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Bianco Natale

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Bianco Natale


Continuava a fissare la schermata nera del computer, ostinatamente.
Il muto aggeggio emise un sibilo sommesso, simile allo sbuffo annoiato di Dylan.
"… voleva fuggire"
Si sfregò le mani gelide: l’impianto di riscaldamento era guasto ormai da più di un mese… quando verranno quei cazzuti idioti a ripararlo?, pensò ormai allo stremo delle forze.
Erano quasi le 23… voleva andare a casa; per cosa, poi?
Nessuno lo stava aspettando; non c’era un caldo sorriso ad attenderlo, non c’era una donna (o comunque, un qualsiasi essere vivo) ad attenderlo con commovente ansia.
Solo la casa.
Vuota…
Solo muti muri sarebbero stati testimoni del suo ritorno, ciechi quadri l’avrebbero fissato… nessun altro.
"Dovrei prendermi un gatto" mormorò infilandosi quasi malinconicamente il montgomery: per i suoi gusti, aveva già sprecato troppe ore di quella giornata; di quella sua giornata.
"… voleva fuggire"
– – –
La strada…; gelida nella sua solitudine, nel suo ennesimo inverno. Sembrava quasi assumere un’aria più dignitosa: appariva così stranamente pulita!
Lei, però; lei cos’attendeva, così immobile sotto di lui, sotto il suo peso?
Cosa?…
Quanti ricordi, quante vite avevano gridato a questo cumulo di asfalto di sigillarle; di vincere il tempo per loro; solo per loro?
Freneticamente; cercava immagini, sensazioni, parole…
Ricordi custoditi in quella strada; guardava nei loro occhi sperduti, sbiaditi.
… ma non riusciva a scorgere nulla di suo; nulla che sibilasse implorante il suo nome. …nulla.
Riprese a camminare.
Un’ennesima sconfitta.
– – –
La neve aveva preso a scendere, improvvisa; cauta.
Quasi non se n’era reso conto: come un felino si avvicina alla preda, senza che questa se ne accorga; così quella soffice sostanza cominciava ad avvolgerlo, concedendogli parte del suo gelido calore.
Dylan si rannicchiò come meglio poté nella sua sciarpa, cercando di evitare i baci innocenti di quei fiocchi; ma il freddo gli stava penetrando dentro, inesorabilmente; a nulla sarebbero serviti i suoi sforzi.
"… voleva fuggire"
Delirio…
– – –
Gatto.
… un gatto?!?
Socchiuse gli occhi, fissandolo.
Strano vederlo; ora.
Aveva forse smarrito la strada?
Corri; corri da qui tu che puoi, tu che hai un caldo fuoco ad attenderti!
"Va via; via!!!" gridò confusamente Dylan.
… il gatto non mosse un muscolo; rimase solo a fissarlo, in tutto quel gelare.
"Sei proprio un povero imbecille…" bofonchiò, quasi a prenderlo in giro "Non vedi che la neve continua a crescere a dismisura? Presto ti ci ritroverai completamente sommerso; e allora diventerai un ghiacciolo!"
L’idea lo divertì.
Una convulsa risata esplose nella via deserta, echeggiando. "… che divertente! Un ‘gatto-ghiacciolo’; non ne ho mai visto uno!!!"
Immobile; il piccolo felino rimase immobile, quasi fosse fatto di pietra… o di ghiaccio.
Solo il suo occhietto; il suo ipocrita occhio destro sembrò vibrare.
"Mmmh…" emise l’uomo "Non mi piaci."
Nero; nero e grasso, osservò; solo uno stupidissimo affare di pelo grasso.
"Sai che ti dico?" aggiunse, mentre quasi fece per andarsene "Per me puoi anche schiattare in questo momento!!!"
Il corpicino del gatto vibrò; prima quasi indistintamente, poi in modo più vistoso… però… la sua posizione; il suo sguardo… continuava a non muoversi; tremando.
"…presto!!!" urlò improvvisamente "Spostati da lì! Non vedi che… oh, dio!" si portò entrambe le mani agli occhi, in un gesto saturo di orrore.
"… voleva fuggire"
Un buco… una voragine…
Il piccolo felino sparì; sparì il quell’improvviso buio e… e anch’esso.
– – –
Il gelo; colpa del gelo, pensò fissando senza stupore la vetrina di quel negozio.
La vista gli parve inconsueta, questo si;… ma forse anche normale.
Solo un macabro scherzo.
Un piccolo albero natalizio nero sfavillava pieno di luci: dai suoi esigui rami pendevano, violacee, ancora grondanti di sangue; piccole dita mozzate.
Appena tagliate?
Appena tagliate…
Appena tagliate!
Dovevano essere state davvero asportate da poco; pensò rifugiandosi nuovamente nel suo giaccone.
Si voltò verso la strada con noncuranza.
Affrontò il gelo, immergendosi in quella assurda notte…
Mani fresche; si stavano dimenando ancora, senza quelle dita.
– – –
Neve…
ancora neve.
Ormai gli arrivava a metà coscia: ad ogni passo che riusciva ancora a compiere, perdeva la speranza di arrivare a casa prima di mezzanotte.
Si bloccò; rigidamente.
Fissò il cielo, con muta ostilità "Maledetta neve nera!!!"
– – –
Un tonfo; lieve, ma pur sempre un tonfo.
Aveva urtato qualcosa; cosa non poteva saperlo: la neve gli arrivava ormai al bacino.
Che qualcuno sia scivolato?… facile, sai; piccola anima incosciente: tu non lo sai, ma ormai l’asfalto sotto di noi è peggio dell’olio.
Cerchi di rialzarti?
"Secondo me, non sai più da che parte è il cielo…" borbottò innervosito, chinandosi; che quell’ingrato compito fosse troppo gravoso anche per lui?
Aiutarlo;… unico, smanioso obiettivo.
"… voleva fuggire"
Aiutarlo;… voleva evitare che quel povero malcapitato avesse continuato a scavare per l’eternità, ritrovandosi poi sotto terra come un morto che non vuole accettare la sua condizione.
Ormai con le mani completamente intirizzite, sospirò dal sollievo: riuscì finalmente ad afferrare un piccolo corpo; ma… quell’essere continuava a dimenarsi, cercando di rimanere incollato alla terra.
"…ehi, non avere paura!" sussurrò docilmente "voglio solo darti una mano!!!"
L’essere si irrigidì, ma poi si lasciò tirar su, sbuffando (forse, per l’improvvisa seccatura da parte di quell’uomo che neppure conosceva?): un volto coperto da radici lunghissime fissava ora Dylan.
"Povera bimbetta!" disse sorridendo "ora capisco perché preferivi restare lì, sotto terra!"
Un fischio,… fissò le sue mani, quasi qualcuno gli avesse suggerito di farlo: non aveva più le dita.
Lasciò cadere la bimba a terra (questa tornò velocissima sotto la coltre di neve) e fissò con ingenua meraviglia le sue mani ormai livide.
Si rilassò, sorridendo.
"Che scherzo del cavolo…" Si rimise le mani in tasca, riprendendo la sua folle processione .
– – –
Scorse in lontananza una cosa rossa.
Si bloccò, indeciso se raggiungerla o meno… ma poi tristemente fissò il cielo: l’oscura neve continuava imperterrita a scivolare giù, non curandosi della sua persona.
"Non riuscirò a tornare a casa per stasera…" disse quasi come scusa, dirigendosi verso l’affare rosso.
… una macchina.
"Davvero bella." Commentò fissando le sue ruote fatte di gambe umane.
Si chinò per tastarne la solidità, emettendo poi un mugolio soddisfatto.
"Davvero bella, non c’è che dire…"
"… voleva fuggire"
Si voltò ancora una volta, instancabilmente, per riprendere il suo cammino; ma questa volta, qualcosa lo trattenne: non aveva più le gambe.
– – –
25 dicembre 1998
Mattina. Soleggiato; si prevede bel tempo per tutto il giorno.
Il risveglio fu premiato con una dolce sorpresa: aveva nevicato tutta la notte; i bambini avrebbero potuto passare un bianco Natale e, cosa molto più importante per loro, giocare a palle di neve.
Una piccola bimbetta rossa in viso per il freddo (o per la corsa) si diresse frettolosamente tutta soddisfatta verso un cumulo di neve enorme; spiccava più di tutti gli altri, quasi che la neve avesse voluto cadere più in quel punto che in qualsiasi altro.
Si chinò, sorridendo, con la piccola lingua obliqua dallo sforzo; affondò le sue manine… ma non trovò qualcosa di soffice ad accoglierle; sfiorò qualcosa di solido, molliccio, forse.
Scavò…
e forse sarebbe stato meglio non farlo.
Il volto cadaverico di un uomo, corpo orribilmente mutilato, violaceo dal freddo, le sorrideva cinicamente.

Damiana Guerra

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