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Il guardiano

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IL GUARDIANO

Sole, sabbia e vento caldo, vento non troppo forte, oggi, non dà troppo fastidio. Le dune, le solite immense dune attorno, in movimento continuo, impercettibile, come dinosauri in evoluzione, antichi mostri di sabbia terribili e silenziosi. Vita quasi assente, il caldo qui l’ha vinta, pochi rettili strisciano rapidamente su distese dorate, pochi scorpioni zampettano allegramente in cerca di vittime. Deserto.
In cima a una duna, una porta. Un portale ad arco di terra scura battuta dal vento e dalla sabbia, un’entrata templare senza nulla intorno. L’intera costruzione è larga quattro metri e alta sei; l’entrata è larga due metri e alta quattro. Il passaggio è lungo un metro.
Il guardiano è là. Brillante figura in armatura argentata, corpetto e copri cosce, e un elmetto in testa tipo conquistadores spagnoli del Rinascimento. Gambali e guanti bianchi, una lancia in mano. E’ là e guarda il deserto, sempre in movimento, eppure sempre uguale. Guarda il deserto con i suoi piccoli occhi scuri, faccia abbronzata. Non suda. Cammina lentamente intorno alla porta. Si guarda intorno con attenzione, non deve avvicinarsi nessuno senza essere visto. Nessuno deve passare quella porta senza prima averlo incontrato. Lui è il guardiano, e quella è la sua porta.
Un grosso scorpione si avvicina. Zampetta allegramente verso di lui. Il guardiano lo vede, si ferma, si inginocchia, tende la mano. Lo scorpione si avvicina ancora. Raggiunge la sua mano tesa. Il guardiano solleva la mano che sostiene l’animale. Lo saluta.
"Ciao. Tutto bene, oggi?"
Pausa. Lo scorpione si muove appena nella mano del guardiano.
"Mi sembri in forma. Sono contento. Hai trovato qualcosa di interessante?"
Pausa.
"Va bene, vuoi tenerlo per te."
Il guardiano sorride, posa la lancia e accarezza lo scorpione. Poi appoggia la mano sulla sabbia e quello scende e zampetta verso la porta. Il guardiano afferra rapidamente la lancia e la punta a terra davanti all’animale.
"No. Lo sai che non puoi. Non ancora."
Dà qualche colpettino con la lancia. L’animale si gira e se ne va, zampettando allegramente. Il guardiano ricomincia a camminare lentamente intorno alla porta. Passano i secondi, i minuti, le ore, i giorni. Sempre sabbia, sole e deserto. Il guardiano continua a camminare lentamente intorno alla porta. Non suda. Non beve. Non mangia. Non dorme.
A un tratto si ferma. Sta arrivando qualcuno. In lontananza, su una duna, ha visto un cammello cavalcato da un uomo coperto da abiti chiari, che viene verso di lui. Il guardiano lo fissa mentre si avvicina, ci vogliono molti minuti. L’uomo ferma il cammello a qualche metro dalla porta. Fissa la porta, poi il guardiano.
"Salve", dice.
"Salve", risponde il guardiano.
"Chi sei?"
Pausa.
"Sono il guardiano di questa porta."
L’uomo esita qualche istante. Guarda attraverso la porta. Di là si vedono le solite dune e il solito cielo limpido. E’ una porta inutile, nel bel mezzo del deserto.
"Che cos’è questa porta?", chiede.
"E’ la porta che devo sorvegliare."
"Perchè? A cosa serve?"
"La devo sorvegliare perchè nessuno vi passi attraverso senza che io lo veda. Serve a trovare o a perdere se stessi."
L’uomo scuote la testa.
"Questa porta non conduce da nessuna parte. Come può servire a trovare o a perdere se stessi?"
"Nessuna porta che porti da qualche parte può servire a trovare o a perdere se stessi. Solo una porta che non porti da alcuna parte può servire a questo. E’ il dubbio che ci fa vedere la porta. Ed è la paura che ce la fa attraversare. Se non vedessimo la porta o non la oltrepassassimo saremmo immortali."
"E tu vuoi dire che semplicemente passando dall’altra parte potrei trovarmi o perdermi?"
"Passando per quella porta troverai o perderai te stesso."
"Al diavolo!", esclama l’uomo scendendo dal cammello. "Questa porta non serve a niente, non va da nessuna parte. E tu sei un pazzo". Avanza deciso verso la porta.
Il guardiano non dice niente, sorride appena, lo guarda. L’uomo attraversa la porta. Proprio mentre è sotto l’arco, dieci cento mille sottili aste di ferro appuntite scattano dalle pareti trafiggono l’uomo ogni centimetro quadrato sangue dappertutto poi si ritraggono e tornano ad essere anonime sporgenze sulla superficie irregolare della pietra. Il corpo dell’uomo si accascia al suolo.
Il guardiano congiunge le mani come per una preghiera. "Ora la tua anima è dal mio Signore, e lui deciderà se eri buono o cattivo e se ti troverai nella pace o sarai perduto nella dannazione per l’eternità.
Le tracce di sangue sui muri della porta non ci sono più. Il guardiano raccoglie il corpo dell’uomo e lo carica sul cammello, poi spinge l’animale e lo fa andare via. Muove la sabbia per coprire il sangue. Le macchie sui suoi vestiti e sulla sua armatura spariscono subito. Il cammello è lontano, ormai. Il guardiano ricomincia a camminare lentamente intorno alla porta.
Un grosso scorpione zampetta allegramente verso di lui. E’ sempre lo stesso scorpione. Il guardiano lo vede, si ferma, si abbassa, posa la lancia, lo raccoglie, lo accarezza.
"Ho aiutato un’altra anima a trovare il proprio posto nell’eternità, sai?"
Pausa. Lo scorpione si muove appena nella mano del guardiano.
"Sono proprio bravo a fare il mio lavoro."
Posa la mano, lo scorpione scende e zampetta verso la porta. Il guardiano raccoglie rapidamente la lancia e la punta a terra davanti all’animale.
"Lo sai che non puoi. Non ancora."
Con alcuni colpettini lo allontana. Poi ricomincia a camminare lentamente intorno alla porta.
Tutto intorno è sabbia, sole, deserto.

(8 Agosto 1995)


Alessandro Zanardi

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