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Intervista con Twenty Four Hours

11 min read
        
Dopo il successo planetario del precedente Left-To-Live, la storica psycho-prog band nazionale torna con la sesta fatica discografica: un doppio che vede la prestigiosa partecipazione dei Tuxedomoon e si ispira ai quattro album bianchi più importanti della storia del rock.
 
Genere: prog-rock – psychedelic rock
Label: Musea – Velut Luna
2018
 
Il sesto lavoro ufficiale dei Twenty Four Hours, storica band psycho-progressive italiana, è un doppio album ispirato volutamente, nella forma e nella sostanza, ai quattro album bianchi più importanti della storia del rock:
 
Closer dei Joy Division
The lamb lies down on Broadway dei Genesis
The Beatles (White Album)
The Wall dei Pink Floyd
 
A differenza dell’apprezzatissimo precedente Left-To-Live non si tratta di un concept album, bensì di una raccolta di brani che abbracciano molte fasi della vita creativa della band comprendenti anche vene ambient (Intertwined), progressive, con una lunga suite ispirata a Supper’s Ready dei Genesis (Supper’s Rotten) ove viene esasperata la profonda mutazione dei valori rispetto a quelli del passato del rock (The Tale of the Holy Prog) e punk (77). In quest’ultimo, che apre l’album si incontrano atmosfere aggressive punk con echi dei King Crimson e una spettacolare battaglia finale senza esclusione di colpi fra organo Hammond e chitarra hendrixiana. Ma l’aspetto forse più sorprendente e rappresentativo dalla collaborazione con i Tuxedomoon.
I polistrumentisti Blaine Reininger e Steven Brown collaborano attivamente in due brani dell’album. Il già citato Intertwined e All the world needs is Love, rispettivamente con voce e violino (Blaine) e sax (Steven). Resta da citare Adrian. Il brano già video-single forte della presenza della straordinaria vocalist Elena Aletheia, già presente su Left-To-Live ma alla quale in quest’occasione è stato affidato un ruolo ben più consistente come lead vocalist sui brani All the word needs is Love, She’s our Sister e The Tale of the Holy Frog.
 
I Twenty Four Hours sono: Paolo Lippe, Antonio Paparelli, Marco Lippe, Paolo Sorcinelli, Elena Lippe.
Guest musicians: Blaine L. Reininger, Steve Brown, Andrea Valfré.
 
 
Tracklist
CD1
77
Broken Song
Embryo
What use
All the world needs is Love
Urban Sinkhole
 
Cd2
Adrian
Supper’s Rotten
The Tale of the Holy Frog
She’s our Sister
What use (acoustic)
 
Intervista
 
Davide
Ciao. Perché avete dedicato questo vostro doppio cd a quattro dischi (o pietre miliari) del rock dalla copertina bianca o bianco e nera?
 
Twenty Four Hours
Fanno parte degli album di un’intera generazione. Della nostra generazione. Inoltre costituiscono una sorta di punto di arrivo, anche se per Closer questo è stato forzato e non voluto. Tuttavia possiede le medesime caratteristiche degli altri tre e cioè l’essere opera “definitiva”: difficile immaginare un album più maturo di Closer, anche se Ian Curtis fosse sopravvissuto. Il bianco e nero entra in contrasto con le copertine coloratissime dei nostri album precedenti, specie Left-To-Live. Sentivamo la necessità di qualcosa di sobrio. è bello in fondo affidarsi per lo più alla musica, senza trovare nel booklet, o nella fodera del vinile, testi lunghissimi che descrivono tutto del lavoro fatto non lasciando nulla all’immaginazione: quando da ragazzi compravamo un LP era bello domandarsi tante cose sui suoi autori e lasciare che la fantasia navigasse. Oggi si naviga troppo sull’web per qualsiasi curiosità e l’immaginazione non ha più alcuno spazio. Su Close – Lamb – White – Walls la grafica e i testi sono ridotti al minimo indispensabile. E probabilmente avrebbero anche potuto essere più scarni. 
 
Davide
Tra i quattro dischi che avete omaggiato “Closer” non è quello più lontano dagli altri e dal progressive rock in generale?
 
Twenty Four Hours
Assolutamente sì, ma è un’opera talmente unica nel suo genere, articolata e ricca di fascino, così sacrale e intensa da essere amata un po’ da tutti gli appassionati di psichedelia e progressive.
E poi c’è il mellotron…
Comunque sia, ci ha influenzati probabilmente più di qualsiasi altro album del periodo post-punk. 
 
Davide
Un lavoro che complessivamente mi ha ricordato i Van der Graaf, specialmente il Peter Hammil solista, che con Nadir’s Big Chance e non solo fu in qualche modo un importante riferimento anche per la successiva ondata punk (Johnny Rotten lo citò tra le sue influenze). A un certo punto il prog-rock venne spazzato via dal punk. Oggi con questo vostro lavoro si riconciliano? E in che modo?
 
Twenty Four Hours
Corsi e ricorsi storici. L’avvento di un cambiamento epocale costringe a dimenticare quello che è stato l’orientamento prevalente fino a poco prima. Accade anche in pittura, letteratura, architettura, persino in politica ed è naturale che sia così. Quando da bambino nel 1975 scoprì i Beatles, ricordo che erano considerati “vecchi” e se chiedevo di loro a qualcuno più grande di me che li aveva “vissuti” nei sixties, molti storcevano il naso. La realtà era che non se ne poteva più. Poi, dieci anni dopo il pubblico è nuovamente impazzito e ha ricominciato a comprare le ristampe su CD. Così il punk spazzò via il prog per almeno dieci anni, ma c’è continuità: “Back in N.Y.C” dei Genesis è chiaramente punk, “Exercise One” dei Joy Division è ispirata a “Empy Spaces” dei Pink Floyd. Non può esserci rottura senza continuità… futuro senza un passato da ripudiare.
Comunque hai ragione: il quarto movimento di “Supper’s Rotten” è volutamente ispirato ad alcune parti vocali “folli” di “Pawn Hearts” dei Van Der Graaf Generator, anche se molti ci hanno visto echi beatlesiani da “Hey Jude”.
 
Davide
Oltre alla tensione tra opposti apparentemente inconciliabili come il progressive rock e il punk, proto o post che sia, in questo vostro lavoro spicca anche graficamente un qualche discorso sul bianco, il quale contiene tutti i colori dello spettro elettromagnetico, e il nero che è l’assenza di tutti i colori. Pavese scrisse che tutta l’arte è un problema di equilibri fra due opposti. Qual è per voi il principale “problema” dell’arte musicale, quello che vi spinge alla soluzione creativa?
 
Twenty For Hours
L’ipersensibilità emozionale permea i caratteri e le personalità di tutti noi. Non può esserci ispirazione senza sofferenza. E la sofferenza deriva dai contrasti più aspri, come quello che tu hai citato: bianco e nero. Non sempre però l’equilibrio viene raggiunto. E non è nemmeno detto che il raggiungimento di un equilibrio e il risanamento del contrasto sia sempre salutare per l’arte. Talora può prevalere uno squilibrio o un esagerazione in un’opera d’arte elevatissima. E penso che sia proprio il caso dei Joy Division, ma anche di The Wall.
 
Davide
Quali i temi dei testi? Che connotazione hanno, cosa vi ricorre e cosa li unisce, pur non essendoci alla base un concept? 
 
Twenty Four Hours
Generalmente i nostri testi non sono allegri, e spesso nemmeno tanto facili da comprendere. Si tratta quasi sempre di riflessioni esistenziali, di intuizioni sulle questioni importanti, essenziali della vita. Talora sono autobiografici, anzi lo sono sempre, anche se non è facile accorgersene. Questo fatto può farli apparire un po’ artefatti. Da quando Elena ha iniziato ad occuparsene attivamente, l’impronta pessimistica si è estesa, ma si è anche molto evoluta. Ma lascio a lei i dettagli….
Elena:i temi che affronto nei testi che scrivo in generale e quindi anche in quelli di “Close..” non sono certo del tipo “sole-cuore-amore”… Scherzi a parte, scrivo fin da ragazzina, e ho sempre amato trattare tematiche profonde, interrogativi esistenziali e spesso scomodi. Ma anche nella disperazione più cupa amo portare sempre un messaggio positivo: credo che esista la possibilità di trasformare le esperienze dolorose in qualcosa di importante per la propria vita, per aiutarci a sentire l’esperienza umana degli altri più vicina a noi… la consapevolezza della propria mortalità è una grande insegnante in questo senso: dà una giusta misura e prospettiva a tutto. E può insegnarci ad amare, qui e ora, a farci capire che “tutto ciò di cui il mondo ha bisogno è l’Amore”, inteso in senso Universale. Urban Sinkhole invece tratta della orrenda tendenza, sempre più diffusa, a dividere il mondo tra eletti e miserabili, viviamo in una società sempre più iniqua, e spesso nei testi che scrivo offro un invito a ribellarsi a questo stato delle cose. Ho sentito un grande piacere a scrivere per i TFH, non ho fatto alcuna fatica, anche perché mi hanno lasciato mano libera. “The tale…” invece tratta in un modo apparentemente più ironico il tema della responsabilità, personale e sociale, vista come una “rana”, poco “estetica”, forse, ma in fondo necessaria. 
 
Davide
Com’è nata la collaborazione con i Tuxedomoon? 
 
Twenty Four Hours
Siamo da sempre fans accaniti della “Luna in Frac”, per lo meno dall’epoca del mitico concerto al Petruzzelli di Bari nel 1983. La nostra musica è molto differente dalla loro, ma lo stesso non si può dire di estese affinità che coinvolgono le attitudini mentali e gli orientamenti filosofici e sociali, questi ultimi estremamente simili. Tutto questo ha portato ad un inconsapevole magnetismo che ci ha fatti ritrovare vicini dapprima in Puglia (Monopoli) e poi nelle Marche (Cagli) ove i Tuxedomoon hanno vissuto e composto molti dei loro brani. Li abbiamo sempre seguiti nelle manifestazioni live e recentemente, anche grazie al gruppo Facebook “Music for Vagabond” di Isabelle Corbisier le interazioni si sono intensificate. Quando è venuto a mancare Peter Principle è comparso sulla rivista HI-FI “Fedeltà del Suono”, un lungo articolo celebrativo a firma Paolo Lippe, sul grande bassista e sulla band californiano-belga.
Tuttavia i brani presenti sul nostro album ove collaborano Blaine Reininger e steven Brown, sono frutto di una casualità: una serata freddissima dell’inverno 2017 piena zeppa di impegni famigliari, tra un’incombenza e l’altra dispongo di non più di dieci minuti di pausa. Senza togliere il cappotto, mi metto al pianoforte (in realtà un Kurzweil PC3LE8) e butto giù 3 note molto molto intriganti. Decido perciò di registrare: l’iMac e Samplitude sono accesi entrambi, il mixer pure; vengono fuori sei minuti circa di un’improvvisazione al piano di orientamento ambient, molto pacati e sognanti…. l’idea mi piace, molto. La mattina dopo associo un arpeggiator discreto, ma con un bel phaser. Nei giorni successivi la riascolto, mi piace sempre di più. Decido quindi di proporla a Blaine Reininger che si mostra subito entusiasta dell’idea, registrando subito 2 fantastiche tracce del suo spettacolare violino. Nel frattempo Elena scrive uno dei suoi testi più profondi e solenni (che poi Blaine reciterà) e tre giorni dopo abbiamo “INTERTWINED”, nella versione quasi finale (quella definitiva è stata ulteriormente impreziosita dal “mixing creativo” di Andrea Valfrè). La collaborazione con Steven Brown non è stata così casuale nè improvvisata dato che All “The World Needs is Love” era già una canzone a tutti gli effetti: il suo sax ha reso il brano ancora più struggente e malinconico, accrescendone la tensione.
 
Davide
Perché “Embryo” di Roger Waters?
 
Twenty Four Hours
Paolo: tanti anni fa, a Bari, trovai un bootleg dei Pink Floyd (The Mida’s Touch) che conteneva brani inediti fra cui Embryo e Point me at The Sky. Non ho mai più riascoltato Embryo in nessun altro disco ufficiale dei Floyd fino all’anno scorso quando è uscita la raccolta “The Early Years”, che mi ha stregato. Fare Embryo o anche Careful with That Axe Eugene è sempre stato un nostro sogno, così come What Use. Entrambi avverati… per Careful bisogna attendere un po’….. Sarebbe fantastico suonarla dal vivo !!!
 
Davide
Spesso oggi chi fa rock progressivo “restaura” qualcosa di arenatosi nel conservatorismo, quindi tutto il contrario di quelle che furono le spinte progressive originarie. Voi invece avete raggiunto un equilibrio interessante tra le origini e un andare oltre. Il conservatorismo consiste nell’impedire alle cose di accadere finché non siano prive di pericoli, diceva un certo marchese di Salisbury. Cosa sono per voi i pericoli del fare musica, quelli in cui cercate di non incorrere, ma anche quelli che cercate, affrontandoli per una crescita attraverso lo stimolo e la ricerca?
 
Twenty Four Hours
Paolo: bellissimo questo pensiero! In effetti il pericolo più grande lo abbiamo già subìto, ovvero NON ESSERE COMPRESI APPIENO. Il pubblico spesso è agli antipodi della critica più esigente e talora illuminata. Apprezza proprio il conservatorismo (vedi Marillion o, in minor misura Steven Wilson ad esempio) e non apprezza tentativi di reinterpretare consolidate correnti culturali/musicali uscendo dal seminato. Se ci fai caso, nessuno dei nostri dischi è stato considerato davvero prog nel senso più classico del termine, neanche Oval Dreams o Left-To-Live. Il pubblico prog è molto esigente, ma anche molto conservatore.
Elena: fatico a pensare in termini di pericoli nel fare musica, se non per quanto riguarda il portafoglio! Diciamo che un pericolo insinuante è quello di diventare autoreferenziali, assorbiti in se stessi e incapaci quindi di comunicare veramente con chi ti ascolta. Fin tanto che comporre corrisponde a un bisogno creativo profondo, penso che si resti abbastanza protetti da derive eccessivamente narcisistiche. È importante ascoltare molti generi musicali, non fermarsi a quello che già si conosce, mettersi in discussione e integrare, mescolare… e soprattutto amare quello che si fa e divertirsi! 
 
Davide
A cosa serve ancora, ora e più che mai la musica?
 
Twenty Four Hours
Paolo: a tutto. In un periodo tanto sconfortante per quel che riguarda gli aspetti davvero nobili dell’esistenza, ahinoi, in rapida decadenza, è indispensabile! Può aiutare a evadere dalla realtà innanzitutto. Questo non risolve i problemi, ma talora è importante. Quando si ascolta musica da soli o in compagnia, quando si parla di musica o si va a una fiera di dischi o di HI-FI, tutto il resto passa in secondo piano. Provate ad ascoltare un vinile in un bel giradischi con un impianto serio! Altro che iPod! E poi i contenuti… sono di importanza vitale, quasi come la letteratura e la storiografia e forse di più. Quante volte, leggendo il testo di una canzone abbiamo avuto intuizioni o ricevuto suggerimenti e guide su come comportarci al meglio interfacciandoci con in nostri simili, nella nostra società? A me succede spesso. La lettura e l’ascolto della musica forse ci salveranno.…
Elena:
la musica serve a muovere emozioni, a veicolare messaggi, a far riflettere, a turbare, sollevare gli animi… a portare, oggi più che mai, un invito a esercitare un pensiero critico, a promuovere connessione ed empatia, la musica è vita! 
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Twenty Four Hours
Probabilmente una raccolta dei brani più importanti (il classico “The Best of”), dopo 6 album, direi che è giunta l’ora…. Poi un disco di improvvisazioni psichedeliche a cui seguiranno concerti di  brani totalmente free, alla Coltrane….
 
Davide
Grazie e à suivre…

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