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Terra rossa

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Terra rossa
Parte seconda


5. Qualcosa da qualche altra parte – II

E’ notte – calma notte primaverile senza vento ai piedi del monte Arwok. L’uomo si è faticosamente arrampicato fino al tetto del castello, passando di finestra in finestra. Sono passati molti minuti, la preoccupazione di non farsi sentire lo ha spinto ad agire con molta, molta calma. Ora è in cima, sulla camminata che percorre tutto il perimetro delle mura, la postazione da cui si può vedere fuori; è acquattato ai piedi di uno dei grossi merli del castello. Sembra non esserci nessuno in giro.
L’uomo si solleva appena da terra, e cammina chino verso le scale che scendono dalle grosse mura. Improvvisamente si apre una porta dell’edificio principale, oltre il cortile, a circa cinquanta metri da lui: l’uomo fa in tempo a buttarsi a terra e a rotolare contro il bordo esterno della passerella delle mura, contro i merli. Sente delle voci e dei passi. Devono essere due o tre uomini. Li sente dirigersi verso il portone del castello. Si fermano.
– Rowin! – grida uno di loro. – Rowin, laha mertin!
E’ il dialetto di Norfolk.
– Rowin! – grida ancora.
Nella stanza della torretta di guardia, quella della finestra illuminata, si sente un rumore di armatura. L’uomo anziano si sporge sul cortile e guarda gli uomini fermi davanti al portone, che gli gridano qualcosa. Quello rientra nella torretta e pochi attimi dopo si sente il rumore di un meccanismo che scatta, e di catene che vengono rilasciate. E’ il ponte levatoio che viene abbassato, e si sente il tonfo quando tocca il terreno. Poi il portone comincia ad aprirsi.
Gli uomini si avviano verso l’esterno del castello. Uno di loro dice ancora qualcosa verso la guardia. L’uomo acquattato sulle mura non capisce il dialetto di Norfolk, ma dal tono intuisce che la guardia viene rimproverata per essersi addormentata. Per quanto lo riguarda, non poteva sperare niente di meglio.
Attende che gli uomini escano, che il portone venga chiuso e il ponte levatoio sollevato; guarda verso la torretta e non vede nessun movimento – non ci vorrà molto perchè la guardia si addormenti nuovamente, pensa. E’ stata una buona idea venire direttamente nella tana del lupo: non si aspettano questa mossa. Le difese non sono molto solide. Cimaron non si rende nemmeno conto di essere vicino alla fine, pensa l’uomo con un sorriso, e dopo essersi assicurato che non ci sono altri movimenti in corso, comincia a scendere le scale.

6. Tefa e Louis prendono da bere

C’era un bel fresco nel giardino della casa del vecchio, un bel fresco e una piacevole sensazione di sicurezza, come se nessuno lì potesse rischiare di essere trattato male. Era un giardino accogliente, che abbracciava gli ospiti con le sue basse siepi e le aiuole fiorite. Il sole sottolineava con la sua luce i colori dei tanti fiori del giardino.
Tefa si stava fumando una sigaretta appoggiato al tronco di un albero, all’ombra. Sembrava che la luce del sole gli desse comunque fastidio. Louis lo vide estrarre un paio di occhiali da sole da una tasca della giacchetta che indossava e metterseli rapidamente in viso.
"Che sia un vampiro?", scherzò tra sè Louis, mentre guardava l’altro. Louis si trovava seduto al contrario su una sedia da giardino di fili di giunco intrecciati e incollati perchè prendessero una forma solida. Si chiedeva quanto potevano essere vere le voci che aveva sentito su Tefa Saskjevic, il terribile assassino di Anumix. Era un personaggio famoso tra la gente di quella città, una delle leggende della strada. Ora, a quanto dicevano le ultime voci, si era tranquillizzato… ma non c’erano limiti a ciò che si diceva avesse fatto nel suo passato. E Louis, il caro pacifico Louis, si chiedeva quanto potesse essere pericoloso e perchè mai era stato convocato dal vecchio Alexi, il consigliere non ufficiale dei governanti di entrambe le città. Del resto, si stava ancora chiedendo perchè mai lui stesso fosse stato convocato. Il vecchio era stato gentilissimo, e poi era sempre un piacere sentirlo raccontare le sue storie; ma ancora non aveva minimamente accennato al motivo per il quale un personale assistente del vecchio, formatosi alla sua famosa scuola, era venuto a cercarlo addirittura nel corso di uno dei suoi viaggi nel sud del continente.
"Il maestro Alexi vuole discutere con te di una importante questione di governo, Louis. Ti prega di raggiungerlo immediatamente. Qualsiasi sia il costo del servizio che dovrai interrompere, ti verrà risarcito."
Louis non si era nemmeno posto il problema, una convocazione da parte di Alexi stimolava troppo la sua curiosità per potervi rinunciare, e per quanto riguarda il suo lavoro, non aveva che l’imbarazzo della scelta. Così aveva mollato tutto ed era partito verso la scuola di Alexi, situtata – manco a dirlo – circa a metà strada tra Meralba e Anumix.
"Sperando che ce lo spieghi in fretta…" pensò tra sè. Poi si rivolse a Tefa.
– Saskjevic -, chiamò, attendendo che quello rispondesse. Tefa alzò appena lo sguardo. Probabilmente quello era il massimo che il selvaggio, là, gli potesse concedere. In ogni caso significava che l’aveva sentito, perlomeno.
– Hai un’idea del perchè siamo qui? – chiese.
Tefa non rispose immediatamente, non fece espressioni strane, non diede neanche a vedere di pensarci. Era come se non lo avesse nemmeno sentito parlare. Ma dopo qualche secondo rispose.
– Non mi hanno detto molto. E’ venuto questo tizio a trovarmi dove sto adesso, mi ha detto: "Guarda che Alexi ti vuole vedere". –
– E tu sei venuto subito. –
– Sono in vacanza. Non avevo nient’altro da fare – proseguì Tefa. In realtà aveva già sentito parlare del maestro Alexi e della sua scuola. Sapeva che era una scuola seria, non come quelle dei signorotti. Sapeva che se uno andava lì a imparare la storia, e la lingua, e le armi, e tutto il resto, doveva essere in gamba. Aveva conosciuto un paio di ragazzi usciti da quella scuola, e doveva riconoscere che erano persone davvero incredibili. Entrambi se ne intendevano di quasi tutto. Erano in forma smagliante. Sapevano combattere e parlare con la stessa raffinatezza ed efficacia.
Non era un posto da ragazzi della strada, come era lui.
"Chissà se quel tipo ha fatto questa scuola", pensò tra sè, gettando una rapida occhiata a Louis. "E chissà perchè devo avere a che con un omosessuale", concluse con una punta di incomprensione. Aveva sentito alcune storie sul "fidanzato" del principe Levin. Sapeva che era un’ottima guida, e preferiva pensare solo a quello. Non che si accanisse contro l’omosessualità, tuttavia… la cosa gli suonava strana, come la lingua di un qualche paese lontano. Non avrebbe mai fatto del male a un frocio perchè era un frocio, oh no, questo no. C’era spazio per tutti, al mondo, e c’era gente ben peggiore di quelli. Ma preferiva comunque starsene alla larga.
– E comunque penso che è inutile stare a dannarsi, no? – disse poi all’improvviso, cogliendo di sorpresa Louis. – Tanto tra non molto il vecchio ci dirà tutto.
Louis non rispose, si limitò ad annuire vigorosamente con la testa. Dopodichè restarono in silenzio, fino a che il vecchio si affacciò alla finestra e li chiamò.
– Volete sentire il resto della storia, ragazzi? –
Tefa entrò per ultimo, e chiuse la porta.

(continua)

Alessandro Zanardi

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