KULT Underground

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Sabato sera

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Sabato sera

Entro nel pub, sono ancora stordito dal sonno. E’ tardi ma tanto chissenefrega di sabato sera, poi avevo troppo bisogno di dormire. Sempre così da quando inizio il week-end di lunedì.
Distribuisco un paio di saluti di rito e mi fiondo al bancone quasi aggrappandomi per non affondare. Non mi va di partecipare al rito dei comeva-beneetu. Lascio ordinare ai miei occhi fatti. "Un caffè vero?" mi fa Beatrice atteggiandosi da figa senza certamente esserlo. Devo ammettere però che me la farei senza pensarci due volte. Mi faccio un po’ schifo, un affamato che ostenta pretese.
Claudio mi vede e mi viene incontro. Sembra contento di vedermi. Costruisco un "Hey Claudia, come sei bella stasera". Mi piace mettere i nomi al femminile, un po’ li sfotto, un po’ per entrare subito in un clima speciale, oltre l’amicizia, e un po’ forse per, come sosterrebbero diversi psicologi, compensare una carenza affettivo-sessuale.
"Sai che ho comprato un’altra tavola da snow oggi?" mi fa elencandomi una serie di marche e prezzi con un tono da affare del secolo. "Ce l’hanno fatta a rifilarti quello scarto di magazzino allora, eh?" lo smonto io ridendo.
In quel momento arriva Isa la sua "fidanzata"
Dopo un classico bacio al boyfriend mi ritrovo a salutarla dicendole comeva? Mi fa un saluto impostato modello segretaria con tailleur pastella, rispondendomi beneetu.
Poi comincia a baciarlo, a parlargli nelle orecchie.
Odio questi momenti, anche se qualcuno potrebbe obiettare benissimo che c’è anche invidia perché a me non è mai capitato. Claudio le fa cenno di aspettare un attimo e continua a parlarmi di snow mentre io ascolto con la stessa cognizione di un giamaicano.
Lui mi spiega il funzionamento con l’enfasi di un ragazzino che racconta a tutti gli amici vergini la sua prima scopata, anche se poi è stata solo una cagata. Sempre che sia successo veramente.
Non mi sono mai piaciuti gli sport invernali.
O meglio ho provato a sciare solo una volta e da allora mi prendono ancora in giro.
Sento che l’argomento della chiacchierata si va esaurendo. Sono tentato a ravvivarlo per fare un dispetto a Isa.
Potrei lanciare ipotesi assurde sul metodo di discesa, che sicuramente lui avrebbe ribattuto con aria da professore prestandosi poi per una infervorata descrizione.
Niente di tutto ciò non ne ho voglia.
Mentre loro si appartano lei lo abbraccia, chissà se per tenerezza o per dirigerlo meglio.
Finisco di bere e li osservo con la coda dell’occhio.
Sono insieme da tempo. Il periodo iniziale di grande amore era ormai classicamente sfumato nella routine. Lui vuole più libertà, lei vuole stare più insieme.
Credo che lei mi odi come del resto tutti gli amici della sua dolce metà.
E’ convinta che se non ci fossero gli amici sicuramente il rapporto andrebbe a gonfie vele. Come dire che il problema della pedofilia si risolverebbe eliminando i bambini.
Mi accorgo che sto esagerando. E’ fin troppo agevole improvvisarsi medici: la diagnosi e la cura dei mali altrui viene sempre semplice e chiara.
Ripenso a Isa mentre aspettava la fine della nostra conversazione: il suo viso era teso in un atteggiamento di pazienza, tradito da una leggera inquietudine degli occhi.
Chissà quanti altri deficienti come me si è dovuta sorbire, magari ogni tanto aveva provato a stringere anche un minimo di relazione. Tutto per Lui. O per quello che Lui significa: il primo e unico amore, il futuro di una casa, una famiglia felice come quelle che si vedono in tante pubblicità.
Isa certamente non lo ama più come un tempo. D’altra parte non potrebbe neanche lasciarlo. Non è proprio una relazione ideale, a volte non lo sopporta proprio, ma sa che senza di lui starebbe molto peggio. Una solitudine da condividere con amiche che non cercano altro che un ragazzo, ed amiche a tempo perché già ce l’hanno. Un fidanzato per esorcizzare la paura di sentirsi sole, per rispondere alla domanda razzista "Ce l’hai il Fidanzato?"
A volte ci crede proprio, quando si confidano lei e la sua amica: gli uomini non servono ad un cazzo, se non per le gioie sul piano sessuale. Spesso neanche per quello.
"Ciao che fai da solo?" mi fa Max "A proposito quando mi restituisci la cassetta di Pieraccioni…sono anni che ce l’hai…ho pure mandato un appello al papa..".
Arrivano gli altri. Sono stati al Kingstone a "bere qualcosa".
Solamente "qualcosa" dal momento che Leo è in bagno che vomita. Tutti loro comunque farebbero bene a stare dalle parti del bagno. Dopo un giro di havana decidiamo di andare al Linus, un disco-pub di quelli proprio fighetti.
Chiaramente guidiamo io e Max.
All’entrata mi fa "Hai visto quello è Carlo" mi fa Gianni indicando un tipo ridotto veramente male. Ha appena finito di discutere con il buttafuori. "O non l’hanno fatto entrare o l’hanno già cacciato fuori" è pronto a scommettere Gianni. "Ma è proprio Carlo, Carlo Agostini, il bomber?!"chiedo incredulo.
Lui era uno dei ragazzi Grandi, di quelli che noi dovevamo riverire, prendere a modello, farci prendere in giro e a volte prenderle. Era una punta straordinaria, un po’ egoista, ma segnava spesso. Ora è uno zombie, dell’età di mio nonno. Come il classico alternativo-rovinato sta iniziando il classico discorso garantista con la security sul pregiudizio senza camicia-ubriaco-casinaro, sull’antidemocraticità della selezione all’entrata, sul giù le mani di dosso ti denuncio.
"Che cosa gli è successo? non doveva andare a giocare in una squadra della promozione?"
"Ma non hai saputo niente?" mi guarda Gianni quasi avessi la pelle verde e sei dita.
"Ma sì so che era un po’ incasinato con la famiglia, che i suoi avevano divorziato e lui era andato a vivere con sua madre" mi difendo tirandomi la pelle del viso per dimostrare che è la mia originale.
Così lui paternamente e sottovoce "lui ora è un tossico. Giocava nel San Martino, in promozione. All’inizio tutto bene, sembrava dovesse entrare perfino nei titolari e prendeva una paga da comune operaio. Poi cominciò a frequentare un giro di impasticcati, aspiranti alcolizzati ed altro.
Tutte le sere faceva tardi e sul campo era diventato uno straccio. Lo rispedirono subito a casa. Intanto i suoi raggiunsero il divorzio, lui andò a vivere con la madre e la vita diventò un inferno fra depressione e licenziamenti di lavori in cui ci stava pochi giorni. Beh a questo punto trovò un vecchio amico già tossico che gli passò una dose per tirarlo un po’ su. E non era certo un gesto di solidarietà, ma un nuovo cliente nel suo sempre più ristretto giro di spaccio".
Il locale è sempre lo stesso: solita gente in atteggiamento holliwood-star, ridenti, affascinanti, lucidi e sempre troppo impegnati a tenere il ritmo.
C’è una tipa che mi sembra di conoscere. E’ quella che non mi passava mai niente durante i compiti in classe. Una secchiona stronza e leccaculo con i prof.
Se ne accorge anche lei dello stronzo rompipalle che non faceva mai i compiti pretendendo che altri lo facessero per lui.
Le vado incontro salutandola. Lei mi lancia allegra un ciao anche se ho come l’impressione che non sia poi così allegra.
Decidiamo di conformarci all’etichetta dei due vecchi compagni di classe felici di ritrovarsi dopo tanto tempo.
I nostri argomenti mi fanno venire la pelle d’oca. "Comeva-beneetu (rigorosissimo), cosa fai adesso di bello (mi sto rompendo le palle) vedi ancora gli altri-lo sai che il tale ha fatto….Ciliegina finale del ci dobbiamo incontrare tutti insieme per una mangiata un venerdì. Poi il silenzio tipico dell’ascensore ci fa capire di salutarci.
Bevo un po’ per riuscire a buttarmi in pista con gli altri.
Ballo, alzo le mani quando lo speaker lo dice, evito le spinte dei miei amici, rido con loro, tengo il ritmo da figo anch’io, guardo la rossa qui vicino, lei si allontana, mi accorgo di non essere tanto figo, ballo, me ne frego.
In pista c’è anche Mary. La raggiungo, CIAOOO!, ci abbracciamo.
Dopo aver ballato un’ora mi accorgo di essere abbastanza sudato, ma anche lei non scherza.
Stasera è senza ragazzo quindi avrà tanta voglia di stare con me. Non mi sono mai chiesto fino a che punto io le sia simpatico e lei si senta sola. So solo che quando ci vediamo ci diciamo quasi tutto.
Andiamo a bere qualcosa al bar. Cominciamo a raccontarci le cose successe dall’ultima volta soffermandoci soprattutto sui pettegolezzi che non sono di certo mancati.
Mi fa "novità?" ma io nego con la testa, guardo in giro ed aggiungo "impossibile non si batte chiodo". Mi guarda un po’ dispiaciuta e cambia discorso.
Le cazzate sulle nostre vite ci fanno dimenticare che ormai è mattino.
Me ne accorgo dal fatto che gli amici hanno ormai portato a termine quell’opera di smantellamento cerebrale perseguito con devozione e tenacia.
"Guardali" le indico "sono tutti fatti dalla testa ai piedi l’alcool è a livello, le operazioni del loro cervello sono ridotte ai minimi termini. Tipo quello dei dinosauri."
Mary mi osserva incuriosita, io le spiego "si perché le operazioni che possono elaborare sono ridottissime e gli stimoli a cui reagiscono sono pochissimi: le orecchie per la musica, sempre bella e da ballare, la bocca per le cagate il bere e il fumo, gli occhi per particolari quali gonne, gambe, tette equazione donne- piacere. A volte fanno anche altre elaborazioni tipo amico-chiacchere-sigaretta. La barista rappresenta gran parte di questi stimoli."
La sento che ride, in qualche modo aveva capito il mio ragionamento. La guardo bene e realizzo: è un po’ ubriaca.
Il dj è gasatissimo, sono le sei e la gente continua ad apprezzare la sua selezione, i suoi passaggi, le sue vibra.
In realtà sono tutti strafuori. Si sentono troppa energia in corpo per ripiegare a casa. Forse anche per quel senso di non aver ancora colmato tutti i buchi.
Chicco dà uno spintone ad una tipa e la fa cadere sui divani. Poi le salta sopra e cominciano a giocare.
Lupo balla presissimo dalla musica puntando una cozza che gli pare una gran figa. Alla fine trova qualcosa da dirle.
Stupito si accorge di essere cagato. "che Figo che sono" pensa lui, mentre lei "ce ne ha messo del tempo".
Parlano interessatissimi. Quasi amici dell’asilo.
Non riesco a immaginare quale sia l’argomento, forse qualcosa su "Il recupero delle risorse umane in un futuro delineato dallo sviluppo post-industriale".
Leo sta balbettando con una barista. E’ contento che le ha dato da bere gratis. Spera di farsela amica. Lei lo trova buffo, utile per non annoiarsi alla chiusura. Chiede ancora un’altra birra. Lei nega ostinata e chiude il discorso.
Io la darei solo per il coraggio, una birra alle sette del mattino.
Leo si volta deluso verso la pista. La musica è così bella e sente troppa voglia di ballare………

Gabriele Prati

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