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Olografo…

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L’essere di ciò che siamo è innanzitutto eredità.
Jacques Derrida

L’etimologia dell’aggettivo, dal greco olografos, composto da “olo”- (cioè “tutto”) e da “grafo” (ossia “scrivo”), lo riferisce, quasi esclusivamente nell’ambito del diritto, alla forma più semplice, immediata e massimamente libera di “testamento”, che è l’atto con cui l’ordinamento giuridico attribuisce ad un soggetto (testatore), e solo ad esso, il potere disporre unilateralmente di tutte le proprie sostanze (o di parte di esse), per il tempo in cui avrà cessato di vivere[1]. Infatti, il testamento, nelle sue diverse forme, é l’unico atto che permette di disporre dei propri rapporti, patrimoniali e non, in conseguenza della morte (mortis causa)[2], in altri termini di “pilotare” dopo la morte la propria successione, fenomeno giuridico generale che contempla il passaggio di diritti e rapporti giuridici da un soggetto ad un altro[3].

Questa forma di testamento ha origini piuttosto antiche: il primo riferimento risale ad una Novella del Codice Teodosiano del 446 d.C[4]. Questa norma, emanata dagli imperatori Teodosio II e Valentiniano III, riconosceva la facoltà di manifestare le ultime volontà e di disporre delle proprie sostanze servendosi di una scrittura olografa e senza la necessità che fossero presenti dei testimoni[5]. Nel Medioevo non ebbe molto utilizzo, a causa dell’analfabetismo dilagante che ne impedì la diffusione; dopo il periodo del “diritto comune” e l’affermarsi della codificazione, il Codice napoleonico ammise la validità del testamento olografo disponendo all’art. 970 che “ha validità se è scritto per intero, datato e sottoscritto dalla mano del testatore; né è assoggettato ad altra forma[6]”.

In Italia, negli Stati sabaudi in particolare, la forma del testamento olografo non venne inizialmente ammessa, con la motivazione che questo tipo di atto fosse facilmente manipolabile, e soprattutto, a causa del grande contenzioso giudiziario che questi atti tendevano a provocare.

Al momento dell’unità d’Italia, di fronte alla necessità di redigere un nuovo Codice Civile unitario, dopo accesi dibattiti dottrinali fra giuristi, si affermò una fattispecie che prescriveva il deposito dell’atto nelle mani di un pubblico ufficiale, e ciò al fine di evitare possibili soppressioni e falsificazioni. L’art. 775 del Codice Civile del 1865 così dettava: “Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto dal testatore. La data del testamento deve indicare il giorno, il mese e l’anno. La sottoscrizione deve essere posta in fine della disposizione[7].

Da quel periodo il testamento olografo divenne, nell’Italia unita, la forma più tipica del testare. Questo grazie alla assoluta segretezza dell’atto, alla mancanza di ritualità ed alla possibilità, per il testatore, di non separarsene fino al termine dei suoi giorni, potendo apportare, fino all’ultimo, modifiche ed aggiunte, o anche distruggerlo o cancellarlo.

Di conseguenza il contenuto di quell’articolo venne integralmente riprodotto nell’art. 602 del Codice Civile attualmente vigente[8]:

“Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.

La data deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento”.

Per riassumere, i requisiti formali del testamento olografo sono tre: l’autografia, la data e la sottoscrizione.

Innanzitutto, come affermato dalla dottrina giuridica “qualsiasi segno grafico intellegibile” (impresso su qualsiasi supporto: carta, tela, pergamena, pietra), tale da poter essere univocamente interpretato come manifestazione della volontà dell’autore costituisce “scrittura”[9]. Ciò ha indotto a ritenere valido anche il testamento redatto, con sistema Braille, da persona cieca, o composto da espressioni desuete o dialettali.

Il requisito legale della “olografia” (scrittura esclusiva da parte del testatore), viene interpretato rigidamente dalla Corte di Cassazione che in una propria sentenza afferma: “Qualora il “de cuius” per redigere il testamento olografo abbia fatto ricorso all’aiuto materiale di altra persona che ne abbia sostenuto e guidato la mano nel compimento di tale operazione, tale circostanza è sufficiente ad escludere il requisito dell’autografia, a nulla rilevando l’eventuale corrispondenza del contenuto della scheda testamentaria alla reale volontà del testatore.[10]

La data può essere inserita all’inizio o alla fine dell’atto; essa è costituita dall’indicazione del giorno, del mese e dell’anno in cui il testamento è stato steso[11]. La sua presenza persegue finalità distinte e rilevanti: prima di tutto “serve ad accertare la capacità del testatore”, permettendo di stabilire se in quel determinato momento egli fosse concretamente capace di intendere e volere; inoltre, permette di verificare, nel caso in cui vi siano due o più testamenti successivi della stessa persona, quale sia stato redatto per ultimo nel caso in cui tale atto revochi le disposizioni incompatibili contenute nei testamenti anteriori[12]. La mancanza della data (o la sua incompletezza) provoca l’annullabilità dell’atto anche se si ammette che possa essere integrata con elementi presenti all’interno dalla “scheda testamentaria”[13]. Il luogo di redazione, invece, non costituisce un requisito di validità del testamento olografo.

Quanto all’ultimo elemento formale dell’olografo, la firma del testatore attribuisce la paternità delle disposizioni testamentarie alla persona del testatore. Per questo motivo la firma deve essere apposta alla fine delle disposizioni testamentarie, e non deve precederle. Di fatto, essa chiude e suggella il testamento. Ai sensi dell’art. 606 co.1 Cod. Civ., la sua assenza determina la nullità del testamento olografo[14]. La sottoscrizione di solito comprende nome e cognome ma può essere costituita da qualsiasi indicazione (pseudonimo o vezzeggiativo/diminutivo) che designi con certezza il testatore; in virtù del favor testamenti e per giurisprudenza consolidata si considera valido l’atto la cui sottoscrizione, quando sia mancato spazio nella pagina, non sia stata apposta in calce ad esso ma sia stata vergata sul retro del foglio o, addirittura, sulla busta che lo contiene[15].

Chi redige un testamento olografo non è tenuto a comunicare a nessuno di averlo fatto e può conservarlo, a propria cura, dove ritiene opportuno (per esempio può portarlo in una cassetta di sicurezza in banca, nasconderlo in casa o depositarlo presso un notaio). Tuttavia, dal momento che il testamento può essere facilmente sottratto o smarrito, per essere sicuri che le proprie ultime volontà arrivino ai destinatari, molti testatori preferiscono affidare la scheda ad una persona di fiducia o meglio depositare il proprio testamento presso un notaio (che ne curerà, altresì, la pubblicazione dopo la morte)[16]. In ogni caso, dopo la morte del testatore chiunque abbia il possesso di un testamento olografo è tenuto a presentarlo ad un notaio per la pubblicazione[17].

Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione (art.620 c.c. V comma)[18].

Il notaio, ricevuta notizia della morte del testatore, dopo aver proceduto alla pubblicazione del testamento olografo, informa dell’esistenza dello stesso gli eredi e i legatari di cui conosce il domicilio o la residenza.

Secondo la dottrina prevalente, la “pubblicazione del testamento non coincide con la sua delazione” (assegnazione dei beni ereditari), essendo possibile dare spontaneamente esecuzione ad un testamento olografo noto, anche se esso non sia stato depositato presso un notaio e non sia stato pubblicato[19].

Quanto al contenuto del testamento, esso deve, essenzialmente, indicare quali quote del patrimonio, ovvero quali beni determinati, sono destinati a quali persone.

Nel caso in cui il testatore non abbia rispettato le quote riservate dalla legge ai cosiddetti legittimari (coniuge, figli ed ascendenti, nel caso in cui non vi siano figli, artt.536 c.c. e seguenti[20]), questi, o i loro eredi o aventi causa, possono chiedere giudizialmente la “reintegrazione della propria quota”, oppure possono anche rinunciare all’azione, rispettando la volontà del testatore.

Nel caso in cui non vi siano legittimari, il testatore può decidere in assoluta libertà a chi assegnare l’intero suo patrimonio.

Non puoi dire di conoscere un uomo
finché non hai diviso un’eredità con lui.

Johann Caspar Lavater

  1. Art.587 Codice civile-LIBRO SECONDO-Delle successioni-Titolo III-Delle successioni testamentarie art.587-712.

  2. La legge considera, infatti, nulle le disposizioni mortis causa contenute in un semplice contratto o nei c.d. patti successori (art.458 c.c.). Risulta anche vietato il testamento congiuntivo che si ha nel caso in cui due persone redigano un unico testamento che disponga delle sostanze di entrambi a vantaggio di un terzo, e il testamento reciproco, nel quale il beneficiario delle disposizioni testamentarie è uno dei due soggetti stipulanti e l’istituzione è fatta a condizione di essere a propria volta avvantaggiati nel testamento del soggetto designato come erede o legatario.
  3. Cfr. Kultunderground n.221-DICEMBRE 2013: “Il Legato” di A.Monari, rubrica Diritto.
  4. Il Codice teodosiano (latino:Codex theodosianus) è una raccolta ufficiale di costituzioni imperiali voluta dall’imperatore romano d’oriente Teodosio II (408-450). Venne pubblicata, dopo una fase di gestazione lunga 9 anni, il 15 febbraio 438, ed entrò in vigore, sia nell’Impero romano d’Oriente sia in quello Occidente (imperatore Valentiniano III), il 1º gennaio 439. Fonte Wikipedia.
  5. Cfr. “Il testamento olografo: aspetti giuridici e grafologici” di Antonella Fuga Paglialunga in old.unitrespoleto.it/?q=node/4068
  6. Cfr. Kultunderground n.55-ESTATE 1999: “Il Codice Estense” di A. Monari, rubrica Diritto, e Kultunderground n.111-SETTEMBRE 2004: “Code Napoléon 1804/2004” di A. Monari, rubrica Diritto.
  7. Il successivo art. 912 c.c. disponeva che l’atto, dopo la morte del de cuis (il soggetto della cui successione si tratta), dovesse essere depositato presso un notaio.
  8. Regio Decreto 16 marzo 1942 n.262.
  9. Cfr. Paglialunga op. cit. sopra. La giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione ha aggiunto che “Tra i requisiti formali del testamento olografo… non è compreso quello della regolarità e leggibilità della scrittura, salva la necessità che il testo autografo sia decifrabile, affinché possa essere accertata la volontà del testatore”. Dunque la Corte Suprema ammette che la calligrafia del testatore possa essere valida anche al limite della sua decifrabilità, se ciò è necessario per esprimere le proprie ultime volontà, in ogni caso da rispettarsi (CSC. Sez. II civile, sent. n. 8899 del 28-10-1994, Muricchio c. Mancini).
  10. CSC. Sez. II civile, sent. n. 3163 del 17-03-1993, Angi c. Nalon
  11. Può essere sostituita anche da indicazioni equivalenti che siano sufficienti a ricostruire il giorno della redazione (per esempio Capodanno 2019 o Natale 2019). Anche essa deve essere autografa, cioè apposta dal testatore di proprio pugno, infatti sono annullabili (ma non nulli in origine) i testamenti che riportano data dattiloscritta od apposta con “timbro datario”.
  12. Nulla impedisce che il testamento sia stilato in periodi temporali diversi: “.. poiché nessuna norma stabilisce che il testamento olografo debba essere redatto e firmato in un unico contesto temporale, è configurabile la formazione progressiva di esso, con la conseguenza che è valido l’olografo per cui il testatore utilizza propri scritti precedentemente stilati di suo pugno aggiungendovi, in un secondo tempo, la data, la sottoscrizione ed eventuali espressioni che rivelino la volontà di imprimere a tali scritti il carattere di testamento” (CSC. Sez.II civile, sent. n.2074 del 22/3/1985, Leoni c. Leoni) .
  13. “… l’omessa o l’incompleta indicazione della data comportano l’annullabilità del testamento olografo, la quale può essere fatta valere nel termine di 5 anni dalla data in cui le disposizioni testamentarie hanno avuto esecuzione da chiunque vi ha interesse. Trattandosi di requisito di forma, cui la legge ricollega la validità dell’atto, deve escludersi che la data del testamento possa ricavarsi “aliunde” da elementi estranei all’atto,...” La data di redazione può essere ricavata da riferimenti temporali descritti nel testo stesso, come il periodo di acquisto di un determinato bene, per esempio. Non certo da un appunto “esterno” che fa menzione dell’esistenza di quel testamento da una certa data. CSC. Sez. II civile, sent. n. 6682 del 09-12-1988, Guerriero c. Bettiol.
  14. Art.606, I comma, Codice Civile “Nullità del testamento per difetto di forma
    Il testamento è nullo quando manca l’autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo”. Il testamento è nullo quando presenta anomalie gravi; esso non produce alcun effetto ed è come se non fosse mai venuto ad esistenza; il testamento annullabile (che, invece, presenta anomalie meno gravi rispetto alla nullità) produce gli effetti a cui era diretto, ma questi possono venire eliminati con l’azione (giudiziaria) di nullità.
  15. CSC:Sez. II civile, sent. n. 11703 del 18-09-2001, Trossarelli c. Gentili. “Quando il testamento olografo risulti redatto in più fogli separati, occorre, perché la manifestazione del testatore possa essere ritenuta valida, che tra i diversi fogli esista un collegamento materiale e che tra le varie disposizioni in essi contenute, sottoscritte alla fine dal testatore, esista un collegamento logico e sostanziale.
  16. Il deposito di un testamento olografo presso un notaio può avvenire esclusivamente a cura del testatore stesso: nessuno ha titolo per chiedere il deposito di testamenti altrui. È, inoltre, uso fare due o più originali di testamento (tutti identici tra loro, datati e firmati dal testatore e da questi integralmente manoscritti non essendo valide fotocopie anche se firmate in originale) da conservare in luoghi diversi.
  17. Codice civile-LIBRO SECONDO-Delle successioni-Titolo III-Delle successioni testamentarie-Capo IV-Della forma dei testamenti – Sezione III – Della pubblicazione dei testamenti olografi e dei testamenti segreti. Art. 620.
  18. Il notaio procede alla pubblicazione del testamento in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio. Ad esso sono uniti la carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e l’estratto dell’atto di morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l’apertura degli atti di ultima volontà dell’assente o della sentenza che dichiara la morte presunta.” Art.620 III comma c.c.
  19. La pubblicazione, pertanto, non ratifica la regolarità del testamento, né costituisce un “requisito di validità o di efficacia, ma è atto preparatorio esterno, necessario per la sua coattiva esecuzione” . Essa, di fatto, è una forma di pubblicità-notizia: consentendo a determinati soggetti che ne abbiano interesse di venire a conoscenza del contenuto del testamento, li tutela da eventuali occultamenti o soppressioni dell’atto e garantisce che la volontà testamentaria sia effettivamente rispettata. Cfr. Paglialunga op. cit. sopra
  20. Codice civile-LIBRO SECONDO – Delle successioni-Titolo I-Disposizioni generali sulle successioni-Capo X-Dei legittimari-Sezione I – Dei diritti riservati ai legittimari, art.536 Legittimari.

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