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Via crucis per corpo e anima svestita… – Francesca Mazzucato

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Le Edizioni Arpanet fanno cose egregie e una serie di libri tascabili dedicati al Gusto ne sono l’ennesima riprova, anche perché a inaugurare la collana c’è un pezzo di ottima letteratura a firma Francesca Mazzucato. La scrittrice bolognese è molto prolifica, ma difficilmente sbaglia un colpo quando pubblica un nuovo lavoro e ai detrattori pronti a lanciare accuse di poligrafia consiglierei la lettura del racconto Come si diventa un intellettuale di Luciano Bianciardi. Lo trovano edito da Stampa Alternativa nella collana I Bianciardini e sono certo che fa per loro, stucchevoli intellettuali da quattro soldi che si rigirano nei loro minimalismi analizzando a fondo il proprio ombelico. Francesca Mazzucato scrive molto perché ha tanto da dire e fa bene a farlo, ché il compito di uno scrittore è soltanto quello di scrivere, non certo quello di stare ad ascoltare tanti tiramenti…

Questa Via crucis per corpo e anima svestita nel gusto dell’avvilente voluttà di chi cerca di rimanere vivo è un frammento che parte da un ricordo d’infanzia e rappresenta un omaggio all’odore di cipria, dolciastro e allusivo, che esce dal portagioie di una nonna e fa capolino dal passato. Francesca lavora sulla parola e confezione un gioiello di narrativa breve che profuma di ricordi e regala brani di grande letteratura. Tante parole di forbita critica letteraria non rendono giustizia alle sue frasi che raccontano da sole sensazioni indescrivibili.

Ho ai piedi dei cocci, roba che punge, roba che ferisce, ho ai piedi detriti, delle schegge, dei vetri a triangolo, preservativi usati, rossetti finiti, smalto secco, sangue diventato denso, l’incarto di una pizza, delle pietre di un braccialetto rotto, mazzi di carte senza i jolly, dischi di Bach senza la copertina, tappi di penne che macchiano ancora, pezzi di torta da mordere a turno, libri ingialliti, altri con le pagine bianche, fotografie di madri stanche, orologi dal cinturino fluorescente, ho tante cose, un’immensità esagerata di oggetti strambi, impensabili, indefinibili, una sconvolgente marea di cose solo da scegliere davanti a me. Fra i piedi, a portata di una mano o di tre passi, ho tutto questo ma pochissimi ricordi e quasi nessun desiderio.

Mi domando perché una scrittrice così profonda, che plasma le parole sino a renderle pura poesia, sensazioni palpabili trasfigurate nella nostalgia del ricordo, dovrebbe limitare il suo estro creativo e pubblicare meno.

Consiglierei ad altri tanta parsimonia, magari agli scrittori del niente, agli autori di centinaia di libri sfiniti, romanzi vuoti di significato, autori di thriller e inventori di sagaci trame televisive a base di gialli confezione famiglia.

Ecco, di loro possiamo fare a meno. Di Francesca Mazzucato no.

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