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Morte a domicilio

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Morte a domicilio
Secondo classificato (Media: 7,12)

Mi sveglio.
Nell’oscurità della stanza mi guardo intorno con aria assonnata. Riconosco l’ombra della scrivania e vicino quella della sedia con la montagna di vestiti spiegazzati. L’armadio. Sagome scure senza forma ne colore. Il monitor del computer. Libreria. Poltrona.
Mi fermo. Con un brivido di terrore mi accorgo che dove non dovrebbe esserci nulla, tra la libreria e la poltrona, c’è una sagoma che non corrisponde. Ritorno mentalmente a ieri sera. I movimenti meccanici mentre mi spoglio, i vestiti sulla sedia. Mi tolgo gli occhiali, la custodia sul comodino. Niente. Non dovrebbe esserci niente. Eppure c’è qualcosa. Un’ombra indistinta, sottile e immobile.
Cosa faccio?
Mi alzo e accendo la luce? Fingo di non averla vista e cerco di dormire? Senza occhiali non vedo bene e potrei sbagliare.
Non può esserci nulla, no? Mi agito sul letto senza trovare pace. Sono ricoperto di uno strato di sudore appiccicoso. Il caldo estivo è soffocante e le lenzuola mi si arrotolano alle gambe. La temperatura della stanza sta salendo, o almeno mi sembra. Probabilmente è solo immaginazione. Troppi film horror e gialli da quattro soldi.
Cos’era?
Un fruscio. Un movimento nella stanza.
Ma se non fosse solo un’ombra? Con calma rotolo di lato. La vedo. Qualunque cosa sia (o chiunque) è ancora lì.
E’ più vicina? Forse. E spostata.
La gola mi sembra ricoperta di uno strato di polvere e ovatta.
Rimango immobile respirando a fondo. Un respiro. Due respiri. Calmati. Non può esserci niente lì. E’ solo la tua immaginazione. Ora aprirò gli occhi, inforcherò gli occhiali, accenderò la luce e scoprirò che era solo un ombra, un riflesso delle mie paure. Con calma. E poi mi riaddormenterò. E anche in fretta perché domani lavoro e devo dormire. Con calma. Un respiro, due respiri.
Apro gli occhi.
L’ombra è qui.
Ma non è un ombra.
Il terrore mi pervade come una corrente elettrica impedendomi ogni movimento. Dopo qualche secondo finalmente i polmoni riprendono a lavorare ed espiro sonoramente. Ma è tutto quello che riesco a fare. Improvvisamente ho freddo anche se consciamente comprendo che non dovrei.
Il viso grigio e senza lineamenti mi fissa da pochi centimetri di distanza. Gli occhi sono vuoti e pallidi come quelli di un serpente. La bocca è una ferita irregolare che deturpa il volto. E’ vestito di nero o almeno mi sembra. E’ vicino, molto vicino.
Avvicina il volto pallido, non sento il suo respiro ma vedo il mio condensarsi davanti alla faccia. Il sudore sulla mia pelle si raffredda e congela. Comincio a battere i denti ma non riesco a dire nulla. Vorrei urlare ma non posso. Riesco solo a guardare. Riesco a percepire un pizzico di curiosità nel mare di impassibilità dei suoi occhi.
Socchiude la bocca. Denti piccoli e sporchi dello stesso colore del volto. Zanne irregolari e appuntite. Odora di muschio e terra umida.
Deve essere un sogno. Deve essere un sogno. Deve essere un sogno. Deve essere un sogno.
Chiudo gli occhi e li riapro.
E’ ancora lì.
Sento una forte pressione alle tempie, mi fa impazzire. Un rumore sordo nelle orecchie che credo sia il mio cuore che pompa a mille. Cerco di parlare, ma lui mi previene.
-Sono qui per te.- la sua voce è come una foglia secca schiacciata. -Lo sai vero? In ogni istante della tua vita, ad ogni respiro, sapevi che prima o poi sarebbe arrivato il tuo turno, il tuo momento-
Muovo forsennatamente gli occhi cercando di capire di cosa sta parlando.
.-Non capisci? Non hai compreso chi sono e perché sono qui?-
Mi accorgo di muovere lentamente la testa in segno di diniego. Ora ha un’espressione triste, quasi offesa.
-Io sono la morte. La tua.
Il mio cuore salta un battito.
-E’ ora di andare. Ho ancora molto da fare prima che sorga il mattino.
E’ solo un sogno. Ricorrendo a quel poco di coraggio rimasto cerco di alzarmi. Miracolosamente ci riesco, mettendomi seduto.
Da questa angolazione non è poi così alto, circa uno e 70. Il suo volto è quantomeno grottesco ma qualcosa dentro di me si è finalmente sbloccato. Lo fisso ancora tremante cercando di capire se si tratta di un pazzo. Forse potrei sopraffarlo. Non ho un gran fisico, ho problemi clinici purtroppo ma sono almeno dieci centimetri più di lui e sotto quei vestiti neri sembra piuttosto esile.
Avvicina una mano verso di me, e riesco a vedere le dita magre e ritorte, le unghie sporche e scheggiate. Un impulso di disgusto mi fa agire senza che me ne renda conto. Radunando il poco coraggio che trovo mi lancio verso la porta in una corsa tanto disperata quanto scomposta. L’ultima cosa che vedo è il suo volto che diventa una maschera di odio. Gli occhi si accendono come iniettati di un luminoso liquido rosso, la bocca si piega in una posa arrabbiata allargandosi impossibilmente da un orecchio all’altro. I suoi denti storti e acuminati sporgono dalle gengive rosse come lapidi dal terreno di un cimitero.
Le mie precarie sicurezze vacillano e crollano come una capanna in balia di un tornado. Con l’ultimo sprazzo di lucidità evito di guardarmi indietro. Dietro di me sento la sua voce che ha ormai raggiunto una tonalità talmente stridula da risultare dolorosa alle orecchie.
-E’ INUTILE SCAPPARE!!
Mi lancio lungo il corridoio e verso le scale. Il mio unico pensiero è raggiungere l’uscita al piano di sotto.
Raggiungo la scala ma nella foga scivolo sul pavimento di legno e finisco lungo disteso. La spalla mi esplode in un dolore sordo quando raggiungo il suolo, la testa sbatte violentemente e macchie nere mi danzano davanti agli occhi. Per un momento perdo completamente il contatto con la realtà e una nausea terribile mi assale. Una vocina continua a urlarmi di correre via, ma le gambe e le braccia sembrano non funzionare bene. Mi volto indietro. Una figura nera si staglia sulla soglia. Dietro di lei fumo con sfumature rossastre fuoriesce in volute spesse e soffocanti. Bagliori gialli e rossi illuminano il corridoio. Il caldo diventa quasi insopportabile e l’odore acre di zolfo e legno bruciato attacca le mie narici e fa lacrimare i miei occhi.
La mia mente semplicemente si rifiuta di credere a quello che vede. Tossendo rumorosamente, con le lacrime agli occhi e i polmoni che sembrano scoppiare mi lancio verso le scale ma già al secondo gradino il poco equilibrio di cui dispongo scompare misteriosamente. L’ultima cosa che riesco a percepire sono i gradini che si avvicinano, prima che il mondo si capovolga più e più volte. Atterro in un mondo di dolore e sofferenza. Tutto il mio corpo urla per le percosse subite nella caduta.
Gemendo e piangendo allo stesso tempo mi trascino verso la porta d’ingresso. Facendo leva sulla maniglia mi costringo a rialzarmi, mentre sento dietro di me passi che scendono dalla scala.
Apro la porta e mi affaccio… sul vuoto.
Chilometri e chilometri sotto di me nubi di fumo e fiamme si muovono rimestandosi tra di loro. Un caldo soffocante mi investe facendo evaporare le lacrime e bruciare gli occhi. Non c’è niente da nessuna parte. Solo un enorme baratro tutto intorno alla casa.
Urlo con tutto il fiato che ho in gola.

Le luci dell’ambulanza coloravano la facciata della casa a intervalli regolari. Alcuni vicini si avvicinarono curiosi come falene attirate dalla luce. Gli infermieri stavano già trasportando via il corpo racchiuso in un sacco di plastica nero.
-Cosa è successo?- chiese la vecchia signora impicciona.
-Infarto- rispose un giovane con aria saccente.
-Infarto? Ma avrà avuto al massimo trent’anni..!
-Soffriva di una grave patologia congenita. La sua salute era molto precaria- continuò il giovane con aria competente.
-Già…Quando arriva il tuo momento, non c’è niente da fare- concluse la signora prima di riprendere la sua strada verso il mercato.
Dall’altra parte della strada, una piccola figura vestita di nero osservava la scena con un sorriso divertito sul volto grigio, prima di riprendere il cammino lungo la via. C’era ancora molto lavoro da fare.

Christian Bencivenni

—-

Giudizi

Francesca Orlando: 10,00
Accattivante, coinvolgente, carico di suspense e ben scritto. Do a questo racconto un 10 perché l’autore è padrone dell’argomento e del linguaggio proprio dello stile horror. Le scene sono ben descritte, la narrazione è ricca di particolari e non mancano momenti trepidanti. Inoltre lo scrittore riesce perfettamente a trasmettere al lettore le sensazioni e gli stati d’animo del protagonista.

Gabriela Guidetti: 8,00
Un incubo pre-morte più tradizionale rispetto a A Flesh Fear. Italiano ottimo e buon ritmo della storia. Apprezzabile la sottile ironia che sembra emergere soprattutto nella prima parte.

Franco Tioli: 8,00
Ottimo! Ad essere sincero, non c’è nulla di nuovo, ma non è importante se quello che si scrive è ben scritto.

Giovanni Strammiello: 7,67
Bella storia anche se fa il paio con una poco più su – Banshee -… non tutti hanno la fortuna di avere Brad Pitt come propria morte… questa la dovevo dire… la storia comunque non è male… quante volte nel dormiveglia ci è sembrato di vedere qualcuno che poi non c’era con noi nel buio della nostra stanza da letto…


Enrico Miglino: 7,50
Interessante la morte-spettatrice, che annuncia semplicemente il propro ineluttabile destino al personaggio, che non si rassegna fino all’ultimo. Proprio come chi non vuole morire. Troppo evidente l’idea di morte, quasi retorica; insomma una "morte" in piena regola, personaggio grottesco per l’abbigliamento e i modi che risulta anche un po’ troppo fuori dal contesto.

Raffaele Gambigliani Zoccoli: 7,00
Niente di originale, la morte, ma il racconto è ottimamente scritto e ti tiene incollato. Cosa vuoi di più?

Marco Varone: 6,50
Medio in tutto con un discreto ritmo di scrittura.

Walter Martinelli: 6,50
La prima parte cattura il lettore con un buon grado di suspence e attesa. La conclusione tradisce un po’ le attese e fa calare il tono del racconto.

Matteo Ranzi: 5,00
Visto e rivisto e sempre quest’ombra, questa presenza che noia

Doriano Rabotti: 5,00
Non molto originale, e il ritmo poteva essere più incalzante.

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