KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Inevitabile Vendetta (III)

11 min read

Inevitabile vendetta


Parte III


Il rumore dei tacchi a spillo rimbombò tra le ampie pareti e diede al bastardo giusto il tempo di realizzare la propria nudità e la presenza di più di una donna, svelata dal ritmo incalzante che dopo pochi passi si sdoppiò, sfasandosi nettamente. Poi la frusta saettò nel buio e con il suo indomabile artiglio aprì un taglio netto tra le ultime due costole del bastardo, provocando un vibrante irrigidimento del suo corpo seguito dal latrato disperato di un cane accerchiato e impotente.
Due risate isteriche e soddisfatte seguirono il dolore e indicarono al bastardo la direzione in cui cercarne la causa. Una donna di alta statura, dal colorito pallido e i capelli lunghi e corvini, lo stava fissando divertita, accarezzando nel contempo l’impugnatura della sua frusta. Il suo corpo era di un equilibrio perfetto, una vita strettissima di allargava su fianchi pronunciati al limite estremo tra l’eccitante esasperazione e la sovrabbondanza disarmonica delle curve. I suoi seni enormi e divergenti a stento si contenevano dentro ad un corpetto di pelle nera trafitto da decine di fori cerchiati di lucido metallo. Completava l’abbigliamento un irrisorio triangolo di pelle all’inguine sorretto da due minuscole catene che divergevano verso la cima dei fianchi.
Il bastardo restò a fissarla con occhi che tradivano paura e desiderio insieme, in un’insostenibile miscela di stati emotivi tra loro inconciliabili, fino a quando lei non gli si avvicinò. In un istante il suo corpetto scivolò a terra e i suoi enormi seni, percorsi dalle ondulazioni di quel brusco movimento, si liberarono e si espansero distribuendosi su quel torso snello che pareva sostenerle a fatica catalizzando lo sguardo dell’uomo.
Non appena lei notò nei suoi occhi che la paura stava scomparendo, offuscata dal desiderio di possesso sessuale, con inquietante maestria gli sferrò una seconda frustata sul petto aprendo una nuova ferita poco sotto alla prima e provocando una seconda smorfia di dolore sul suo viso.
A quel punto gli occhi glaciali della donna abbandonarono l’uomo tremante per dirigersi verso Luca, cercando da lui un segnale di consenso. Luca annuì lentamente – Continua pure, ma non avere fretta… ricorda che più a lungo durerà la sua tortura maggiore sarà la vostra ricompensa. –
– Come vuoi, mio signore. –
La voce della donna era atona e roca, perfettamente in armonia con l’aspetto generale della sua persona. Quando lei si voltò nuovamente verso il bastardo, si soffermò sul suo membro osservandolo a lungo con un’espressione di noncuranza che fece scaturire nell’uomo un sentimento di profonda vergogna, ingrossato dalla perfezione erotica del corpo della donna ed esasperato dall’impossibilità di muoversi, di agire, di dimostrare il suo valore come uomo.
In quel preciso momento, la donna si voltò dandogli le spalle e abbassò ulteriormente la linea dello sguardo dell’uomo fino a quando non si chinò d’un tratto sfilando l’ultimo capo di abbigliamento e svelandogli la morbidezza carnosa delle sue grandi labbra.
In quell’istante il bastardo reagì d’impulso spingendo indietro il bacino e conficcandosi negli aghi ancora più in profondità, lasciandosi sfuggire un grido che fu interrotto solo dalla risata soddisfatta di Luca.
– Bene… il tuo corpo ti ha tradito. Vedo che lei ti piace… la vuoi, non è vero? Ti piacerebbe possederla, sentirla tua, sprofondare tra le morbide curve del suo corpo? Come con Lisa… ti piaceva il suo corpo, già, e lo volevi tutto per te, volevi godere di qualcosa che non avresti mai potuto avere altrimenti. Senza condizioni, senza consensi, la volevi e basta. Solo che adesso sono io che dirigo il gioco, e sono io a fare le regole… –
– Procedi Morsa… è nelle tue mani, fagli sfiorare la pazzia… –
– Ai tuoi ordini, mio signore. –
Morsa si rialzò e si girò nuovamente verso il bastardo, completamente nuda, mostrandogli un corpo sempre più irresistibile che avrebbe fatto perdere i sensi a chiunque. Poi si chinò su di lui e cominciò ad accarezzare il suo petto con i seni, dapprima dolcemente e lentamente, poi aumentando la pressione facendogli sentire il contatto con la pelle e godendo nel vedere il suo corpo eccitarsi.
Poi d’un tratto si spostò verso il suo volto, dove trovò una bocca spalancata dal desiderio di sentire e godere il sapore e l’odore di quella femmina satanica. Giusto il tempo per affondare le labbra dilatate nella soda carne di un seno e Morsa si ritrasse lasciando il posto ad una terza schioccata di dolore. Il volto del bastardo, con la bocca spalancata a cercare ancora quella pelle meravigliosa si contrasse d’un colpo assumendo un’espressione di pietà disarmante, incapace di gridare ancora. Tanto che Morsa si arrestò un istante, fissandolo.
Per un attimo quell’espressione era riuscita a paralizzare anche una come lei, ed ella stessa si preoccupò dell’accaduto. Poi il suo sguardo si congelò nuovamente, determinato a non lasciarsi mai più prendere alla sprovvista.
Si spostò nuovamente, diretta verso la testa del bastardo e si mise dietro di lui, in modo che non potesse vederla, oltre il limite dello spicchio dell’arancia. Aspettò qualche secondo, creando un’attesa angosciante che attanagliò la mente del bastardo, poi d’improvviso fu sul suo volto e spalancò le gambe, abbassandosi.
Il bastardo, travolto di piacere dalla vista e dall’odore di Morsa, reagì d’impulso come per buttarsi in avanti e peggiorò ulteriormente la sua condizione. I gomiti tentarono di piegarsi, spinti dalle mani incapaci di resistere al desiderio di toccare quel corpo, e sprofondarono conficcando gli aghi sottostanti fino nella profondità ossea delle braccia e provocando un’ingente fuoriuscita di sangue. Le gambe si irrigidirono per l’eccitazione del suo membro che spinse in fuori il bacino inchiodando i piedi e le caviglie agli aghi dell’arancia. Il grido di dolore aumentò di intensità e durata, come l’istogramma colorato, che cominciò a scalciare dentro ad una finestra sul monitor del PC oltrepassando in più di un punto la soglia limite.
Morsa incrociò lo sguardo di Luca, che si distolse dal monitor – Nulla di preoccupante Morsa, continua pure ma più lentamente adesso, altrimenti lo perdiamo. –
– Come tu vuoi, mio signore. –
Morsa si abbassò ancora appoggiando le sue labbra spalancate alla bocca del bastardo, lasciandolo godere del suo sapore per qualche decina di secondi, poi si rialzò di scatto e aprì un quarto squarcio sul petto, questa volta poco sopra all’ombelico.
– basta…. –
Singhiozzando l’uomo implorò di smetterla, con la mente annebbiata dall’altalena di eccitazione profonda e dolore insostenibile cui era sottoposta. – vi prego… ora basta… basta… –
– Ti prego, ti prego, ti prego… ricordi queste parole? – Luca rispose.
– Sono le stesse che ti disse Lisa quella dannata notte, ti implorò di non farlo, ti pregò piangendo con la disperazione negli occhi di non violentarla ma tu non l’hai ascoltata… e adesso piangi di dolore e impotenza come ha fatto lei. Come ti senti, misero figlio di puttana? –
– Mi dispiace, mi dispiace… ma io ero drogato, non capivo, non l’avrei mai fatto… mi dispiace –
Il bastardo parlava a fatica, singhiozzando e grondando lacrime dense e amare che avevano ridotto il suo volto ad una grossa piaga di disperazione.
– Mi dispiace non basta. Devi pagare per quello che hai fatto. Morsa, procedi! –
– Con piacere, mio signore. –
Il bastardo chiuse gli occhi e alzò leggermente il capo, preparandosi al dolore imminente e sussurrando una preghiera alla morte perché venisse a salvarlo da questa assurda pazzia di vendetta.
Il dolore però non arrivò. Morsa si spostò verso gli spicchi inferiori dell’arancia, si inginocchiò tra le gambe del bastardo e lo prese tra le labbra.
– No… –
La stimolazione di Morsa cominciò subito a travolgere il corpo del bastardo che prese a dimenarsi e fremere, incapace di rimanere insensibile all’esperienza di quella donna che pareva l’incarnazione della lussuria demoniaca. Gli spasmi muscolari che percorsero il corpo dell’uomo provocarono un’infinità di lacerazioni superficiali alla pelle su più punti del corpo causando un dolore intenso e diffuso, che prese a lottare con l’eccitazione incontrollabile per il predominio della mente di quell’uomo martoriato.
Le pupille del bastardo, dilatate all’inverosimile, presero a vibrare sotto le palpebre e si rivoltarono all’indietro, travolte dalle ondate di dolore e piacere intenso, dilaniate dallo sconvolgimento chimico in atto nel suo organismo.
Il suo corpo ormai era ricoperto di ferite e sangue, e gli arti erano per la maggior parte trafitti dagli aghi ed inchiodati alla macchina, lasciando liberi solo il cranio, il torace ed il bacino. Il sangue però non era sfuggito a sufficienza da provocare la morte per dissanguamento. Fuoriusciva con violenza nel momento della lacerazione, poi rallentava fino quasi a fermarsi.
Luca notò tutto questo, e sorrise compiaciuto. Daniele non lo aveva tradito.
Morsa prese ad aumentare d’intensità la stimolazione, fino a raggiungere la piena erezione, e a quel punto si alzò in piedi, volse lo sguardo verso Luca attendendo il consenso, si mise a gambe aperte sopra al membro eretto del bastardo e con un gesto secco e deciso si abbandonò di peso sul corpo dell’uomo, penetrandosi.
Il dorso dell’uomo si inarcò fino quasi a spezzare le vertebre della spina dorsale e l’osso del bacino si inchiodò agli aghi della macchina sprofondando sotto al peso di Morsa, che buttò indietro la testa con un gemito di piacere e cominciò a muoversi a ritmo serrato penetrandosi con rabbia e spingendo sempre più in fondo il corpo dell’uomo.
Questo prese ad urlare dal dolore, trafitto dagli aghi ad ogni penetrazione della donna, impegnata ad accelerare il ritmo per poter godere da un uomo ormai in fin di vita, travolto dal dolore di un corpo a brandelli e conscio di possedere la donna desiderata senza provare altro che un dolore sterminato.
– Avanti maledetto, non mollare – Morsa aumentò ad un ritmo frenetico, presa da una foga animale, – Voglio godere… e voglio farti scoppiare maledetto! Borchia, frustalo! –
Dal buio spuntò la seconda donna, bionda, bassa, vestita anch’essa di pelle nera e con una frusta simile a quella di Morsa in mano.
– Avanti… avanti… fagli schizzare… il sangue!.. – gemette Morsa. – dai, dai… –
La donna bionda però rimase immobilizzata, guardando il volto del bastardo e corrucciando la fronte per l’impeto delle grida di dolore dell’uomo ormai ridotto ad una carcassa di carne in balìa della furia di Morsa.
– Cosa… aspetti… puttana! – Morsa aveva gli occhi iniettati di sangue, e i suoi enormi seni erano travolti dalla sua lussuria frenetica e rabbiosa, ma Borchia era incapace di infierire su tanto dolore. Fece un passo indietro, con gli occhi spalancati ed il viso basso, e in quell’istante si udì un grido coperto solo parzialmente dai singhiozzi del bastardo.
– Fermi tutti, polizia! –
In un istante e con una prontezza di riflessi inspiegabile per la situazione, Morsa di alzò dal corpo e schizzò a ripararsi dietro la sagoma della macchina. La donna bionda, già nascosta da un pilastro, sgusciò nell’ombra e scomparve.
Sotto alla luce rimasero solamente tre uomini.
Il bastardo continuava a singhiozzare e balbettare in preda al delirio, e ai due estremi della macchina c’erano Luca ed il poliziotto con la pistola puntata che si guardavano fissi.
– Cosa ci fai qui? Eravamo d’accordo… – esordì Luca.
Il poliziotto distolse un attimo lo sguardo, e quando vide la scena rimase impietrito per qualche secondo. Il bastardo ormai era irriconoscibile, il suo corpo era quasi completamente trafitto dagli aghi e nei polsi e nelle caviglie già gli aghi avevano passato la carne da parte a parte. Gli occhi erano fissi ma parevano non vedere nulla, la bocca sbavava e singhiozzava ininterrottamente, le frustate erano così profonde da scoprire il bianco della cassa toracica.
– Tu sei pazzo, Luca, cosa ti è successo? –
– Eravamo d’accordo, lui doveva pagare, mi stai dicendo forse che mi hai tradito? –
– Nessuno merita di essere ridotto in questo modo Luca, tu hai perso la testa, io non posso coprirti per una cosa del genere. Non credevo saresti arrivato a questo – Il poliziotto notò in quel momento il PC collegato alla macchina e il modo in cui la vittima era stata legata a quel letto d’aghi.
– Se tu ora porti quella divisa lo devi a me, non scordarlo. Mi devi molto, non puoi tradirmi ora che ho bisogno di te – . Luca fece un passo in avanti.
– Fermo lì. – Il poliziotto puntò l’arma con maggiore decisione. – Tu non sei più il Luca che mi ha aiutato, sei diventato completamente pazzo. Io non ho voglia di seguirti all’inferno… il Luca che conoscevo è morto con Lisa… io a te non devo niente. –
– No, non mi fermerai. L’anima di Lisa deve essere riscattata, e se voi maledetti non siete capaci di fare giustizia, lo farò io. Non sparerai ad un tuo vecchio amico –
Luca si voltò incurante di tutto e si diresse perso il PC con passo deciso.
– Luca fermati! Cosa vuoi fare? Non costringermi…. non farlo! –
Uno sparo preciso e calcolato, e Luca fu a terra con un grido soffocato e le mani portate al ginocchio – Maledetta carogna! –
– Mi hai costretto Luca, non posso permetterti di fare ancora del male. Hai bisogno di guarire… voglio che tu torni ad essere il mio vecchio amico, e non è così che succederà – .
Il poliziotto si abbassò verso il bastardo, ascoltò per un attimo la respirazione, mise un dito sulla giugulare e si rialzò. – E’ messo male, ma è ancora vivo, anche se non so come abbia potuto con tutto quello che deve aver passato –
– Vieni… – Il poliziotto legò le mani di Luca dietro alla schiena, lo sollevò di peso e si incamminò verso l’uscita.
– Tu hai bisogno di aiuto. Ti porterò dove possono guarirti e insabbierò l’accaduto. –
– NO! Non uscirò da questa stanza prima di vedere morire quel bastardo! – Gridò Luca paonazzo, scalciando e dimenandosi incapace di ascoltare il dolore del ginocchio scheggiato.
– Non posso permetterti di uccidere per una stupida vendetta, mi stai chiedendo troppo –
– Ma non capisci, se lui non muore l’anima di Lisa non sarà vendicata, se lui non muore avrà vinto lui! –
– Mi dispiace. –
– Che ti dispiaccia o no, Lisa deve essere vendicata. MACCHINA, UCCIDI! –
Non appena il comando vocale di Luca arrivò al PC, il puntatore del mouse si mosse verso il pulsante Chiudi e premette. Con un leggero cigolio e davanti allo sguardo terrorizzato del poliziotto, la grande arancia cominciò lentamente a richiudersi su se stessa, accompagnata dalle urla di dolore del bastardo che cominciò a sentire il suo corpo ripiegarsi e intuì in un istante il suo destino.
– Non posso guardare… – Il poliziotto prese a scendere le scale, spaventato da quell’uomo che ora stava ridendo istericamente ma che una volta era stato il suo amico più fedele.
– Ma perché Luca, perché tutto questo? – Luca si limitò a guardarlo per un attimo, poi scoppiò a ridere di nuovo, ma più forte, sempre più forte, in un delirio di pazzia incontrollabile.

***

Quando i soccorsi arrivarono sul posto, il bastardo era ancora vivo, intrappolato dentro ad una specie di arancia di metallo aperta per metà. Riuscirono a liberarlo a fatica e lo caricarono sull’ambulanza, sicuri di poterlo ancora salvare nonostante dimostrasse già un regresso mentale irreversibile.
Cercarono altri corpi sul luogo, ma non trovarono altro. Sul monitor del PC collegato alla macchina c’era solo un messaggio:
– Questo programma ha causato un’operazione non valida e sarà terminato –
(continua)

Fabrizio Cerfogli
FabrizioCE@usa.net

Altri articoli correlati

7 min read
6 min read
1 min read

Commenta