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L’impronta dell’esistenza

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L’impronta dell’esistenza

Simon viveva sola nella casa di legno, con la sua gallina. Era inverno, fuori c’era freddo e aveva nevicato per tutta la notte.
Quando faceva così freddo, Simon teneva Ernestina, la sua gallina, in casa con sè ed anche allora era lì accovacciata sotto il mobile, graziosamente seduta su di un mucchietto di paglia e si guardava intorno muovendo la testolina a piccoli scatti. E Simon la guardava coi suoi occhi scuri e pensava a che strana coppia erano lui ed
Ernestina e a come il destino aveva voluto che la loro amicizia diventasse addirittura una questione di sopravvivenza. Lui aveva bisogno delle uova di Ernestina per non morire di fame, lei di un posto sicuro dove poter andare per non morire di freddo. Ma tra loro c’era di più: era da tanti anni che si conoscevano, avevano passato insieme momenti di grande gioia e anche di tremendo dolore soprattutto alla morte della madre di Simon. Ma fu proprio tale disgrazia che portò una tale unione tra loro, ormai inseparabili.
Era vicina l’ora di pranzo, il sole pallido illuminava tutta la foresta di pini ricoperti dalla neve che luccicava ammiccante sciogliendosi piano piano fino a quando cadeva dolclemente al suolo.
Simon, quando non aveva nulla da fare si metteva silenzioso, immobile, ma internamente mosso da grande emozione, davanti alla finestra e stava a guardare fino a quando tutto era coperto dal manto stellato della notte. Ma certe notti si poteva restare davanti alla finestra anche tutta la notte, quando la luna splendeva senza veli nel cielo e da lassù accarezzava tutta la terra. E’ vero, Simon lì era solo, circondato dall’immensità di un paesaggio incontaminato, ma non si sarebbe mai potuto allontanare dai silenzi e dalle voci della sua foresta. Quellaa era tutto il suo mondo, non avrebbe potuto vivere senza di esso e senza Ernestina. Ogni mattina lui la guardava riacconciarsi per intere mezze ore penne e piume borbottando sommessamente, poi essa cominciaaaava a becchettare qualcosa o forse niente e continuava per tutto il giorno. Simon la guardava teneramente, pieno d’amore e talvolta temeva che Ernestina becchettasse qua e là tutto il tempo per colpa della noia; aveva perfino pensaaato di portarla via di lì, certo non per sempre, solo pochi giorni, una sorta di vacanza per tutti e due.
Ma nessuno dei due voleva andarsene, Ernestina glielo aveva fatto ben capire mentre lui cercava di metterla nel cestino.
La foresta non accompagnava solo le loro giornate e non era lei che faceva parte di loro, ma loro che appartenevano a lei completamente e sapevano che a lei sarebbero dovuti andare. Ernestina questo lo aveva capito già prima di Simon. Una notte che nevicava, il vento spalancò la porta e la piccola gallina uscì tranquillaa nell’oscurità più completa; Simon la guardava dalla porta incuriosito. E la brava gallina lo chiamava borbottando nel vento, qualche metro più in là.
Poi d’improvviso Simon sembrò finalmente aver capito tutto e la seguì nella bufera spogliandosi lentamente.
La foresta coi suoi rumori e i suoi canti li accolse tra le sue braccia senza mani.

Monica Orsini

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