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Danubio – Claudio Magris

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Da quattro anni di viaggi (1982-86) e di scrittura seguendo il corso del grande fiume nasce questo poderoso libro di Magris, nasce senza predeterminazione, come sempre le opere di questo studioso dalla cultura vastissima.

Lasciando la parola allo stesso autore, il Danubio ”  è ancora una volta il simbolo della frontiera, perché il Danubio è un fiume che passa attraverso tante frontiere, è quindi simbolo della necessità e della difficoltà di attraversare frontiere, non soltanto nazionali, politiche, sociali, ma anche psicologiche, culturali, religiose. Il viaggio danubiano è pure un viaggio nei propri inferi e in quella Babele del mondo odierno che certamente ha nella Mitteleuropa un suo simbolo particolare, ma è una Babele del mondo intero”. (C.Magris, Fra il Danubio e il mare. I luoghi, le cose e le persone da cui nascono i libri, Milano, Garzanti-Elefanti 2001).

Danubio è un “diario di viaggio” dalle sorgenti del fiume fino all’immenso delta, lungo i 2860 Km. di percorso e attraverso città importantissime (Vienna, Belgrado, Budapest) o paesi più piccoli, grandi pianure, ampi paesaggi, popoli, costumi, letterature e lingue assai diverse.

Non si tratta però di un diario turistico, ma di un viaggio culturale alla ricerca delle proprie radici mitteleuropee e sulla scia di altri viaggiatori o studiosi, anche antichi, che hanno raccolto notizie o curiosità sul grande fiume.

Con precisione certosina e con una conoscenza enorme e profonda delle varie terre che visita, Magris cita libri, trattati (anche geografici o storici), che parlano del Danubio e dei suoi popoli, un vero crogiolo di razze, lingue, usanze, un grande mosaico con frontiere in movimento, dominazioni, passaggi di genti, un miscuglio di civiltà che non sempre si distinguono nettamente le une dalle altre e spesso sono vissute in un continuo scambio reciproco.

Con una prosa sempre fascinosa, Magris prende spunto da ogni località o fatto per realizzare riflessioni profonde o per richiamare i più vari autori delle più varie letterature (romena, bulgara, ungherese,slava, ebraica oltre a quella tedesca e austriaca) con una competenza e una conoscenza straordinarie.

Talvolta un particolare o la visita a un luogo offrono l’occasione per sviluppare considerazioni originali, ad esempio il progetto di una centrale idroelettrica consente di parlare di Goethe e del concetto di naturale/innaturale, oppure la visita al Museo degli Orologi di Furtwagen fa riflettere sul tempo.

Ogni paragrafo, da questro punto di vista, meriterebbe una sua considerazione e il libro è fitto non solo di descrizioni d’ambiente e di città, ma anche di meditazioni che, partendo dalla letteratura e dall’arte, vanno verso la vita e verso l’uomo.

A personaggi famosi (per citarne solo alcuni Freud, Wittgenstein, Canetti, Celan, Lucàcs, Haydn) vissuti lungo il Danubio si alternano nomi meno noti, glorie nazionali o semplici abitanti, tutti però descritti e trattati da Magris con grande rispetto.

Magris non considera i letterati e i poeti una casta privilegiata.

La poesia è impersonale, soffia dove e quando vuole  come il vento, non appartiene al nome scritto in calce ad essa. Nasce talvolta dalla mano, come certe figure tracciate distrattamente sulla carta, che alla fine si rivelano incantevoli, o come certi gesti, nei quali una persona manifesta senz’accorgersene, una grazia che non sa di avere e che forse non avrà più”.

Non mancano osservazioni sullo scrivere, inserite in molti punti del libro, che visita così tante letterature e culture: “… forse non saremo veramente salvi finché non impareremo a sentire, con una concretezza quasi fisica, che ogni nazione è destinata ad avere la sua ora e che non ci sono, in senso assoluto, civiltà maggiori o minori, bensì un succedersi di stagioni e fioriture.

Oppure: “ Probabilmente sulla carta si finge, si inventa ogni felicità. La scrittura forse non può dare veramente voce alla desolazione assoluta, al niente della vita, a quei momenti nei quali essa è solo vuoto, privazione, orrore. Già il solo fatto di scrivere riempie in qualche modo quel vuoto, gli dà forma, rende comunicabile l’orrore e quindi, sia pure di poco, trionfa su di esso. […] La privazione assoluta non può parlare, la letteratura ne parla e in qualche modo la esorcizza, la vince, la trasforma in qualcosa d’altro, converte la sua irriducibile e inavvicinabile alterità in una moneta di uso corrente. L’incerto viaggiatore […] scopre di aver dato risposte chiare e nette alle domande che lo assillano, nella speranza di potere, un giorno, credere anch’egli a quelle risposte.”

La letteratura è anche esorcizzare il niente.

Un così lungo itinerario però richiede una prosa che muti talvolta registro: abbiamo così aneddoti spiritosi, qualche accenno a compagni e compagne di viaggio in termini assai lirici, aperture paesistiche felici, come quelle su Passau (Germania): ” Il cielo è azzurro fiordaliso, la luce dei fiumi e della collina si fonde, gloriosa e gioiosa, con l’oro e col marmo carnicino dei palazzi e delle chiese, il bianco della neve, l’odore dei boschi e la frescura delle acque imprimono una gentilezza delicata e nostalgica alla magnificenza episcopale e aristocratica degli edifici, riscattano con un’aura di lontananza la linea chiusa e rotonda delle cupole e delle vie che si snodano sotto archi e portici.”

Filo conduttore di tutto è il grande fiume, che oltrepassa tante frontiere.

Quest’ultimo tema è molto caro a Magris, è un tema ricorrente di un autore che è vissuto in una terra di confine ed ha sempre visto questo confine come un qualcosa che delimita noto e ignoto insieme, un po’ come la letteratura che è ” spesso un viaggio dal noto all’ignoto, ma anche dall’ignoto al noto, a un ignoto di cui ci si appropria” (C.Magris, Fra il Danubio e il mare, cit.)

Un altro tema ricorrente nella cultura mitteleuropea e che Magris qui solleva è il sentimento  della minaccia nella vita contemporanea e della vita stessa come minaccia, che porta ad elaborare meccanismi di difesa, che rischiano di distruggere proprio la vita.

Osserva l’autore in Fra il Danubio e il mare: ” La difesa ha a che fare con la paura. Ci sono molte paure. C’è la paura che la vita naturale, spontanea, finisca, nell’artificio crescente della realtà contemporanea, per sparire, per non esistere più – timore cui si allude ironicamente in Danubio, all’inizio, con la storia della grondaia e del rubinetto, dal quale forse scaturisce il Danubio e che potrebbe esser chiuso.”

Parlare di queste terre dell’Est significa anche considerarle parte dell’Europa, di un’Europa allargata, ad ampio respiro e non rinchiusa in posizioni di difesa estrema. Naturalmente alcune considerazioni sulla situazione politica di alcune nazioni risultano un po’datate: nel frattempo sono avvenuti cambiamenti e certe realtà non esistono più.

Alla fine, il Danubio sfocia nel mar Nero con un estesissimo delta che suscita l’ammirazione del viaggiatore e un suo senso d’inadeguatezza nel descriverlo.

Riflessioni sulla fine, sulla morte accompagnano quest’ultima parte del viaggio, ma è un finire ordinato e che soprattutto si risolve nel mare, che è sempre un elemento positivo in Magris, è ciò che libera dall’ansia difensiva.

Lo sparire è uno svanire leggero in un nulla luminoso, vaporoso, che non fa paura, proprio come, ad un certo punto, le acque del Danubio si confondono con la terra, col cielo e infine col mare, in un passaggio graduale, pieno di vegetazione, di animali e di riflessi. Solo un “incessante finire”, una fine diffusa ovunque nell’intero delta.

“Ma il canale scorre lieve, tranquillo e sicuro al mare,non è più canale, limite, Regulation, bensì fluire che si apre e si abbandona alle acque e agli oceani di tutto il globo, e alle creature delle loro profondità. Fa che la morte mia, Signor – dice un verso di Marin – la sia comò’l score de un fiume in t’el mar grando”.

Così si chiude il grande viaggio lungo il Danubio, in un tranquillo e ormai libero passaggio nel nulla.

 

 

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

 

CLAUDIO MAGRIS (Trieste 1939) è docente di letteratura tedesca all’Università di Trieste e collabora al Corriere della sera.

Tra le sue opere:Il mito asburgico (1963), Lontano da dove (1971), Itaca e oltre (1982), L’anello di Clarisse (1984), Illazioni su una sciabola (1984), Danubio (1986), Dietro le parole (1988), Stadelmann (1988), Un altro mare (1991), Microcosmi (1997 premio Strega), Utopia e disincanto (1999) e La mostra (2001).

 

CLAUDIO MAGRIS, Danubio, Milano, Garzanti 1986. Il testo è diviso in nove capitoli con titolo non numerati, a loro volta suddivisi in paragrafi numerati e intitolati.

Utile per capire l’autore: C.MAGRIS, fra il Danubio e il mare. Il mondo di C.Magris. Libro e cassetta, Milano. Garzanti-gli Elefanti 2001. Il film è ideato e diretto da Francesco Conversano e Nene Grignaffini e prodotto da Movie Movie con un’ampia intervista a C.Magris.

Da Danubio nel 1997 il regista Pressburger ha ideato per il Mittelfest uno spettacolo teatrale itinerante.

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