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“Irreperibile”… (ex art.143 c.p.c.)

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Se una persona ha perduto il contatto con se stessa
non potrà più trovare il contatto con gli altri.
Charles Augustus Lindbergh

E’ molto diffusa tra i cittadini, o persone comunque residenti nel nostro Paese, la convinzione per cui chi non vuol ricevere una multa, una cartella di pagamento, un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate o l’atto giudiziario per il recupero di un credito, dovrà solo evitare di ricevere la notifica formale[1] dell’atto rendendosi, concretamente, “non rinvenibile” al proprio indirizzo di abitazione.

Nella pratica notificatoria quotidiana si assiste frequentemente a diverse forme di “tentativi di scomparire”: il “potenziale” destinatario può limitarsi a togliere il proprio nome dal citofono, o, in modo più radicale, a rimuovere la cassetta delle lettere dall’ingresso di casa; alcuni arrivano a dichiarare la propria residenza anagrafica in un indirizzo del territorio del Comune ove in realtà non vivono (spesso in luoghi evidentemente non abitabili, come ruderi o edifici industriali), contando anche sulle difficoltà che, a volte, incontrano i servizi comunali dello stato civile nell’effettuare le verifiche circa l’effettiva presenza del destinatario[2].

In altri casi, sempre più frequenti, le persone si allontanano semplicemente dalla propria abitazione/residenza senza curarsi di “aggiornare” l’anagrafe, trasferendosi in altro Comune, o Regione, o Nazione (si pensi ai numerosi cittadini stranieri che, senza vincoli di lavoro o rapporti sociali né scrupoli di ordine burocratico-amministrativo, rientrano nei propri Paesi d’origine, lasciando spesso tutti i propri beni od oggetti lì dove li hanno acquistati), senza lasciare informazioni sulla loro nuova collocazione.

Vi sono, poi, casi di persone cancellate dai registri anagrafici per “irreperibilità” (di fatto una “scomparsa” nell’ambito del territorio comunale), e contestuale mancata iscrizione per “emigrazione” nei registri di un altro Comune: per questi soggetti esiste già, quindi, una formale certificazione di “irreperibilità assoluta”.

In tutti questi casi l’ordinamento giuridico civile non può ammettere che persone, titolari di posizioni giuridiche e rapporti obbligazionari, non possano essere destinatarie di atti giuridicamente rilevanti, per i quali è prevista la “notificazione”, solo perché si sono rese irreperibili, o intenzionalmente (per sottrarsi alle proprie responsabilità), o per cause di forza maggiore o anche solo per colpa (noncuranza, disinteresse al rispetto delle norme, ecc.).

Ripetendo dall’inizio questo termine “irreperibilità” ci vogliamo riferire ad una forma di assenza dal proprio recapito “assoluta”, assenza che giustifica l’attivazione della procedura di notificazione prevista dall’art. 143 Codice Procedura Civile, intitolato “Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti[3]”.

Tale rubrica della norma si riferisce, per così dire, al “risultato finale” delle ricerche del destinatario, che innanzitutto risulta “irreperibile al momento” dell’accesso dell’Ufficiale Giudiziario, ma che, in realtà, è permanentemente assente da quell’indirizzo. La circostanza che il Legislatore del Codice non impieghi il termine “irreperibilità assoluta” per l’ipotesi di notifica che stiamo esaminando, ha ingenerato, e continua ad ingenerare, tra i professionisti legali che ignorano i diversi presupposti delle due forme di notifica, una certa confusione con la forma prevista dall’art. 140 c.p.c., “famigerato” articolo relativo alla procedura di notifica prevista in caso di “momentanea assenza” (irreperibilità relativa) del destinatario dalla propria abitazione[4].

L’art.143 recita: “Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto nell’articolo 77, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario.

Se non sono noti né il luogo della ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale giudiziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero”.

La residenza, termine generale, indica il luogo in cui un soggetto (persona fisica) fissa la sua dimora abituale. Essa implica una situazione di fatto in cui la persona è effettivamente ed abitualmente presente in un certo luogo[5]. La residenza “anagrafica” è la residenza che si acquista con l’iscrizione nell’anagrafe di un comune, e rappresenta il principale parametro utilizzato dalle parti notificanti per individuare il luogo di “abituale” presenza del destinatario; in realtà il “certificato di residenza” riveste “…un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le attese risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale…[6]”.

Per dimora si intende il luogo nel quale una persona abita e svolge in maniera continuativa la propria vita personale. Quindi, non viene considerato dimora il luogo in un cui una persona si ferma solo per un breve periodo di tempo, come in una camera d’albergo[7].

Il domicilio, invece, indica quel luogo in cui un soggetto stabilisce la “sede principale dei propri affari o interessi”. Al contrario della residenza, è una situazione di diritto, perché non è necessaria la dimora continuativa della persona (art. 43 c.c.)[8]. Il domicilio generale, unico per ciascun soggetto, può essere volontario, se viene scelto liberamente dal soggetto, ovvero legale, quando espressamente imposto dalla legge (si pensi al minore che si considera domiciliato presso i genitori). Secondo l’insegnamento classico consta di due elementi: quello oggettivo, in riferimento ai rapporti economici, morali, sociali e familiari; quello soggettivo, derivante dall’intenzione del soggetto stesso di fissare, in un determinato luogo, il centro dei propri affari o interessi[9].

Dunque, i presupposti affinché la parte che intende notificare un atto a persona “irreperibile” (di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), possa chiedere all’Ufficiale Giudiziario il procedimento di cui all’art.143 c.p.c. sono:

  • una “relazione di notificazione” negativa dell’Ufficiale Giudiziario che affermi, dopo un primo accesso, di non aver trovato il destinatario e di averlo cercato all’indirizzo, interrogando più di un vicino, l’eventuale portiere ecc. senza esito e informazioni;
  • la dimostrazione della stessa parte notificante che, nonostante l’impiego della normale diligenza[10] e le informazioni raccolte in rapporto al caso concreto, non sia riuscito ad individuare il luogo di nuova residenza, dimora e domicilio del destinatario[11].

L’art.143 conclude al III comma: “Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi dell’articolo precedente (casi particolari di notifica all’estero n.d.A.), la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.

Il termine di venti giorni, indicato nella norma, non rileva ai fini del perfezionamento della notifica, che avviene al momento del deposito in Municipio, ma indica solo l’inefficacia temporanea della stessa notifica per il destinatario dell’atto, che, pur essendosi reso irreperibile, sa di avere a disposizione, per legge, venti giorni per ritirare l’atto ed eventualmente difendersi.

La notificazione col rito degli “irreperibili assoluti” ex art.143 c.p.c., la forma più virtuale e meno effettiva di notificazione risolvendosi nel solo deposito dell’atto presso l’ufficio protocollo del Comune di ultima residenza conosciuta del destinatario senza altra formalità, si configura come una sorta di “norma generale di chiusura” in tema di notificazioni civili[12]. Quando, cioè, non è possibile completare positivamente nessun procedimento notificatorio (“diretto a mani proprie” ex art.138 cpc, “ai famigliari” ex art.139 cpc, “presso il domiciliatario” ex art.141 cpc, “a mezzo posta” ex art.149 cpc), quando non è possibile superare, con la normale diligenza, l’ignoranza del luogo in cui può essere effettuata la notifica, allora, e solo allora, si può ricorrere all’applicazione dell’art.143 c.p.c.

Una logica spesso sconosciuta a numerosi avvocati, professionisti legali anche di grande esperienza, che si ostinano a chiedere, contemporaneamente a una determinata forma di notifica, anche il deposito ex art.143.

Vuoi che parlino bene di te? Fai il morto.
Proverbio cinese

[1] La funzione propria della “notificazione” (dal latino “notum facere” rendere noto) è quella di portare un atto a conoscenza del destinatario al fine di permettere l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio di difesa, e ciò può avvenire sia sostanzialmente, con la consegna diretta del documento al destinatario, o anche solo formalmente con la messa a disposizione dell’atto presso un ufficio pubblico, dove potrà avvenire il ritiro, “certificato” da un pubblico dipendente.

[2] Gli accertamenti relativi alla residenza sono esperiti dall’Ufficiale di anagrafe (delegato dal Sindaco, in quanto Ufficiale di Governo), il quale deve provvedere alla regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente.
Cfr. Legge n. 1228 del 24 dicembre 1954, recante «Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente»; D.P.R. n. 223 del 30 maggio 1989, recante «Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente».
Ad ogni richiesta di elezione o cambio di residenza vengono disposti dei controlli per verificare se chi ha chiesto il cambio vive davvero presso l’indirizzo indicato oppure si tratti solo di una residenza “di comodo”: l’Ufficiale d’anagrafe delega la Polizia Municipale che deve svolgere i controlli entro 45 giorni dalla richiesta. La Polizia Municipale si recherà materialmente presso l’indirizzo dichiarato dal soggetto per verificarne la presenza. Nel caso in cui la Polizia Municipale non trovi per più volte nessuno nell’abitazione indicata come nuova residenza o accerti comunque la sussistenza di anomalie, lo comunicherà alle autorità di Pubblica Sicurezza (fonte “Laleggepertutti” “Chi accerta la residenza” di Annamaria Zarrelli 22 Agosto 2017).

[3] Codice di procedura civile – LIBRO PRIMO – Disposizioni generali – Titolo VI – Degli atti processuali – Capo I – Delle forme degli atti e dei provvedimenti – Sezione IV – Delle comunicazioni e delle notificazioni.

[4] Articolo 140 Codice di procedura civile (R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443): Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia

[5] La residenza si può scegliere liberamente, ma il trasferimento va denunciato nelle modalità previste dalla lege, affinché possa essere opposto ai terzi di buona fede.

[6] Corte Suprema di Cassazione, Sez.III Civ. n.11550 del 14/05/2013.

[7] Al contrario, il luogo in cui il soggetto soggiorna in maniera continuativa, eventualmente in base ad un titolo di una certa durata, come un contratto di locazione, rileva come dimora.

[8] Codice Civile – LIBRO PRIMO – Delle persone e della famiglia – Titolo III – Del domicilio e della residenza

Art.43: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale

[9] Spesso capita (es. professionisti/lavoratori autonomi), che come domicilio venga scelto lo studio professionale o laboratorio/officina, mantenendo la residenza presso la casa familiare.

[10] E’ di prassi, per dimostrare la diligenza della parte, allegare all’atto la cartolina con cui l’Agente postale dichiara l’assoluta irreperibilità del destinatario dopo un primo tentativo di notifica per mezzo del servizio postale, così come allegare un aggiornato certificato di residenza anagrafica che dimostri il mantenimento della residenza (ultima conosciuta), all’indirizzo in cui è stata verificata l’assenza dello stesso destinatario.

[11] Cfr. “Il Pignoramento nel Processo Esecutivo” di Arcangelo D’Aurora, Edizioni Simone Napoli, 2017, pp. 76-77.

[12] Le norme di chiusura sono quelle disposizioni che servono, per l’appunto, a chiudere un sistema o a dare gli strumenti per evitare le antinomie ed i vuoti normativi.

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