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Giornalista oggi

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Il bravo giornalista è quello che spiega benissimo

cose che non sa.

Leo Longanesi

Un recente Decreto del Ministro della Giustizia[1] che disciplina il riconoscimento in Italia del titolo acquisito da un cittadino in altro Stato della Comunità Europea, anche per la professione di “giornalista”, mi fornisce l’occasione di illustrare l’iter di accesso a questa attività previsto ancora oggi dalla normativa italiana. Viene, infatti, confermato anche per i cittadini comunitari il meccanismo di abilitazione all’esercizio professionale[2] attraverso l’iscrizione all’Albo italiano dei giornalisti, appartenenza possibile solo dopo o il superamento di una prova attitudinale, o il compimento di un “tirocinio di adattamento” della durata massima di tre anni.

Questa è la più significativa (e certamente comprensibile) differenza tra l’aspirante giornalista italiano e il giornalista “comunitario”, che vuole esercitare nel nostro Paese. Il secondo (che è già giornalista, e deve essere in possesso di titolo equipollente a quello della laurea[3]), può, a sua scelta, tentare la via diretta dell’esame di abilitazione[4] o svolgere un tirocinio[5] per tre anni, mentre il primo è ancora vincolato alla “vecchia” legge n. 69 del 1963[6], ancora legata a principi che prevedono, da un lato, un particolare regime d’accesso e di svolgimento dell’attività giornalistica, dall’altro la configurazione strutturale dell’Ordine professionale, con l’attribuzione dei poteri di amministrazione attiva, contenziosa, etc., agli organismi in cui è articolato.

La disciplina sull’attività dei membri dell’organizzazione prevede:

a) l’obbligo di appartenenza all’Ordine per chi voglia assumere il titolo ed esercitare la professione;

b) la definizione dei diritti e dei doveri inerenti allo status di giornalista e la corrispondente previsione dei poteri disciplinari e delle sanzioni, quali l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio professionale e la radiazione dall’Albo;

c) la suddivisione dei giornalisti che svolgano l’attività in forma professionale in due categorie: quella dei “professionisti” e quella dei “pubblicisti”. La prima, composta da coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica; la seconda, da coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se contestualmente ad altre professioni o impieghi. A questa distinzione corrisponde la suddivisione dell’Albo in due elenchi;

d) la previsione e la disciplina della “pratica giornalistica”, il cui svolgimento, per almeno 18 mesi di tempo, è posto come condizione per l’accesso all’elenco dei “professionisti”, e la corrispondente istituzione di un apposito registro dei praticanti;

e) la previsione di una speciale prova di idoneità professionale;

f) l’istituzione di elenchi speciali per i giornalisti stranieri, e per i direttori di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico.

La disciplina “strutturale”, cioè l’autogoverno, si realizza invece attraverso l’articolazione dell’Ordine in due gradi di organi: il primo, costituito dai Consigli regionali o interregionali, eletti su base territoriale dagli iscritti; il secondo, costituito dal Consiglio nazionale dell’Ordine, formato da membri eletti in sede regionale, ed avente la peculiare funzione di decidere sui ricorsi proposti contro le deliberazioni dei Consigli regionali.

Come accennato poc’anzi la legge, in relazione alle diverse modalità di esercizio dell’attività giornalistica ed alle particolari caratteristiche soggettive degli operatori, distingue diverse categorie di soggetti:

a) i giornalisti “professionisti”;

b) i giornalisti “pubblicisti”;

c) i giornalisti di nazionalità straniera (per esclusione solo gli extracomunitari), per i quali è prescritta l’iscrizione in un elenco speciale annesso all’Albo (art. 28, legge 69/1963);

d) i direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico (esclusi quelli sportivi e cinematografici) che non esercitino attività di giornalista, soggetti all’iscrizione in un elenco speciale annesso all’Albo (art. 28, legge 69/1963);

e) i praticanti, per i quali è previsto un apposito registro con una particolare disciplina di iscrizione.

I “praticanti”, per la legge del 1963 sono coloro che intendono avviarsi alla professione giornalistica e che abbiano compiuto almeno 18 anni di età. La legge prevede che la pratica giornalistica debba svolgersi presso un quotidiano o presso un servizio giornalistico della radio o della televisione, o presso un’agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale con almeno quattro giornalisti professionisti redattori ordinari, ovvero presso un periodico a diffusione nazionale con almeno sei giornalisti professionisti redattori ordinari.

Dopo un periodo di 18 mesi i praticanti possono chiedere al direttore responsabile della pubblicazione, del servizio, ecc., il rilascio di una dichiarazione motivata sull’attività giornalistica svolta. I praticanti vengono iscritti nell’apposito registro, con una delibera del competente Consiglio dell’Ordine avente natura di atto di accertamento del loro status; riscontrata, infatti, la ricorrenza dei requisiti di legge, il provvedimento trasforma da potenziale in attuale il diritto (soggettivo) dell’aspirante alla qualifica ed allo status di praticante. L’iscrizione al Registro dei praticanti è limitata ad un periodo massimo di tre anni (art. 34, ult. comma).

Ai fini dell’iscrizione nel registro, è previsto il superamento di un esame di cultura generale diretto ad accertare l’attitudine all’esercizio della professione; sono esonerati, tuttavia, dalla prova, gli aspiranti in possesso del titolo di studio non inferiore alla licenza di scuola media superiore.

Al termine del tirocinio, con apposita domanda il praticante può chiedere di partecipare alla prova di idoneità professionale per ottenere l’iscrizione all’Albo, prova che si svolge ordinariamente ogni sei mesi.

Si rileva di primo acchito la differenza di “filosofia”, tra la verticistica e rigida legge italiana del 1963 (forse bisognosa di qualche riforma, come tutto l’assetto delle  professioni liberali?) e le più recenti norme di recepimento di Direttive europee, improntate a favorire la massima circolazione (e concorrenza) di professionisti, idee e cultura.

Il compito degli uomini di cultura
è più che mai oggi quello di seminare dubbi,
non di raccogliere certezze.
Di certezze sono piene, rigurgitanti, le cronache
della pseudo-cultura degli improvvisatori, dei dilettanti,
dei propagandisti interessati
Norberto Bobbio



[1] D.M 17 novembre 2006, n. 304 Regolamento di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319, in materia di misure compensative per l’esercizio della professione di giornalista professionista. (GU n. 7 del 10-1-2007)” in vigore dal 25/01/2007.

 

[2] Il Decreto legislativo n.319/1994 è intitolato “Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della  formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE”, e permette il riconoscimento in Italia dei titoli -rilasciati da un Paese membro della Comunità europea- attestanti una formazione professionale al cui possesso la legislazione del medesimo Stato subordina l’esercizio di una professione (in altre parole chi ha titolo per essere giornalista in Polonia può, con tale strumento legislativo, chiedere il riconoscimento anche in Italia).

 

[3] D.Lgs. 2 maggio 1994, n. 319

 Art 1. Riconoscimento dei titoli di formazione professionale acquisiti nella Comunità europea.

3. I titoli sono ammessi al riconoscimento se includono l’attestazione che il richiedente ha seguito con successo:

a) un ciclo di studi post-secondari… aver portato a termine il ciclo di studi secondari richiesto per accedere all’insegnamento universitario,

 

[4] DM 304/2006 Art. 2. Contenuto della prova attitudinale

 1. La prova attitudinale prevista dall’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo ha luogo, almeno due volte l’anno presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. L’esame, da svolgersi in lingua italiana, si articola nella prova scritta e nella prova orale…

3. La prova scritta, della durata massima di tre ore, consiste nella redazione di un articolo su argomenti di attualità scelti dal candidato tra quelli, in numero non inferiore a sei (interno, esteri, economia-sindacato, cronaca, sport, cultura-spettacolo) proposti dalla Commissione, nonchè sulla base dell’eventuale documentazione dalla stessa fornita. La misura di tale articolo deve essere di sessanta righe per 60 battute.

4. La prova orale verte sulle materie indicate nel decreto ministeriale di riconoscimento quali materie su cui svolgere la prova orale, oltre che su ordinamento e deontologia professionale.

Allegato A

ELENCO DELLE MATERIE

1) Diritti, doveri, etica e deontologia dell’informazione; 2) Elementi di storia del giornalismo e della comunicazione di massa; 3) Elementi di storia moderna e contemporanea; 4) Elementi di sociologia e psicologia dell’opinione pubblica; 5) Norme giuridiche attinenti all’informazione: elementi di diritto pubblico; norme civili, penali e amministrative concernenti la stampa; ordinamento giuridico della professione di giornalista; 6) Normativa comunitaria sull’informazione; 7) Teoria e tecniche dell’informazione giornalistica; 8) Metodi e strumenti di ricerca per il giornalismo; 9) Elementi di grafica della comunicazione giornalistica; 10) Elementi di informatica applicata al giornalismo; 11) Elementi di fotogiornalismo e di radiogiornalismo.

 

[5] DM 304/2006 Art. 7. Oggetto e svolgimento del tirocinio

1. Il  tirocinio di adattamento, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo,  ha  una durata massima di tre anni. Esso consiste nello svolgimento  di attivita’ giornalistica continuativa e retribuita per uno  o  piu’ organi di informazione, nazionali o locali, regolarmente registrati.

 2. Il direttore o i direttori degli organi di informazione, a conclusione del tirocinio di adattamento, predispone una relazione motivata contenente la valutazione, favorevole o sfavorevole, dell’attività’ complessivamente  svolte e ne rilascia  copia all’interessato.

 

[6] L. 3 febbraio 1963, n. 69 “Ordinamento della professione di giornalista (G U del 20-2-1963, n. 49)

 


Nell’immagine la copertina della rivista “Giornalisti”, organo del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, http://www.odg.it/

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