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Il cittadino e le libertà: la libertà di circolazione

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Nulla fu mai, per l’uomo e per la società,
più intollerabile della libertà.
Fëdor Dostoevskji

Il diritto “relativo[1]” alla libertà di circolazione (e soggiorno) è sancito dall’art.16 della Costituzione italiana che afferma:

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge”

La disciplina costituzionale di questo diritto fondamentale, ed inviolabile, è situata nella Parte I “Diritti e doveri dei cittadini”, TITOLO I “Rapporti civili”, e si pone come necessario logico presupposto all’esercizio di altre “libertà costituzionali” come la libertà di riunione, associazione, libertà di fede religiosa, oltre che all’esercizio di altri diritti riconosciuti e tutelati (es. diritto al lavoro – art.35, diritto alla iniziativa economica privata – art. 41, diritto al godimento della proprietà privata – art.42).

“Circolare” e “soggiornare” sono termini che si riferiscono alla possibilità spostarsi ovunque all’interno del territorio nazionale[2], di uscirne e rientrarvi, di scegliere e modificare il luogo in cui risiedere. La norma si rivolge, innanzitutto, al “cittadino” come per altre libertà previste dalla Costituzione[3], ma di fatto si estende anche agli stranieri e agli apolidi presenti sul territorio nazionale, salve le limitazioni imposte dalle leggi ordinarie sul loro trattamento e permanenza in Italia. Ugualmente il diritto di circolazione è pieno per i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea, una volta entrati nel territorio dello Stato[4].

La norma, ovviamente, rende possibili limitazioni alla libertà di “movimento” e circolazione per motivi di “sanità” e di “sicurezza sul presupposto di una “previsione generale” della legge (si fa ad esempio l’ipotesi delle “epidemie”): e questo per garantire un trattamento uniforme dei cittadini su tutto il territorio nazionale, e dunque evitare che, in materia di “libertà di circolazione”, un cittadino piemontese possa essere trattato diversamente da un cittadino calabrese, seppur in presenza di condizioni concrete diverse nelle singole Regioni del paese. Il Costituente ha voluto, soprattutto, garantire il sistema legislativo da intromissioni dell’autorità governativa dettate da motivazioni pretestuose o volontà prevaricatorie, da cui lo stesso Parlamento avrebbe potuto essere condizionato. In altri termini la “legge generale” di cui si occupa l’art.16 Cost. è una legge che deve contenere principi, anche se fosse un Decreto Legge emanato “in casi straordinari di necessità e urgenza” dal Governo ai sensi dell’art.77 della Costituzione, atto, cioè, avente “valore di legge”, e sottoposto all’esame, modifica e approvazione delle Camere entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. Di conseguenza, questa precisa ipotesi di “riserva di legge statale” non può configurarsi come “assoluta” bensì solo “relativa”, dato che a fronte di una estrema varietà e complessità di situazioni da regolare quando si va ad incidere sulla libertà di circolazione, sarà necessaria una dettagliata attività regolamentare da parte dell’Autorità Amministrativa, principalmente il Governo centrale[5]. Oppure si pensi ai provvedimenti emessi dalle Regioni che limitano parzialmente la circolazione degli autoveicoli nei centri abitati per motivi di sicurezza sanitaria, qualora si verifichi lo sforamento delle soglie di inquinamento atmosferico fissate da norme di legge ordinaria, sempre di derivazione comunitaria.

Si aggiunga, a scanso di equivoci sulla potestà normativa degli enti locali regionali, che l’art. 120 Cost., I comma, stabilisce che “La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale[6]”.

È da sottolineare che nessuna restrizione alla circolazione può essere determinata da ragioni politiche. Naturalmente può sempre accadere che ragioni di carattere tecnico nascondano motivazioni di carattere politico: è accaduto abbastanza di frequente che l’imposizione di un limite, motivata formalmente da ragioni obiettive di sicurezza, sia stata utilizzata in realtà per creare ostacoli al movimento delle persone per finalità ideologiche o politiche[7]. Oggi ciò accade assai di rado, a differenza che in passato. Molto dipende, pure in questo settore, dalla consapevolezza e dal grado di maturazione della società. In ogni caso la norma è netta: non è possibile limitare il movimento delle persone, sia singole che in gruppo, per ragioni politiche (o ideologiche)[8].

Infine, per esemplificare la “ratio” della disciplina costituzionale della libertà di circolazione, si immagini che la prima istintiva, e “grossolana” in epoca odierna, reazione del Governo al diffondersi di una malattia epidemica, sia il blocco totale e forzato di ogni attività umana, eccettuato quelle minime vitali, mediante norme di limitazione della libertà di movimento delle persone dal proprio domicilio.

A parere di chi scrive, una lettura “costituzionalmente” orientata di questi provvedimenti, di natura necessariamente legislativa (quindi sottoposti al controllo del Parlamento come detto), dovrebbe portare alla loro “massima limitazione” nel tempo, e solo qualora non fossero ancora possibili altre forme di contenimento o cura della malattia.

La moderna scienza medica, e tecnologie ad essa applicate, offre diversi strumenti per isolare una malattia infettiva, certamente alternativi a ciò che si faceva usualmente nei secoli scorsi in questi casi: la brusca paralisi di ogni attività sociale per un tempo indefinito, in attesa dell’estinzione “naturale” del morbo.

L’incapacità del decisore politico di organizzare rapidamente strutture, personale, mezzi finanziari, o meglio una “strategia coerente” per fronteggiare una pandemia, non può essere la giustificazione di fatto di provvedimenti tanto estremi quanto socialmente ed economicamente devastanti per tutto il sistema civile.

L’uso, più o meno generalizzato, di dispositivi di protezione, l’uso di mezzi diagnostici e di tracciamento personale adeguati, il rafforzamento dei presidi di medicina territoriale (vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale), l’applicazione del trattamento precoce dopo il riconoscimento dei primi sintomi, rappresentano metodologie cliniche, certamente complesse da attuare da parte delle autorità pubbliche, ma assolutamente idonee a fermare il decorso di una infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere, una epidemia[9].

Si è obiettato subito “prima la salute!”, nobile ideale di fronte al quale sarebbe ammissibile anche il sacrificio della “libertà di movimento”. In realtà, anche la posizione “sistematica” dei principi costituzionali, nel complesso del testo della Carta, indica una sorta di “classifica” di importanza stabilita dal Costituente, e allora ci si chiede se significa qualcosa che la libertà di circolazione sia riconosciuta e tutelata all’art.16 (tra i “rapporti civili”) e occorra invece scendere fino all’art.32 per rilevare il, pure fondamentale, diritto alla salute (tra i “rapporti etico-sociali).

A ben vedere la “filosofia” del Costituente sembra aver impedito che “la strenua difesa del particulare” (il benessere e la stessa salute del singolo individuo) possa prevalere davanti alla garanzia della libertà di circolazione, prevista a poca distanza dalla “inviolabile” libertà personale di cui all’art.13 Cost.[10]; quasi che un giorno l’italiano medio potesse mai rinunciare facilmente a difendere la propria libertà personale (di circolazione), per difendere un suo egoistico tornaconto, cioè la salute, nemmeno la vita[11].

Ma poi l’affermazione “prima la salute” garantirebbe veramente la salute? Si immagini che, per difendere il servizio ospedaliero nazionale, invece di dar fondo alle risorse materiali e umane, si scegliesse la “quarantena nazionale”, isolando un intero popolo non da una malattia infettiva ma da sé stesso e dalla sua vita pratica (e morale), la salute della popolazione sarebbe minacciata in parte dall’epidemia, in parte dalle altre patologie normalmente presenti, e più difficilmente curabili in una situazione di “sospensione della libertà di circolazione”, in parte dalla depressione, per il fallimento di aziende, famiglie, commerci che avrebbero dato, in ogni caso, il loro contributo all’isolamento del contagio, se avessero potuto continuare a fare il loro dovere.

Luigi Sturzo scriveva in un suo libro “Amo la libertà più della ricchezza, amo la libertà più dei piaceri, amo la libertà più del potere, amo la libertà più della vita[12]”.

Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza,
non merita né libertà né sicurezza.
Benjamin Franklin

[1] I diritti soggettivi si dividono tradizionalmente in diritti assoluti (es. diritto alla vita, di proprietà, riservatezza, integrità fisica) e diritti relativi. In presenza di un diritto relativo come la libertà di circolazione il titolare può far valere ab origine la propria pretesa, che è costituita da un dovere di fare (es. assicurare l’uso dei mezzi pubblici di trasporto) o non fare (non impedire con l’uso della forza la libera circolazione dei cittadini), soltanto nei confronti di uno o più soggetti determinato o determinabile (lo Stato e le sue articolazioni territoriali).
Nei diritti relativi è sempre postulata la esistenza di un rapporto giuridico (es. la cittadinanza o la semplice “presenza giustificata” o meno, sul territorio dello Stato per gli stranieri), poiché la relazione tra il titolare del diritto ed il bene giuridico non è immediata e diretta come nel caso dei diritti assoluti, ma richiede sempre una cooperazione della controparte del rapporto e soltanto nei confronti di tale soggetto il titolare di un diritto relativo può pretendere l’osservanza del comportamento imposto dal rapporto.

[2] Territorio dello Stato (o della Repubblica): è il tipico elemento spaziale, che deve sussistere (unitamente al popolo ed alla sovranità) per la composizione dello Stato (cd. territorio nazionale). Entro i suoi limiti (costituiti dalla terra, dallo spazio aereo sovrastante ed il sottosuolo) lo Stato ha potestà d’imperio sui cittadini.

[3] Cfr. Kultunderground n.8-MAGGIO 1995: “Il cittadino e le libertà: La libertà di Riunione e la libertà di Associazione”.

[4] Cfr. Kultunderground n.126-GENNAIO 2006: “Schengen e CPT”.

[5] Cfr. “Interpretazione Costituzionale” Giorgio Berti, CEDAM, Padova, 1990, seconda edizione pp.430 ss.

[6] PARTE II-ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA
TITOLO V – LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI
Art.120, II comma:
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, … nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”.

[7] Il coprifuoco è un ordine imposto solitamente dalle autorità civili e/o militari a tutti i cittadini che consiste nell’obbligo di restare nelle proprie abitazioni durante le ore notturne. La misura è stata utilizzata, anche recentemente in Europa (es. a Raincy, sobborgo di Parigi, novembre 2005), al sorgere di problemi di ordine pubblico tali da rendere difficile, da parte delle autorità, il controllo e la protezione di determinate località, o quando la popolazione civile corre il rischio di essere danneggiata da azioni di terrorismo/disordini collettivi, ingenerati da rivendicazioni politiche.

[8] Cfr. Berti, op. cit., pag.432.

[9] Cfr. “100.000 medici lanciano un appello alle massime autorità sanitarie nazionali per il superamento dell’epidemia”, in “pressenza-international press agency” https://www.pressenza.com/it, 17/04/2020.

[10] PARTE I-DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I – RAPPORTI CIVILI
Art. 13.
“La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge…”

[11] Cfr. “La codardia autoritaria che nega la liberta” di Giancristiano Desiderio, su www.nicolaporro.it, 11 aprile 2020.

[12] “La libertà in Italia” Piero Gobetti editore, Torino 1925.

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