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Intervista con The Rootworkers

7 min read

“attack, blues, release”

Ep, cd e digitale. Autoproduzione. Uscita: 7 ottobre 2022.

L’essenza ciclica del blues nel torrido EP di debutto della band marchigiana.

“Attack, Blues, Release” è l’EP d’esordio dei The Rootworkers. Concepito tra febbraio e marzo 2021, il lavoro è composto da sei tracce che si ispirano, rimodellandone le strutture, ai più grezzi rock blues, soul e rock’n’roll, nonché alla psichedelia degli anni ’70. Un travolgente condensato di ritmiche swing e boogie accompagnate da suoni taglienti e acidi sorreggono una voce calda e distorta che declama testi tanto ispirati al quotidiano – dal lavoro al modo di vivere – quanto introspettivi ed onirici. Come nella musica, in cui l’attacco e il release disegnano l’inizio e la fine di un suono, secondo i The Rootworkers anche nei meandri della vita si trova un incessante ripetersi di cominciamenti e interruzioni, l’infinita ripetizione delle umane vicissitudini che lascia irrompere emozioni che animano i cuori, che vengono assorbite e che si affievoliscono fino a spegnersi. Da qui il titolo del lavoro, con il blues in mezzo, vero faro e baricentro, un continuo nascere e morire, come la scintilla primordiale che si espande sino ad accendere un grande fuoco, intorno al quale danza la vita, e dalle cui ceneri nasce nuovo terreno fertile.

The Rootworkers nascono nel 2019 a cavallo delle provincie di Macerata e Ancona, nei meandri di quelle campagne appignanesi dove stabiliscono la propria base operativa. Sin dai primi esperimenti in sala prove trovano affinità nello studio della musica nera, incentrando la loro ricerca sulla costruzione di suoni acidi, stridenti, intrisi di grooves che trascendono il blues classico. Un’indagine musicale ed estetica che riparte dalla traccia, dal frammento, riportando quell’atmosfera nebulosa e labirintica di un paesaggio sonoro in sospensione. La formazione è composta da Enrico Palazzesi al microfono e alle chitarre ritmica e slide, Lorenzo Cespi al basso, Andrea Ballante alla chitarra solista e Enrico Bordoni alla batteria e al piano. Ospite Enrico Ballante all’armonica. Nel 2021 partecipoano al contest Homeless Fest 15 classificandosi in prima posizione.

Tracklist e crediti

Work all day / Lonsesome boy / The woman / Love / To leave nobody / Dirty ceiling / Another night

Registrato, mixato e masterizzato a marzo 2022 da Manuekle Marani presso Homeless Factory, Montecassiano (MC).

Grafiche: Greta Papaveri aka Amapolas

Foto: Hevan

Contatti

FB https://www.facebook.com/rootworkers

IG https://www.instagram.com/the_rootworkers

YT https://www.youtube.com/channel/UCja2EhcmxWmlGFhVGGNQYvg

Peyote Press

www.peyote.zone

Intervista

Davide

Ciao. Vi siete formati nel 2019. Da quali precedenti esperienze musicali provenite e quali sono i vostri principali obiettivi ora come “Rootworkers”?

The Rootworkers

Ciao Davide. Prima del 2019 eravamo quattro persone comuni, un elettricista, un vivaista, un operaio e uno studente (e lo siamo ancora). Quando abbiamo iniziato a darci appuntamenti settimanali per giocare insieme con gli strumenti, abbiamo deciso di chiamare “Rootworkers” il nostro gioco. L’obiettivo principale è approfondire la ricerca che abbiamo iniziato sulla black music, scavare in essa, modificarne le forme e i contenuti, distruggerla e ricrearla all’infinito.

Davide

Come si può tradurre “Rootworkers” in italiano: operai delle radici? A quali radici attingete e come vi lavorate?

The Rootworkers

“Rootworkers” può essere tradotto come “lavoratori di radici” perché questo è quello che cerchiamo di fare, toccare con mano le fondamenta della musica afro-americana e capirne le dinamiche e gli sconvolgimenti, per sviluppare uno studio che indaghi i diversi modi di eseguire ed interpretare questo genere di musica.

Davide

Come è nato questo materiale d’esordio? Quali sono la sostanza e l’idea che fanno da collante all’intero lavoro?

The Rootworkers

I brani si sono sviluppati e concretizzati col tempo, più o meno in un anno. Ogni pezzo è stato un esperimento, un’indagine su come noi vediamo un certo tipo di musica e una scommessa su come saremmo riusciti a suonarla, facendola nostra. Infatti, abbiamo brani più rock’n’roll, altri più soul/blues e altri psichedelici, ma tutti hanno in comune una soluzione blues, con un approccio che vuole riprendere il classico per poi distruggerlo e farne altra cosa.

Davide

“Attack, Blues, Release”: perché la scelta di queste tre parole e perché la parola “blues” sta nel mezzo, cioè tra le parole attacco e rilascio?

The Rootworkers

“Attack, Blues, Release” vuole rappresentare una ciclicità, un’infinita ripetizione delle umane vicissitudini sempre dinamiche e in movimento; come nella musica, in cui l’attacco e il release disegnano l’inizio e la fine di un suono, così anche nei meandri della vita c’è un’incessante ripetersi di incominciamenti e fini. Le emozioni irrompono in noi, ci animano, vengono vissute, assorbite e si spengono. Il Blues è al centro perché è il fulcro del nostro lavoro, la via attraverso la quale parliamo, ridiamo, piangiamo e curiamo le nostre ferite.

Davide

Così ha affermato lo scrittore Lee Child: Dicono che per certi blues sulla nostalgia della vita nomade occorre aver vagabondato a lungo, ma non è vero. Per capire occorre essere stati rinchiusi da qualche parte. In una cella, in una prigione. O nell’esercito. Sembrebbe dunque dirci che il blues ha soprattutto bisogno di mancanze. Da quali mancanze o per riempire quali mancanze nasce il vostro “blues”?

The Rootworkers

Il musicista e compositore Wynton Marsalis scrive: Il blues ha più di un livello di significato. Le parole dicono una cosa, il modo in cui sono cantate ne dicono un’altra e invariabilmente la musica dice un’altra cosa ancora. Nonostante tutta la tristezza immanente in certi testi, la musica è sempre stimolante, possiede un groove che invita alla danza, e la danza conduce alla gioia. Ecco la chiave per comprendere il blues: il blues trasmette sia gioia che dolore.

Anche noi abbracciamo questa idea del blues, lo vediamo come un modo bilaterale di interpretare la vita , anche quella semplice e non necessariamente sofferta.

Davide

Avete scelto l’inglese, l’idioma sicuramente congeniale perché originario del blues e del rock?

The Rootworkers

Si, è la lingua che più si adatta al nostro sound, ma soprattutto perché fin dalla fase di stesura dei brani l’approccio con l’inglese resta per noi il più naturale e spontaneo.

Davide

Quali gli artisti o i gruppi musicali, anche se non di diretto riferimento, o un qualche disco in particolare, senza i quali non sarebbero mai esistiti i Rootworkers?

The Rootworkers

Siamo cresciuti con i bottleneck stridenti di Son House e Robert Johnson, i Led Zeppelin con la loro contaminazione inglese del blues, fino a Hendrix che con il suo “Are you experienced?” ci ha lasciato immaginare una musica fuori da ogni standard, senza confini né regole. Nel nuovo millennio altri importanti stimoli provengono dagli White Stripes, Gary Clark Jr, Black Keys…

Davide

22 minuti di musica. Vengo da un’epoca in cui l’extended play o il mini l.p. erano piuttosto rari e si preferiva il long playing. Oggi le cose si sono ribaltate e a volte persino un mini l.p. o un e.p. sono considerati troppo lunghi rispetto al singolo. La stessa accezione di singolo è cambiata, poiché una volta prevedeva il 45 giri e due brani, uno per lato. Oggi per singolo si intende proprio solo un brano. Perché dunque questa scelta, di non pubblicare cioè qualcosa di più lungo?

The Rootworkers

Nel 2021 siamo stati i vincitori della 15a edizione di “Homeless Rock Fest”, che prevedeva come premio la possibilità di registrare 6 tracce in studio. Il materiale fino ad allora accumulato era esattamente di quella portata, quindi non è stato difficile scegliere. Ci sembra comunque un ottimo compromesso per inizare, un Ep con 6 brani è abbastanza lungo per farsi un’idea sul nostro sound e abbastanza corto per riascoltarlo più di una volta.

Davide

Cosa rappresenta il disegno apparentemente astratto in copertina?

The Rootworkers

Il disegno della copertina del disco, come anche tutti i nostri flyer sono il risultato di una ricerca estetica che stiamo sviluppando grazie alla collaborazione con la nostra grafica e amica Greta Papaveri aka Amapolas. Sembrerebbero tutte tracce, residui, frammenti e segni che, come fossili, hanno un carattere quasi ancestrale e in modo velato portano con sé tutta la pesantezza e l’arcano delle più profonde radici umane.

Davide

Nazione, città, locale o evento, c’è un luogo nel mondo particolarmente importante per voi dove prima o poi vorreste suonare? E, per intanto, state preparando delle date per esibirvi e per venire ad ascoltarvi dal vivo?

The Rootworkers

Sicuramente auspichiamo ad uscire il più possibile dal contesto regionale, cercando di inserirci nei principali circuiti dei festival blues nazionali. Nel frattempo il 5 Novembre presenteremo il nostro Ep al Dong Music Club di Macerata e, a questa, seguiranno altre date che stiamo preparando, nelle quali sarà possibile acquistare gli Ep fisici ed ascoltare nuovi brani.

Davide

Cosa seguirà?

The Rootworkers

Non conosciamo il nostro destino. Stiamo lavorando a nuovo materiale, lasciandoci influenzare da nuove contaminazioni, approcci, strumenti. L’obiettivo principale è espandere la nostra visione della musica in un’ottica più circolare possibile.

Per noi è stato un piacere.

A presto, Rootworkers.

Davide

Grazie e à suivre…

 

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