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The Black Dahlia

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Brian De Palma parte dal romanzo di James Ellroy. Il primo tempo è James Ellroy, il secondo è Brian De Palma. Ed è questo scarto, questa trasformazione a farci riflettere. Sappiamo che De Palma è uno che ultimamente dell’intreccio delle sue storie se ne è un po’ fregato (Omicidio in diretta, Femme Fatale). Sappiamo che è uno che si è lasciato sedurre dal cinema più come mezzo visivo che come strumento narrativo. Brian è uno che con la macchina da presa ti crea partiture per gli occhi, ti costruisce una sequenza con una eleganza e una precisione ineguagliabile. Nel primo tempo però è ancora la narrazione, nel senso dello sviluppo di una storia e di un intreccio, ad avere importanza. Ci vengono presentati i personaggi, i loro rapporti, si delinea la vicenda della Dalia Nera, entriamo nella ricostruzione di un mondo (Hollywood, anni quaranta) che è di natura prettamente cinematografica. Badate bene, a differenza di Ellroy che questo mondo lo ricostruisce oggettivamente, quasi ad un livello di cronaca storica, De Palma abbandona qualsiasi realismo per lasciarsi andare ad una ricostruzione per immagini, puramente filmica. Il suo punto di riferimento non è tanto l’America degli anni ‘40, quanto il cinema degli anni ‘40. Per questo Scarlett Johansson appare e si muove come una diva di quel periodo. Non sta interpretando un ruolo, sta interpretando un’immagine. Già nel primo tempo c’è almeno una sequenza bellissima, quella in cui si scopre il corpo della Dalia. La macchina da presa fa un movimento ascensionale (inquadra due corvi, così anche Hitch viene ricordato) passa su un tetto e poi inquadra una strada dove nell’angolo in alto a sinistra vediamo una donna urlare e il corpo tagliato in due di un’altra donna (ma io ci ho fatto caso perché già conoscevo la storia) altrimenti non è quello il centro dell’azione e dell’inquadratura perché infatti la macchina da presa poi si sposta verso destra (scendendo) per mostrarci l’auto di Bucky e Blanchard che sta passando. La costruzione di questa sequenza ci fa capire come in realtà a De Palma della storia che sta raccontando non gliene freghi più di tanto. Il ritrovamento del cadavere poteva essere un punto centrale (sia visivo, che narrativo) del film e invece lui lo relega in un angolino dello schermo. Il piano sequenza in questione racchiude dunque tutta l’idea di De Palma per quanto riguarda il suo cinema. La macchina da presa attraverso i suoi movimenti descrive, ma non ha più un centro narrativo, il racconto passa in secondo piano, la cosa importante sono le emozioni e le sensazioni che ci fa provare un’inquadratura o un movimento di macchina. Sono quindi le componenti primarie del cinema in quanto mezzo espressivo ad interessare il regista. Nel secondo tempo infatti il cambiamento è totale ed entriamo definitivamente in un film di Brian De Palma. Acquista perciò importanza tutto quello che è filmico a discapito della semplice diegesi del film. E’ importante notare come il regista sciolga alcuni nodi dell’intreccio con l’utilizzo di semplici inquadrature che nell’economia temporale del film (due ore) occupano lo spazio di massimo quattro o cinque minuti. De Palma quindi dedica il suo tempo a filmare più che a raccontare una storia. Le cose importanti durano poco, le svolte della narrazione, gli episodi chiave sono solo dei frammenti. Sono attimi, flashback, intuizioni che hanno la durata di un pensiero che nasce e subito dopo muore. Ma è così che De Palma ha deciso di mostrarci questa storia, per lo meno nella seconda parte del film. Ha deciso di emozionarci tramite il suo occhio e il suo modo di vedere e non attraverso le cose che ci stava raccontando. Anche in questo senso la sequenza dell’assassinio di Blanchard acquista valore in  quanto costruita secondo esigenze puramente filmiche. The Black Dahlia (così come Femme Fatale) è un film per gli occhi. Rimane poi un bellissimo finale dove Bleichart torna da Kay e la trova immersa in una luce bianca. In quella luce (e il cinema è luce) c’è tutta la bellezza dell’amore e di una pace ancora possibili. Poi le immagini macabre e veloci del corpo della Dalia, solo una brutta visione, la luce svanisce e Bleichart entra in casa di Kay. Il film finisce. L’amore è quello di De Palma per il cinema e questa è la sua dichiarazione.

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