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Raymond Scott (Insolita Musica 2)

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http://raymondscott.com/

 

Il proposito è quello di parlare in poche righe di Raymond Scott, e non è facile. Nato nel 1908 e deceduto nel 1994, Raymond Scott, statunitense genio da noi poco noto e valutato, ha attraversato quasi un intero secolo di musica. Pianista, compositore, arrangiatore, band leader, perfezionista intollerante di qualsivoglia improvvisazione, iniziò con lo swing, poi con il jazz più innovativo, suonando anche con maestri del calibro di Duke Ellington, oltrepassando fin dagli esordi la musica di genere.

Scrisse numerose colonne sonore per film e serial tv, musiche per spettacoli di Broadway, fu direttore d’orchestra per la radio e la televisione, incise molti dischi.

La mutevolezza tipica dei suoi ritmi si prestò molto bene a sonorizzare i cartoni animati della Warner Bros (Bugs Bunny, Duffy Duck ed altri classici Merrie Melodies e Looney Tunes).

Verso la fine degli anni ’40 intraprese le prime escursioni nell’elettronica frequentando studi di registrazione all’avanguardia e acquisendo esperienza come ingegnere del suono. Cominciò così la sua attività di sperimentatore, inventore di strumenti elettronici e di wall of sounds particolarmente sofisticati, inventando tra l’altro una macchina, il “videola”, per suonare, registrare e rifare con facilità, guardando in sincrono il film, le sue colonne sonore. Le sue composizioni degli anni ’50 potrebbero aver anticipato di vent’anni e più molta elettronica, soprattutto quella pop, Kraftwerk inclusi. Dico “potrebbero”, se soltanto non fosse stato in vita e anche in seguito sottovalutato, rimasto perlopiù ignoto. I suoi sequencer, i suoi strumenti algoritmici e la sua musica hanno però realmente anticipato perfino la musica techno e certo minimalismo ritmico poi attribuito a Terry Riley o Steve Reich. Un genio senza tempo.

Le sue musiche sono state interpetate dai giganti del jazz e dei “reparti avanzati” come Benny Goodman, Louis Armstrong su fino al Kronos Quartet e a Don Byron e gruppi quali Devo e Foetus; oggi sono interpretate da un gruppo che ha dedicato alla sua opera tutta la propria attività: è la Raymond Scott Orchestrette.

Appassionato competente di ingegneria, a suo completo agio con le macchine, come inventore non fu da meno. La portata delle sue invenzioni può essere paragonata all’opera di altri innovatori geniali quali Leon Theremin (Theremin) e Oscar Sala (Trautonium). Rivoluzionò l’arte della microfonatura e del cosiddeto “muro del suono” composto da apparecchiature di ogni sorta. Di lui, con largo anticipo su Robert Moog (uno tra i pochi privilegiati che vide in opera le macchine di Scott e realizzerà il primo synth “ufficiale” nel 1964), si ricordano in particolare alcuni brevetti pionieristici dell’era sintetica: la Orchestra Machine che si basava su loop di suoni preregistrati e che poteva sostituire un intero complesso musicale (un antenato del Mellotron), il Karloff (come Boris Karloff, leggendario interprete del film “Frankenstein”), un gigantesco generatore di effetti sonori elettronici,  quindi il Clavivox, l’Electronium e la Circle Machine. Nel 1956, usando la tecnologia alla base del theremin, dopo averne costruito una versione giocattolo per sua figlia, Scott costruì il Clavivox. Era, questo, un sintetizzatore a tutti gli effetti su una tastiera di tre ottave che  riusciva a simulare molti strumenti tradizionali. Nel 1959 inventò la Circle Machine, forse il primissimo sequencer elettronico, rotante, formato da un anello di lampade a incandescenza con reostato e cellula fotoelettrica su mandrino che roteava sulle luci. La modulazione die suoni dipendeva dalla velocità di rotazione della macchina e dalla intensità delle lampadine sulle fotocellule. I suoni più acuti erano dati da luci più intense, mentre il ritmo era regolato dalla velocità di rotazione. Infine venne l’invenzione più importante, dispendiosa e ambiziosa: l’Electronium, costruito e ricostruito più volte sulle fondamenta gettate per il suo generatore Karloff e del sequencer “Muro di Suono”. Si trattava di una macchina “ad esecuzione istantanea” basata sul concetto di collaborazione tra Uomo e Macchina. L’Electronium era guidato da interruttori invece che da una tradizionale tastiera. I bottoni consentivano l’esecuzione di ritmi e pattern prestabiliti mentre il musicista controllava tempi, tonalità, timbri, suoni, pause, corone, variazioni, estensioni, prolungamenti, cambi di fraseggio, diminuzioni, contrappunti, abbellimenti e avanti. Il compositore doveva solo agire sui bottoni per dare indicazioni alla macchina, che componeva istantaneamente le musiche in un vero e proprio duetto di macchina e uomo. Nel 1970 Berry Gordy, fondatore della Motown, ordinò a Scott un modello più complesso di Electronium, che pensava nuova sorgente di ispirazione e metodologia compositiva, in quanto avrebbe potuto rapidamente (e più economicamente) fare tutto quanto gli si sarebbe ordinato di fare. Verso la fine degli anni ’70 il progetto milionario di sviluppare l’Eletronium come somma macchina compositiva su ordinazione venne sempre meno, e ciò anche a causa dei problemi di salute sempre più gravi di Scott da una parte, dall’altra dalla nascente controschiera di nuove tecnologie più semplici ed economiche.




Il Clavivox è oggi uno strumento molto raro, ma è ancora possibile mettervi sopra le mani. Basta noleggiarlo alla Audities Foundation di Calgary in Canada (come ha fatto di recente anche Tom Petty). Si tratta di una interessante iniziativa di David Kean. La fondazione ristruttura strumenti elettronici cosiddetti obsoleti e li mette a disposizione dei musicisti in cerca di suoni vintage. Ne possiede più di 150, incluso un Theremin originale della RCA (ne furono costruiti solo 150 negli anni ’30).

http://www.audities.org/

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