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Deontologia professionale…

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(dell’Avvocato…)[1]

Sapete qual è la differenza fra un Avvocato e una iena?
L’uno si nutre delle carogne putride delle sue povere vittime…
l’altro è un quadrupede carnivoro delle “Ienidi”
 diffuso in Africa ed Asia…
Groucho Marx
 
Secondo una prudente stima gli Avvocati[2] italiani sono oltre 200.000[3], dunque non solo la categoria in assoluto più numerosa[4] tra gli operatori del sistema giudiziario ma soprattutto quella per prima a diretto contatto con gli interessi dei singoli (persone fisiche e giuridiche), da tutelare nel rispetto delle leggi civili, penali e amministrative.
Certo il numero pletorico di questi professionisti[5] è (a parere di molti), al contempo tra le cause ma anche uno degli effetti più evidenti della degenerazione del sistema giuridico/giudiziario italiano[6], spesso di fatto “ingolfato” e sommerso da una quantità di procedimenti sovrabbondante, la cui attivazione (o continuazione) è sovente “suggerita” alla parte privata (oltre che permessa da un sistema normativo confuso, contraddittorio e irrazionale[7]), proprio da un avvocato interessato[8], indubbiamente agevolato dalla indole piuttosto litigiosa e non facile alla mediazione e tolleranza, dell’italiano medio.
Ecco che appare fondamentale, non solo per ragioni morali ed etiche, ma anche per contribuire materialmente al buon funzionamento del sistema giudiziario (atteso che le autorità, politiche sembrano da decenni non avere l’intenzione di fare funzionare l’apparato[9]), che almeno la parte più numerosa degli operatori del settore (l’avvocatura appunto) cominci ad attenersi scrupolosamente alle regole sul come dovrebbe essere[10] l’avvocato corretto e onesto, secondo una sistematica lettura del Codice Deontologico Forense[11], il complesso di norme comportamentali di cui la categoria si è dotata, al pari di altri ordini professionali, al fine di tutelare non solo la propria immagine di “operatori del diritto”, ma anche di realizzare la giusta aspettativa dei cittadini/utenti ad una assistenza legale quantomeno corretta.
Purtroppo le prime perplessità sorgono spontanee fin da subito, per chi come il sottoscritto opera quotidianamente in un ufficio giudiziario (“dall’altra parte della barricata”), scorrendo il magniloquente preambolo del Codice: “L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia[12].“.
Infatti, sarebbe facile obiettare che le condizioni oggettive (o spesso le scelte soggettive) di lavoro dei legali italiani, rendono estremamente difficile mantenere sempre libertà, autonomia e indipendenza[13] rispetto agli interessi propri e dei clienti, i quali naturalmente tendono a prevalere sul dovere di conoscenza (e applicazione corretta) delle leggi e sul rispetto dello spirito dell’ordinamento.
In Italia, l’assetto legislativo caotico, unitamente al citato altissimo numero di avvocati, e concorrenza estrema nell’accaparrarsi clienti a suon di promesse e assicurazioni di ottenere il risultato programmato[14], ingenerano non poche volte procedimenti giudiziari infiniti e sproporzionati, in cui il cliente/attore di causa, rivelatasi “temeraria”[15] o semplicemente mal condotta, da una posizione di ragione finisce per avere torto; si diffonde così l’impressione/frustrazione tra cancellieri di Tribunale, segretari giudiziari di Procura, ufficiali giudiziari e magistrati che buona parte del loro lavoro, fatto di sforzi nel superare carenze ataviche, carta prodotta, risorse impiegate, straordinari non riconosciuti, si giustifichi solo per assecondare l’attività dell’avvocato.
Tra i principi generali è d’obbligo, anzitutto, segnalare i doveri di probità, dignità e decoro (art.5 CDF) per cui “L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro[16]“. La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza di questi doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva; a questo riguardo è esperienza quotidiana rilevare come i clienti tendano ad affidarsi (totalmente e comprensibilmente) agli avvocati per risolvere i loro problemi legali sia in campo civile che penale, semplicemente dando formale mandato al professionista e limitandosi in seguito a consegnargli gli atti giudiziari man mano ricevuti al proprio indirizzo, quasi a volersi disinteressare di argomenti fonte di preoccupazione, dimenticando che le conseguenze di ordine patrimoniale (sanzioni, multe, interessi moratori, spese legali che fanno lievitare incredibilmente i compensi degli avvocati di controparte), o peggio di ordine personale (misure limitative della libertà, interdizioni, ecc.), ricadono sempre sul cliente/cittadino e mai sull’avvocato. Quest’ultimo, infatti, molte volte incorre nella violazione dei doveri di lealtà e correttezza, fedeltà e diligenza, nella propria attività professionale[17], letteralmente dimenticandosi di seguire opportunamente una trattativa che possa evitare ulteriori pregiudizi al proprio assistito[18], o perché la situazione è stata totalmente sottovalutata[19] o perché l’unica soluzione allo stato della vertenza è quella di pagare il proprio debito (di qualsiasi natura), conclusione sempre imbarazzante da attuare o anche solo da comunicare…[20].
Per la stessa tematica, vorrei richiamare l’attenzione sul disposto dell’art.7 del Codice, che al 1° capoverso impone: “Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito”, essendo frequentissimo l’accanimento sanzionatorio di alcuni avvocati nell’attivare i meccanismi di legge, il quale da una parte si dimostra totalmente inutile ai fini del reale soddisfacimento delle ragioni del cliente, dall’altra impone solo ulteriori spese allo stesso, danneggiato e beffato.
Oltre ai doveri di segretezza e riservatezza (per le informazioni assunte nella sua attività), e di difesa[21], preme sottolineare tra i principi generali anche il dovere di competenza e di aggiornamento professionale[22], di fronte alle innumerevoli dimostrazioni quotidiane di incompetenza, approssimazione o semplice trascuratezza nella conoscenza di norme e principi da parte di tanti avvocati, a ulteriore conferma dell’assunto generale secondo cui il numero dei componenti di una categoria è inversamente proporzionale al livello medio della loro preparazione tecnica.
Anche il dovere di adempimento previdenziale e fiscale (art.15) mi ricorda quell’avvocato che, non avendo pagato l’imposta di registro[23] dovuta per un atto richiesto all’ufficiale giudiziario, si faceva vanto di non aver subito nessuna conseguenza per l’incapacità delle strutture dello stato di recuperare il credito e applicare le sanzioni, incapacità che aveva provocato la prescrizione del credito.
Fra i principi generali vi sono altre regole importanti come l’art.16 (dovere di evitare incompatibilità come l’esercizio di attività commerciale o di mediazione), l’art.17 (dovere di veridicità nelle informazioni diffuse sulla propria attività professionale, con uso di mezzi tra cui il sito internet[24]), l’art.18 (rapporti con la stampa[25]), l’art.19 che dispone il divieto di accaparramento di clientela (con impossibilità di impiegare agenzie o procacciatori[26]), l’art.20 contro gli avvocati “maleducati” che pure resistono imperterriti[27].
Mentre il Titolo II del Codice disciplina analiticamente i rapporti dell’avvocato con i colleghi (rapporto di “colleganza”, rapporti con il Consiglio dell’ordine, con i collaboratori di studio, con i praticanti[28], obbligo di corrispondere con il collega[29], sostituzione del collega nell’attività di difesa[30]), ispirati a massima correttezza e lealtà, il Titolo III riguarda i rapporti con la parte assistita, fondati sulla fiducia (art.35), e “…l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici.[31]“. All’avvocato è fatto obbligo di “informare chiaramente il proprio assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta (art.40), oltre che “…comportarsi con puntualità e diligenza nella gestione del denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari ovvero ricevuto per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di renderne sollecitamente conto”.
Caso molto frequente è anche quello dei “documenti” inerenti la causa, di cui l’assistito non ha disponibilità, che spesso vengono trattenuti da avvocati poco rispettosi per evitare che il cliente insoddisfatto possa anche solo pensare di cambiare legale…: “…L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza ritardo alla parte assistita la documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento del mandato quando questa ne faccia richiesta[32](art.42).
L’art.44 (Compensazione), secondo cui In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa”, riporta alla mente un fenomeno di cui ho letto recentemente[33] per cui un magistrato raccontava di aver ricevuto un vecchietto che “…mi mostrò un atto di citazione a comparire… in una delle mie udienze di esecuzioni forzate, e mi chiese perché mai il processo… contro di lui fosse ancora in corso: lui aveva saldato tutto il debito, pagando anche qualcosa in più!”… “Mi dica a chi ha versato gli acconti?” “All’avvocato De Manigoldis”!… “Ma l’avvocato… le ha rilasciato una regolare ricevuta, una quietanza, un pezzo di carta che desse atto del versamento da lui ricevuto?” “No, mi assicurava che con quei versamenti il processo sarebbe stato chiuso, perché io stavo estinguendo a poco a poco il mio debito”… “…il caso del vecchietto era paradigmatico: succedeva anche a Roma. I debitori non finivano mai di pagare e i creditori non vedevano una lira, perché alcuni avvocati avevano capito che quello era un settore dove si poteva approfittare delle notevoli imperfezioni del sistema per intascare denaro non dovuto senza rischiare nulla. Accettavano solo contanti e non rilasciavano mai né quietanza né documenti, assicurando al debitore che in tal modo la procedura esecutiva contro di lui sarebbe stata estinta: un furto pulito pulito, che nessuno poteva provare.”
Il Codice continua col Titolo IV sul rapporto con la controparte[34], i magistrati[35] e i terzi (tra cui i testimoni[36]), e si conclude con la disposizione finale dell’art.60, per cui con spirito lungimirante: “Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione dei principi generali espressi.
Dunque, “tra ottime regole teoriche e cattive abitudini pratiche”…, potrebbe essere la conclusione ideale del titolo di questo articolo, anche se il concetto potrebbe essere esteso a molti (se non tutti) gli ambiti professionali che formano l’articolata società moderna;
ecco perché, per concludere, non è certo mia intenzione “fare di tutta erba un fascio”, condannando e denigrando “a priori” un’intera classe di professionisti[37], necessaria e insostituibile per il corretto svolgersi della funzione giudiziaria e “mestiere nobile” a tutela dei diritti del cittadino, che ancora tanto ascendente esercita sui giovani laureati in giurisprudenza[38], rischiando di attribuire la responsabilità disciplinare (quando non penale) di alcuni, come una specie di responsabilità oggettiva addossata a tutti gli avvocati, ma l’ennesimo forte richiamo ad un “slancio etico”, formula elegante per significare “onestà” (materiale e intellettuale), da parte di un gruppo sociale qualificato, come detto estremamente diffuso e influente nel nostro Paese, che tra le varie caratteristiche ha anche quella di comporre (storicamente), e in una misura costante del 40% circa, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica
 
Sapete cosa fanno 100 avvocati in mare
circondati da un branco di squali affamati?
Un buon inizio…
David Letterman


[1] Nell’immagine: l’avvocato Azzeccagarbugli nell’illustrazione di Gonin ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (da Wikipedia, enciclopedia libera).
 
[2] L’avvocato (in latino advocatus da advoco = voco + ad chiamo a me) è il professionista laureato in giurisprudenza ed iscritto ad un pubblico albo, che rappresenta, assiste e difende un cliente, avanti ad un giudice o in una controversia extragiudiziale, in forza di un mandato e dietro pagamento di un onorario (definizione Wikipedia, enciclopedia libera), cfr. www.consiglionazionaleforense.it
 
[3] Non é possibile stabilire con precisione il numero degli appartenenti a questa “nobile” categoria di professionisti con gli ordinari sistemi di ricerca pubblica informatica e/o cartacea; il dato risulta dal numero (che aumenta ogni anno), degli iscritti di ciascun Albo istituito presso il “Consiglio dell’ordine degli Avvocati”, organismo professionale locale presente di norma a livello provinciale, coordinato a livello nazionale dal CNF (Consiglio Nazionale Forense), con sede presso il Ministero della Giustizia.
 
[4] Si ricorda che in Giappone, nazione con popolazione di circa 125 milioni di persone, sono attivi in tutto circa 20.000 avvocati. Cfr. “Law in Japan”, KultUnderground-n.93-GENNAIO 2003, rubrica Diritto.
 
[5] Per divenire avvocato è attualmente necessario, nell’ordinamento italiano, essere laureati in giurisprudenza (laurea del vecchio ordinamento, oppure laurea specialistica in scienze giuridiche), avere superato con profitto due anni di praticantato presso uno studio legale (la pratica viene attestata ogni sei mesi dal relativo consiglio dell’ordine degli avvocati presso il quale si è iscritti, con deposito per ogni semestre di almeno 20 verbali d’udienza firmati dal giudice deliberante che attestino la partecipazione alla medesima), e quindi avere superato l’esame di abilitazione alla professione.
Ogni anno viene emanato dal Ministero della Giustizia un bando per l’abilitazione professionale all’esercizio della professione di avvocato che stabilisce modalità e requisiti per poter partecipare al concorso: compiuti i due anni di pratica si presenta domanda presso la Corte d’Appello nel cui distretto si trova il circondario di Tribunale nel cui ambito si è iscritti. Le prove dell’esame sono scritte ed orali: gli scritti si svolgono nel mese di dicembre di ogni anno e consistono in un tema di diritto civile (2 tracce a scelta), un tema di diritto penale (2 tracce a scelta), ed un atto giudiziario (civile, penale od amministrativo) da Wikipedia, enciclopedia libera.
 
[6] “…stabilisco se quello che ha una bicicletta appena rubata a Porta Palazzo ha commesso furto o ricettazione-sempre tre mesi, che non sconteranno mai-; e il povero Sostituto scrive, scrive, scrive; e i poveri poliziotti scrivono, scrivono, scrivono; e tutto finisce in archivio, dopo aver generato lavoro per un numero variabile di giudici, cancellieri, poliziotti, ufficiali giudiziari, che almeno stanno a stipendio, e avvocati, che anche loro debbono campà.
Lo sapevate che a Roma ci sono più avvocati che nell’intera Francia? E a Torino tanti quanti a Manhattan? Sarà anche per questo che io sto qui a perdere tempo?…”
Dallo scritto di un magistrato in “Toghe rotte, la giustizia raccontata da chi la fa”, a cura di Bruno Tinti, ed. Chiarelettere, Milano 2007, pag.13.
 
[7] Sulla condizione del sistema giuridico italiano vedi “Paradossi”, KultUnderground-n.58-novembre 1999, rubrica Diritto.
 
[8] Anche se perfettamente consapevole dell’esistenza di metodi alternativi al Tribunale, fondati o sul buon senso comune o su procedimenti extragiudiziali come arbitrato, transazione ecc.
 
[9] “O c’è una legge e la si rispetta; o la legge che si applica è quella del più forte. Quindi l’amministrazione della giustizia serve ai deboli. Purtroppo in Italia i deboli non lo sanno. O non se ne accorgono. Anche perché i poteri forti hanno tarato il sistema giudiziario per perseguire tendenzialmente i deboli”. Dalla prefazione di Marco Travaglio di “Toghe rotte, la giustizia raccontata da chi la fa”, a cura di Bruno Tinti, ed. Chiarelettere, Milano 2007, pag.XVIII.
 
[10] Deontologia dal greco déon-ontos “ciò che va fatto”, e lògos, scienza.
 
[11] Approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17/04/1997, e con le modifiche del 16/10/1999, 26/10/2002, 27/01/2006, 18/01/2007.
 
[12]  Continua “Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori
.”
 
[13] Questi principi sono ribaditi nell’articolo 10 del Codice
ART. 10. – Dovere di indipendenza.
“Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale.”
 
[14] Nonostante l’obbligazione dell’avvocato sia necessariamente una “obbligazione di mezzi”, cioè il suo oggetto consista in un comportamento diligente (impiego diligente di mezzi idonei-la conoscenza delle norme-a realizzare un risultato), e non come nelle “obbligazioni di risultato”, la realizzazione di un risultato. La conseguenza è che l’avvocato è adempiente (con diritto a compenso), se ha agito con la dovuta diligenza (anche se il Giudice, contro ogni previsione dell’avvocato stesso, ha deciso la causa in danno del cliente…)
 
[15] Cfr. KultUnderground n.118 rubrica Diritto-APRILE 2005: “Dei danni punitivi”.
 
[16] “Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, salva ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.
L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della classe forense.”
L’art.2 stabilisce che in materia di potestà disciplinare: “Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche”, il Consiglio dell’ordine può applicare sanzioni che vanno dal semplice richiamo orale o scritto, fino alla sospensione dall’esercizio della professione nei casi più gravi.
 
[17] Cfr. art.6 CDF: “L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza.
I – L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con mala fede o colpa grave.
Art.7: “E’ dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale”
Art.8: “L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza”
 
[18] A parziale giustificazione del professionista occorre aggiungere che altrettanto spesso tale scarso impegno è dovuto al mancato “anticipo delle spese” da parte del cliente, soggetto in gran parte dei casi già in difficoltà per altri motivi. D’altra parte l’art.43 del Codice stabilisce: “Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
1 – L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
II – L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta.
III – L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV – L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto di questa.”
 
[19] Cfr. anche l’art.38, Titolo III, Rapporti con la parte assistita: Art. 38. – Inadempimento al mandato.
Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.”
 
[20] Per non tacere, a titolo di esempio, dell’ultra-attività, al contrario, di un giovane avvocato che ignorando correttezza e proporzionalità e pur di assicurare un risultato (non necessariamente positivo) al cliente, ha addirittura allegato a una richiesta di pignoramento mobiliare delle fotografie di un sito diverso dalla sede reale del debitore, pur di dimostrare allo “sprovveduto” ufficiale giudiziario che dei “beni esistevano e occorreva espropriarli”, nella presunzione che quei beni fossero senz’altro della società debitrice… (cfr. art.7 II cpv. “L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.” e l’art.49: “L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita).
 
[21] Art.11: “L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I – L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò sia possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge.
II – Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività”. Cfr. KultUnderground n.137 rubrica Diritto -DICEMBRE 2006: “Difesa d’ufficio e gratuito patrocinio”
 
[22] Art.12: “L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza”,
Art.13: “E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività.
 
[23] Imposta che colpisce gli atti dei soggetti privati in quanto produttivi di effetti giuridici (es. contratti di locazione, di comodato d’uso, verbali di offerta reale, ecc.). DPR 131/1986.
 
[24] Art.17 bis.: “L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare i dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo”
 
[25]Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza”…
 
[26]Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi”.
 
[27] Art. 20. – Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive: “Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.”
 
[28] Art.26: “L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto”
 
[29] Art.27: “L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro legale”… dunque la parte privata che non fosse soddisfatta dell’assistenza del proprio legale, farà bene a non attendere che l’avvocato di controparte la contatti per continuare le trattative, ma contatti lui direttamente il legale avversario, in attesa di cambiare il proprio…
 
[30] Art.33: “Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio, per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte
 
[31] Art.36: “L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità”
 
[32]L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso della parte assistita, solo quando ciò sia necessario ai fini della liquidazione del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento
 
[33] “Toghe rotte, la giustizia raccontata da chi la fa”, a cura di Bruno Tinti, ed. Chiarelettere, Milano 2007, pag.60 ss.
 
[34]  Art.48: “L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie”.
 
[35] Art.53: “I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni”
 
[36] Art.52: “L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto dei procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti…
L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di familiarità o di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.”.
[37] Trovandomi a volte di fronte a comportamenti corretti, ineccepibili, in qualche caso “signorili” di Avvocati, che si definiscono “di altri tempi”.
 
[38] Considerando il numero dei partecipanti all’esame annuale di abilitazione in ogni distretto di Corte d’Appello…

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