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Terremoto a Kobe

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Terremoto a Kobe

Come tutti sanno anche grazie alle immagini trasmesse dalla tv, il 17 gennaio alle ore 5 e 46 antimeridiane c’è stato un forte terremoto nella regione del Kansai. Io che ero tornata per Natale a Kyoto a casa dei miei genitori mi sono trovata inaspettatamente a vivere l’esperienza del terremoto.
La zona di Kyoto, che si trova a circa sessanta chilometri da Kobe, è stata colpita da una scossa del sesto grado della scala Richter, in effetti però i danni sono stati talmente esigui che non possono essere confrontati con quelli catastrofici di Kobe. Ad esempio a Kyoto c’è stato in qualche caso lo slittamento delle tegole, qualche vetro infranto dei grandi magazzini, qualche crepa apertasi nei muri di terra dei templi. Tuttavia tutto ciò si è saputo nei giorni seguenti; al momento era ancora buio, il terremoto ci ha destati con grande violenza tanto che all’inizio non potevo rendermi conto della situazione, poi man mano che passavano i secondi un grande senso di impotenza e di terrore si impadroniva di me.
La prima cosa che ho avvertito è stato il boato emesso dalla terra, tuttavia il torpore del sonno mi impedì di riconoscerlo come tale, pensai invece a un rumore prodotto da qualche parte, lontano. Però subito dopo, improvvisamente, ci furono delle scosse sussultorie di una forza tale che parevano poter sfondare dal basso il pavimento ed io mi trovai a sobbalzare come se stessi saltando su un trampolino. A causa di queste scosse sussultorie mi svegliai completamente, ciò nonostante non potei far nulla. Poi di seguito vennero delle violente scosse ondulatorie in direzione est ovest. L’armadio e la libreria si muovevano scricchiolando, gli oggetti posti sopra l’armadio cadevano sul pavimento, i libri volavano giù dagli scaffali. Un piccolo quadro che stava appeso ad una delle pareti della mia stanza cominciò ad oscillare come un pendolo per poi piombare accanto al mio futon. A questo punto avevo ormai realizzato chiaramente che si trattava di un terremoto, ma poichè le vibrazioni erano tanto forti, non potevo fuggire nè tantomeno ripararmi col futon. Le scosse durarono quaranta secondi; durante questo tempo mi era perfino impossibile alzarmi in piedi. “Se l’armadio cadesse morirei schiacciata dal peso” -pensavo-
“è pericoloso”. Ma le scosse ondulatorie mi spostavano violentemente di qua e di là sul futon.
Quando terminarono le scosse mi accertai dell’incolumità dei genitori e dell’erogazione di corrente elettrica; appurato ciò mi tranquillizzai. Poi, immaginando che sarebbe stata data notizia del terremoto anche in Italia, telefonai subito a mio marito a Modena. In seguito capii che fu una mossa molto previdente, perchè le linee telefoniche si intasarono immediatamente. Io, che dovevo confermare il volo di ritorno, riuscii a mettermi in contatto con l’ufficio della compagnia aerea a Osaka solo dopo quattro o cinque giorni di tentativi.
Dopo il terremoto proseguirono le scosse di assestamento; si dice che nelle due settimane successive ce ne furono più di mille (comprese quelle non percettibili dal corpo umano). Ogni tanto ce ne era una più forte delle altre che mi faceva sobbalzare, allora mi precipitavo a spegnere il gas.
Dopo il mio ritorno a Modena ai primi di febbraio ho parlato al telefono con i miei genitori: pare che siano ancora in ansia, mi hanno detto che tengono uno zaino contenente generi di prima necessità pronto per ogni evenienza. Quando vanno a letto lo pongono accanto al futon, di giorno vicino all’ingresso.
In quel di Kobe la gente che ha perduto i familiari, la casa e il negozio se ne sta nelle palestre o nelle scuole trasformate in centri raccolta dove conduce una vita disagiata.
Le trasmissioni televisive e le cronache dei giornali non rendono a sufficienza l’entità della tragedia; una zia che partecipava ai soccorsi come volontaria mi raccontava che quella situazione le ricordava la guerra: l’insufficienza dei viveri, la mancanza di acqua potabile, l’impossibilità di lavarsi per giorni, l’esiguo numero di servizi igienici e quant’altro era fonte di grave stress per volontari e terremotati portandoli al limite della reciproca sopportazione.
Pare che ci vorranno almeno quattro o cinque anni per il ripristino di autostrade, ferrovie ed edifici. Ma gli abitanti di Kobe per poter tornare alla serenità e alla vita di un tempo dovranno aspettare più a lungo.

Kawai Michiru

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