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Quantica – Fabio Nardini

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E’ difficile spiegare la sensazione di angoscia, inquietudine, straniamento, che pervade alla lettura di “Quantica”. Non lo avvertiamo come una semplice raccolta di racconti di fantascienza, come la pura descrizione di un mondo lontano e separato dal reale; ma, in effetti, quale opera di fantascienza, che sia davvero riuscita, può lasciare tranquilli e indifferenti? Forse si può considerare un romanzo di Dick solo un’elaborazione fantastica, senza avvertire minacciose somiglianze con la nostra vita e con quello che la nostra vita può diventare?

L’universo dipinto da Fabio Nardini – e, ad aiutare la nostra immaginazione, le bellissime illustrazioni di Armin Barducci, opera nell’opera e non puro accompagnamento – è a prima vista estremo, eccessivo, urtante, nella sua compiaciuta e glaciale violenza, nella tecnologia che diventa genetica e che sconvolge le nostre certezze di base, su cos’è un essere umano, cos’è una differenza di genere, cos’è un’anima, cos’è una personalità. Cos’è uno stato, cos’è un confine, cos’è un luogo.

Luoghi: l’azione si svolge in non-luoghi, città “franchishing” con nomi come Intel, Yundai, dominate da colossi industriali come la Gazprom e con “piazze Putin” in cui si muove un’umanità brulicante e disperata.  Non- luoghi in questi non-luoghi sono poi i mondi virtuali, che riproducono paesaggi forse non più esistenti, e in cui alcuni si dimenano in party fino all’alba, altri cercano persone morte e congelate (è il primo racconto, “Esagoni”; impossibile non pensare all’immenso “Ubik”, ma anche alle distorsioni della mente e alla realtà virtuale che sostituisce quella reale).

Ma ci sono anche continui riferimenti a cupi panorami della Ex-Yugolaslavia, all’Adriatico, alla disintegrazione della guerra, alla perdita e ricerca di un’identità forse impossibile. E identità è una parola che ricorre spesso nei dialoghi dei personaggi, come una sfuggente utopia da afferrare, sia pure solo per un attimo.

Esseri umani, anime, genere: sono esseri umani i protagonisti di Quantica, che si rincorrono in storie parallele, sono esseri umani quei mercenari che si cercano, si amano, si uccidono con sofisticati software impiantati nel cervello? Sono esseri umani le personalità trapiantate, le carni innestate, sono uomini o donne le creature che si trasformano chirurgicamente, istallandosi peni e neovagine, ma sempre nella sensazione di incompletezza, di frazionamento – e ancora quella parola, identità, per la quale sono stati compiuti gli eccidi in Bosnia, in Kosovo, per la quale si è sempre pronti a morire?

Imperfezione: la stessa scrittura di Nardini non è sempre perfetta, non scorre sempre limpida; c’è qualche sbavatura, qualche dettaglio cruento troppo insistito, a volte il tecnicismo delle descrizioni disorienta, rischia di annoiare.

Ma è comunque un libro che si ricorda, che lascia il segno, un’irrequietezza indefinibile, come un formicolio.

Un varco su un futuro terribile e possibile, un presente che è il nostro presente: come possiamo sapere cosa c’è ai confini della ricerca genetica, del sezionamento della personalità, delle nanotecnologie, del virtuale, senza la lucida follia di un visionario?

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