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The Departed

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Martin Scorsese ritorna nei luoghi che meglio conosce. Fisici quanto mentali. Non più New York ma Boston. Non più la mafia italiana ma quella irlandese. Quello che non cambia sono i modi di pensare, la ricerca del potere e del denaro, la violenza come unico modo per imporre la propria personalità. Le parole sono sempre inutili se servono a risolvere qualcosa. Sono i fatti quelli che contano, le azioni.

Poliziotti o criminali… quando ti trovi davanti ad una pistola carica che differenza c’è? – domanda Costello (Jack Nicholson, a briglia sciolta, scatenato come non mai). Perché di poliziotti e criminali parla il film, cambiandone continuamente i ruoli, in un gioco di specchi e rimandi che mozza il fiato. Billy Costigan (Leonardo DiCaprio, sempre più bravo) e Colin Sullivan (Matt Damon) sono cresciuti nello stesso quartiere. Diventano tutte e due poliziotti. Le loro strade si incrociano anche se i due ignorano le rispettive identità. Billy verrà infiltrato dalla polizia nella banda di Costello per incastrarlo in qualcuno dei suoi molti traffici. Dice DiCaprio a proposito del suo personaggio – Billy viene dal mondo della delinquenza e la sua è decisamente una strada in salita. Credo che decida di entrare in polizia perché non ha scelta e perché vuole fare cose diverse da quelle che ha fatto per la sua famiglia. Per ironia della sorte, viene scelto per una missione da infiltrato nella quale deve far finta di essere ciò che ha scelto di non diventare assolutamente. Diciamo che in fondo, Billy sta semplicemente tentando di redimersi e di non diventare un semplice prodotto dell’ambiente nel quale è nato e cresciuto.

L’ambiente. Quello delle famiglie mafiose, della malavita, di un mondo puramente maschile con determinate regole e codici. L’ambiente, uno dei temi più importanti del cinema scorsesiano, in questo film è visto in una nuova ottica. Non è più quel terreno in cui i personaggi si muovono per una propria scelta e per il loro senso di appartenenza ad una comunità (basta ricordare Mean Streets e Goodfellas), adesso l’ambiente è un qualcosa che va conquistato (come fa Costello) o in cui ci si ritrova contro la propria volontà e da cui si cerca di scappare (come accade a Billy). Non esiste più la comunità, è rimasto solo l’individuo. Costello infatti è prima di tutto un capo che si è costruito il proprio impero da solo, non vediamo i suoi contatti o i suoi legami con altre famiglie o altre persone. Gli unici che sono con lui sono quelli che vi lavorano. Tutta gente al di sotto. Tutti che prendono ordini dal padrone. In questo il cambiamento è netto, la famiglia è morta, rimane la malavita come impresa e commercio, la morale (che in Mean Streets e Goodefellas era innegabile) è scomparsa.

L’assenza di etica è incarnata oltre che Costello anche da Colin. Uno che ai soldi ha venduto tutto se stesso. Colin grazie alla faccia da bravo ragazzo sta facendo carriera nella polizia, ma come sappiamo è anche uno che sta sul libro paga di Costello. Ognuno ha i suoi infiltrati

Tutti e due i personaggi principali (Billy e Colin) credono che la strada che hanno intrapreso sia una possibile via per la redenzione della propria anima. Quella di Billy, macchiata dai crimini compiuti dalla sua famiglia, fragile, consapevole di voler portare giustizia in quel mondo dal quale ha cercato in ogni modo di allontanarsi. Per lui la redenzione è fare arrestare Costello, riprendersi la propria identità e andarsene e Colin che aiutando la malavita crede che con i soldi guadagnati possa salire di livello sociale e così acquistare una nuova dignità.

Dice Scorsese – In un certo senso, Colin è un personaggio ancora più tragico di Billy, perché crede che riuscirà a farla franca e mettendosi dalla parte del diavolo si è creato una sorta di strada verso la redenzione, rappresentata dall’alta società di Beacon Hill e della State House, della quale continua a fissare la cupola dorata. All’inizio del film vediamo Costello che insegna a Colin tutta una serie di falsi valori e ad un certo punto del film, scopriamo che Colin non ha più nessun valore in cui credere.

Polizia e malavita sono i due universi nei quali si muove l’intera storia. Lealtà e tradimento i motori drammaturgici. Scorsese mette in scena uno stupendo gioco al massacro che non lascia superstiti. Ognuno deve pagare le proprie scelte, ognuno è responsabile delle proprie azioni. Martin si appoggia sul suo ormai consolidato stile espressivo. I momenti narrativi più veloci e ritmati sono quelli che riguardano la prima parte del film con la presentazione dei vari personaggi. Stacchi rapidi, montaggio discontinuo, una colonna sonora che scarica subito energia e adrenalina (Rolling Stones). Poi la storia inizia a svilupparsi, i movimenti di macchina diventano descrittivi, il montaggio un incastro di situazioni sempre sul punto di ribaltarsi. I dialoghi sono pregni di quello che Scorsese definisce l’umorismo della strada. Battute di una volgarità assurda che strappano vere risate, Jack Nicholson furoreggia, Matt Damon e DiCaprio devono giocare di sponda. Certo, The Deaparted non raggiunge la compiutezza tragica (in senso classico) di Casino o Goodfellas, i personaggi non si trasformano in qualcosa di più universale come non lo fa la storia. Però bisogna ricordare che The departed è un remake e anche una produzione fatta con un grande studio (la Warner Bros) ed è quindi naturale che la spettacolarità del racconto sia uno degli elementi principali del film. Ma questo non toglie a Scorsese la possibilità (e soprattutto la capacità) di dimostrare ancora una volta il suo stile e la sua immensa bravura. E poi vederlo in sala, dopo la proiezione, è stato emozionante. Perché quando studi cinema ad un certo punto inizi a crearti un rapporto con i registi che più ti piacciono, li chiami per nome, ti immagini che potresti stare a parlare per ore delle cose che hanno fatto. E quindi a uno come Scorsese non gli attacchi neanche più il solito discorso su arte e mercato, perché capisci che lui è uno dei pochi che alla fine ce l’ha veramente fatta. Cioè è uno che non ti prende per il culo. E se qualche volta fa film più commerciali non stai lì a rimproverarglielo. Perché lui, ogni volta che ne ha avuto l’occasione, il mercato te lo ha sempre trasformato in arte.

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