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La banda degli uomini – Flavio Villani

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Neri Pozza Editore
Narrativa
Pagg. 256
ISBN 9788854522329 
Prezzo Euro 18,00

Il grigiore di una metropoli sotto la dittatura

E tre! Si perché questo è il terzo romanzo di Flavio Villani che ho avuto il piacere di leggere e a differenza degli altri, di genere giallo, con protagonista  il commissario Cavallo, La banda degli uomini è un noir, anche se c’è un’indagine investigativa, se pur a livello familiare. Accenno brevemente alla trama, costituita in buona sostanza da due storie che finiscono con l’incontrarsi: la ricerca, da parte dei figli, dei colpevoli dell’assassinio del padre e il furto, su commissione, di un quadro di grande valore. Si comincia con la descrizione di una Milano operaia di anteguerra (l’anno è il 1938) con un ex sindacalista che fa lo stradino, ma è dedito al bere in un modo esagerato, alcool che non assumerà più nella speranza di sopravvivere a una tubercolosi diagnosticata; e quasi ci riesce, ma una sera torna casa alla sua famiglia gravemente ferito, lui dice di essere caduto, di non chiamare il medico, ma quando questo arriva con notevole ritardo per la necessità che ha avuto di assistere un malato grave, il povero Carlin – così si chiama l’ex alcolizzato – è già morto. Poiché l’autopsia svelerà che è stato vittima di un pestaggio, i figli si mettono in cerca del colpevole, certi che la polizia non intraprenderà indagini per la morte di un poveraccio. L’ambientazione, l’atmosfera di una città oppressa dalla dittatura fascista è sicuramente apprezzabile e richiama alla memoria certe pellicole fotografiche noir di produzione francese. La vicenda del furto del quadro, che vede come protagonista un fascista della prima ora emarginato dal partito per aver alzato le mani su un superiore, è più convenzionale, ma acquista originalità nel momento in cui questa trama incrocia quella dei figli che vogliono vendicare il padre. I personaggi anche in questo caso, tranne per le figure dei capoccioni, sono di basso livello, uomini con poco cervello e solo forza bruta, insomma la manovalanza di un partito dittatoriale. Con l’incontro delle due trame le vicende si fondono ed è un bene perché i colpi di scena si susseguono, con quello finale del tutto inaspettato che francamente mi ha sorpreso, perché una fine vera e propria non c’è; infatti,  l’ultimo evento è l’omicidio di uno dei protagonisti durante la festa di Carnevale, mentre il resto è lasciato all’intuito del lettore, come il destino dei ragazzi, cioè dei figli di Carlin, unitisi con altri giovani emarginati a formare così una banda, e altrettanto sconosciuta è l’esito dell’indagine per la morte di Carlin stesso. Questa peculiarità mi ha lasciato perplesso, al punto che mi è anche sorto il dubbio che Villani voglia dare un seguito a questo romanzo, che ho apprezzato soprattutto per i paesaggi metropolitani di case decrepite fronteggiate da palazzi signorili, per il grigiore diffuso e il senso di oppressione che solo una dittatura può diffondere.

Comunque, la vicenda, al di là della strana conclusione, è senz’altro piacevole da leggere e finisce con l’avvincere, desiderosi di arrivare a una fine che, senza essere deludente, ha invece il pregio di un’opera eccellente, anche se  incompiuta.


Flavio Villani è nato a Milano nel 1962. Neurologo, ha lavorato negli Stati Uniti come ricercatore nel settore della neurofisiologia. Come scrittore ha esordito con L’ordine di Babele (Laurana, 2013), seguito dal poliziesco Il nome del padre (Neri Pozza, 2017), con protagonista il vice ispettore Cavallo. Nel 2018 Villani ha pubblicato un secondo romanzo giallo, dal titolo Nel peggiore dei modi (Neri Pozza).

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