabilità e la consapevolezza di avere a disposizione un mezzo potente di rappresentazione e non poter più giustificarsi dietro alle difficoltà distributive ed agli scarsi mezzi.
Questi temi sono emersi e stati sviluppati nell’incontro molto informale voluto da Ghezzi e i suoi invitati al festival (i ragazzi dei film in concorso, la stampa, gli addetti ai lavori, la giuria) per tracciare un resoconto di questa edizione, ma non solo, del futuro stesso del cinema. La mia particolare impressione è che il "fantasma" proposto da Ghezzi (peraltro sorprendentemente estremamente lucido e puntuale nei suoi interventi, a parte qualche giustificabile divagazione sempre comunque interessante), esista.
Parafrasando "Uno spettro si aggira per l’Europa", frase evocativa del periodo marxista, si può applicare questo concetto, in questo momento, al cinema del vecchio continente, insieme alle relative implicazioni rivoluzionarie che contiene. E lo spettro in questione è qualcosa di ben più tangibile dei fantasmi evocati da questo festival: Von Trier ed il suo Manifesto Dogme (non a caso anche invitato).
Il Dogme introducendo delle regole, apparentemente limitando il campo d’azione di rappresentazione, ha in realtà scardinato le porte del cinema tradizionale e consegnato le immagini a chiunque voglia con la propria camera a mano dire qualcosa (proponendo quei temi che si sono esaminati sopra: es. introduzione del corpo hard – Idioti – come forma di rappresentazione reale non occultata).
Fondamentale è stato il riconoscimento attribuitogli da quello che può essere considerato il tempio della tradizione: il Festival di Cannes. La vittoria di Von Trier dell’edizione 2000 con un film dichiaratamente Dogme ha forse creato una svolta nei rapporti fra l’apparato cinematografico come noi lo conosciamo, è quello che possono rappresentare i nuovi linguaggi di azione. Allineandomi, comunque, al concetto molto banale ribadito da Stefano della Casa, membro della Giuria a questo festival e Direttore del Torino film festival, per cui le belle storie, al di là dei mezzi e delle produzioni, rimangono ancora la parte fondamentale e distintiva del cinema, credo che quest’ultimo manterrà eternamente il suo fascino, a dispetto di tutto e tutti.

Andrea Leonardi

1
In sfondo una scena da Come se fosse niente, proiettato a Bellaria.

2
Aiuto!

3
Aiuto!!!

4
Ma basta…

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