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United States of Tara

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Quando dietro a una produzione TV c’è Steven Spielberg non ci si può aspettare niente di meno di un capolavoro. E se a dargli una mano ci si mette anche Diablo Cody (nome che ultimamente salta fuori quasi ovunque, e uscito alla ribalta per lo splendido Juno) è impossibile che le aspettative non diventino ancora più alte.
Ed è quindi chiaro che, avvicinandosi a United States of Tara con queste premesse, il rischio di rimanere delusi è grande, anche perché la trama – solo a leggerla – sembra davvero improbabile.
I protagonisti di questo serial sono infatti i quattro membri di una famiglia americana, in cui la padrona di casa, Tara Gregson (interpretata da Toni Colette che forse qualcuno di voi ricorderà nel ruolo della mamma del ragazzo in About a Boy) soffre di un disordine dissociativo della personalità, e ha deciso di sospendere le cure, per cercare di capire meglio il perché della sua situazione.
Max, il marito, non si sa bene da che universo provenga, perché non solo non si oppone affatto a questo difficile esperimento della moglie, ma riesce con una tranquillità incredibile a gestire i vari alter-ego e a cercare nello stesso tempo di tenere unita la famiglia. I due figli, Kate e Marshall, subiscono invece la cosa in modo altalenante, scontrandosi o apprezzando le varie personalità della madre, mentre cercano di vivere la loro vita da teenager. Con Kate alle prese con un ragazzo più grande (con cui fa sesso) e con una grossa voglia di emancipazione dalla famiglia, e con Marshall che deve riuscire a comprendere meglio il proprio rapporto con la scuola e con se stesso.
Ma com’è questo telefilm, davvero? Cioè, com’è l’alternarsi delle varie Tara all’interno della “normale” vita quotidiana? Beh, la prima risposta che mi verrebbe da dare è: inquietante. Toni Colette è davvero brava nel trasformarsi ora nella disinibita quindicenne T, ora in Alice, perfetta e morigerata madre di famiglia, ora nel manesco Buck (cioè in una specie di sboccata caricatura del campagnolo americano del sud). Ma più della sua capacità di attrice può la sceneggiatura. La storia. Ciò che capita, come viene proposto, il modo in cui gli altri (le persone fuori dal nucleo della famiglia Gregson) trattano Tara, tutto è perfetto, in una continua dissonanza. Non si può non immaginare l’imbarazzo e la difficoltà di una vita così. E anche quando si sorride lo si fa perché l’insieme regge, perché Max e Marshall contengono una situazione che pur non diventando mai tragedia, ha spesso il rumore delle unghie sopra alla lavagna.
Non è una produzione che ti fa aspettare con ansia l’uscita di un nuovo episodio, perché complessivamente suona lenta come la vita reale, anche quando è speziata da un evento così fuori dal comune. Ma è assolutamente da vedere.

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