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Intervista con Mé, Pék E Barba

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“VINCANTI”

Vincanti è il nuovo disco di Mé, Pék e Barba. Un concept dedicato al vino con la partecipazione di Omar Pedrini, Puccia, Gigi Sanna, Dario Canossi, Franco Giordani, Roberto Cipresso, Andrea Grignaffini, Marino Severini

 
 
Vincanti è il sesto album di Mé, Pék e Barba, formazione della Bassa Parmense attiva dal 2003, all’insegna della contaminazione tra rock e folk, canzone d’autore e storie popolari, con una particolare attenzione ai testi, in italiano con alcuni interventi in dialetto e un’apertura a collaborazioni a 360 gradi, sia con altri musicisti sia con scrittori ed attori.
Il nome curioso deriva da un modo di dire dialettale, da una frase pronunciata durante un processo come alibi, ed entrata a fare parte del linguaggio della zona come scusa universale per qualsiasi evento.
Vincanti prosegue nella ricerca del gruppo, dopo il precedente CartaCanta ispirato al mondo della letteratura e con la collaborazione di Erri De Luca, Mauro Corona, Marcello Fois e Paolo Rumiz.
I Mé, Pék e Barba vogliono proporre un viaggio nel mondo del vino percorrendo il Mediterraneo per giungere a valicare l’oceano – come accadeva un tempo, su grandi navi cariche di botti di legno che respiravano sussurrando parole antiche e storie.
La produzione artistica è stata curata da Elisa Minari, ex bassista di Nomadi e Freak Antoni e parte della band dal 2015. Nei vari brani troviamo poi Omar Pedrini (autore e interprete del brano Sarà festa), Puccia degli Apres la Classe, Gigi Sanna e Davide Guiso degli Istentales, Dario Canossi dei Luf, Franco Giordani e Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale; la prefazione del disco è stata scritta da Andrea Grignaffini, codirettore di Spirito Di Vino e curatore della guida vini dell’Espresso, e Marino Severini dei Gang ha arricchito le pagine del booklet con un suo racconto incentrato sul vino.
Mé, Pék e Barba sono una band aperta al mondo e nel corso della loro storia hanno spesso ospitato su palco e su disco, altri artisti, con cui condividere la propria musica, da Gigi Cavalli Cocchi all’attore bolognese Vito, l’ex cantante dei Nomadi Danilo Sacco e Alberto Morselli, ex cantante dei Modena City Ramblers, esibendosi in tutto il nord Italia e anche in festival internazionali.
Alcuni componenti del gruppo hanno inoltre partecipato nel 2010 alla realizzazione del video Chocabeck, singolo di lancio dell’omonimo disco di Zucchero Sugar Fornaciari.
Tra le varie esperienze da segnalare quella del 2016 in cui hanno avuto il piacere di dividere il palco con Luca Carboni, per una versione di Piazza Grande di Lucio Dalla e con Omar Pedrini con il quale hanno suonato e cantato Il vino di Piero Ciampi.

Formazione 2018

Sandro Pezzarossa: voce e chitarra / Michela Ollari: voce / Federico Romano: fisarmonica / Nicola Bolsi: batteria / Federico Buffagni: flauti / Lucio Stefani: violino / Sandro Chierici: chitarre / Elisa Minari: basso / Lorenzo Ferri: percussioni / Domenico “Dido” Di Donna: ghironda / Roberto Guerreschi: fonico
 
Vitalia
Riempi la tua testa di vino
Filastrocca
Mi manca il bar
Codice Cichero
Vinificazione
Etichetta
Peronospera
L’Alchimista
Vite
Saudade
Enoteca
Sarà festa (Una storia nel bicchiere)
Ramezolfo

 

 
Intervista
 
Davide
Ciao. Sesto album dunque. Cosa è cambiato e cosa è rimasto intatto in questi quindici anni di Mè, Pèk e Barba (tra l’altro perché “Mè, Pèk e Barba”)?
 
Me, Pek e Barba
Nulla di significativo è cambiato. Nessun stravolgimento. La formazione si è inevitabilmente modificata nel corso del tempo, ma rimane invariata la filosofia che rapidamente inizia a contraddistinguere ogni nuovo membro del gruppo, trasmessa dal nucleo originario composto da Sandro Pezzarossa (voce e chitarra), Federico Romano (fisarmonica), autori dei testi e da Nicola Bolsi (batteria): il desiderio di mettere in musica, storie ed emozioni e di farlo con un atteggiamento “folk”. Raccontare e raccontarsi e suonare il più possibile in situazioni live rimangono gli obiettivi  fondamentali.
La storia di Me, Pek e Barba narra di tre personaggi realmente vissuti in una frazione di Roccabianca (luogo in provincia di Parma dal quale proviene il nucleo storico del gruppo) e che divennero protagonisti di una leggenda che racconta di come in tempo di guerra questi giovanotti furono accusati di furto di legname. Denunciati, andarono a giudizio e furono processati. I tre, preoccupati, cercarono un modo per essere assolti, chiedendo consiglio a un notabile di paese che consigliò loro di fingersi incapaci di intendere. Si racconta che in udienza il giudice prese la parola per farsi raccontare dagli imputati come andarono realmente i fatti ed esordì dicendo “Allora… C’eravate…” Il più astuto dei tre, seguendo alla lettera quanto era stato consigliato, pensò di rispondere, in modo demenziale, “Vate al gh’era mia (Vate non c’era)….” “Agh s’eran Me, Pek e Barba (C’eravamo Io, Pek e Barba)”. Il giudice capì immediatamente di non avere a che fare con dei geni e li assolse. È quasi sicuramente un racconto di fantasia e la storia vera fu un’altra, ma in paese “Me, Pek e Barba” divenne un vero e proprio modo di dire, una risposta preconfezionata, utile al ritorno dall’osteria nel caso di una domanda a bruciapelo della moglie e utilizzabile in molte altre occasioni nelle quali qualcuno poteva risultare un po’ troppo curioso.
 
Davide
E dove non è vino non è amore; né alcun altro diletto hanno i mortali, decantava Euripide. Il Vino è stato nelle parole di quasi ogni grande scrittore, pensatore e poeta del passato. Voi perché avete scelto di dedicare al vino un intero album di canzoni?
 
Mé, Pék e Barba
Il vino oltre a un piacere per i nostri sensi è anche un elemento che, entro certi limiti, stimola il pensiero, lo solletica e lo risveglia, contribuendo, nel rapporto con gli altri, a relegare in un angolo le nostre mille convenzioni e le nostre cerimonie di relazioni. Il vino inoltre contribuisce ad accantonare, seppur per breve tempo, l’idea di utilità che ormai contraddistingue il nostro pensare e il nostro agire (il pensiero calcolante di Heiddeger) e stimola, a nostro giudizio, il pensiero pensante, quello disinteressato, che non necessariamente vuole ricavare tornaconto da qualcuno o da una situazione. Chiunque abbia mai ragionato o tentato di ragionare, da sobrio, con una persona in preda al vino (sempre nel limite), credo possa comprendere.
 
Davide
“Filastrocca” è una canzone che ha strofe in diverse lingue: sarda, friulana, salentina e camuna. E soprattutto quest’ultima che mi ha colpito, poiché pensavo la lingua camuna non solo estinta, ma rimasta praticamente sconosciuta a parte l’alfabeto. Si tratta dunque davvero di lingua camuna o di un dialetto odierno della Val Camonica o della Valtellina? Perché dunque la scelta di una canzone in più lingue italiche o dialetti?
 
Mé, Pék e Barba
Il brano nasce dall’idea che i vini, come i dialetti, essendo così diversi tra loro da zona a zona, da regione a regione siano un importantissimo patrimonio della nostra bella Italia. Abbiamo così ideato una filastrocca cantata da Michela in italiano e da Sandro nel nostro dialetto, inviata poi ad alcuni amici per chiedere loro di cantarla ed elaborarla nel rispettivo dialetto, o per meglio dire: in alcuni casi una vera e propria lingua.
Gigi Sanna degli Istentales in lingua Sarda, Franco Giordani (chiamato il Mé, Pék e Barba in Friuli) in lingua Friulana, Puccia degli Apres la Classe in lingua Salentina, Dario Canossi dei Luf in lingua Camuna. Nessuno di noi si occupa di dialettologia. Non sappiamo se il camuno sia una lingua o un dialetto. All’interno del booklet, nella parte relativa alle traduzioni, abbiamo preferito definirle tutte lingue, attribuendo così pari dignità. 
 
Davide
“Codice Cichero” ricorda il primo partigiano d’Italia Aldo Gastaldi, nome di battaglia “Bisagno”. Perché questo ricordo e il riferimento in particolare al codice cosiddetto “Cichero”?
 
Mé, Pék e Barba
A quanto risulta il Codice  Cichero (dalla Val Cichero, area della Liguria  nella quale la formazione partigiana combatteva) è stato uno dei primi codici di comportamento adottati dai partigiani. Tanti hanno scritto della lotta partigiana. Il testo, scritto dal poeta parmigiano Andrea Tebaldi, non vuole aggiungere nulla in chiave retorica, ma desidera evidenziare in particolare come una parte consistente di questa netta minoranza nel paese (i partigiani, appunto) abbia saputo spesso darsi un codice etico in grado di potere auto-regolamentare i rapporti interni e le relazioni con la popolazione. Chiunque avrà modo di leggere il Codice Cichero in versione integrale non potrà che ritrovarvi anche un bell’esempio di democrazia diretta.
 
Davide
“Peronospora” è un testo fortemente allegorico e, ricordando che la peronospora, originaria dell’America, è stata accidentalmente introdotta in Europa verso la fine dell’800, non ho potuto a meno di pensarlo rivolto, tra luci e soprattutto ombre, al cosiddetto “secolo americano”… Cos’è la dunque la peronospora di questo testo e perché si conclude con i versi della poetessa iraniana Simin Behbahani?
 
Mé, Pék e Barba
La peronospora, malattia fungina della vite, è esattamente un’allegoria sulla fragilità della vita e su come spesso si rimanga in balia di situazioni che determinano gravi ripercussioni sull’esistenza dimenticando di quanto siano necessari per l’uomo il sole, il vento, l’aria, in grado di potere, come per la peronospora, asciugare l’umidità ed evitare che questo devastante fungo si diffonda e determinando la perdita del raccolto.
Molti confondono il titolo e dicono o scrivono “Peronospera”. In effetti la peronospora della vite, quando colpisce, non lascia speranze. Il testo della poetessa iraniana racconta dell’importanza del ruolo della donna. Abbiamo semplicemente voluto creare un collegamento per far emergere come per la donna, in molti occasioni, l’uomo sia la vera peronsopora.
 
Davide
Qual è il vostro concetto di “gruppo aperto”… o forse è più corretto dire aperto ma semistrutturato, poiché presente una formazione fissa?
 
Mé, Pék e Barba
Intorno al già menzionato nucleo storico si sono inserite alla perfezione, dando un enorme contributo, le due donne del gruppo: Michela Ollari (voce) e Elisa Minari (basso). Elisa ha curato la direzione artistica del nuovo album, realizzando gli arrangiamenti di tutte le canzoni e svolgendo un maestoso lavoro in fase di pre-produzione. Lucio Stefani (violino) e Federico Buffagni (flauti), ormai anche loro membri storici del gruppo hanno svolto un ruolo fondamentale nella definizione di alcuni strumentali e nella costruzione delle linee armoniche di molti brani, cosi come Sandro Chierici (chitarra). Tre colonne portanti sono inoltre Lorenzo Ferri (percussioni), Domenico “Dido” Di Donna (ghironda) e Roberto Guerreschi (suoni).
 
Davide
Qual è la vostra idea generale di funzione sociale della canzone e quale in questo attuale momento della società italiana?
 
Mé, Pék e Barba
Il nichilismo che contraddistingue l’attuale società è senza ritorno e non può essere in alcun modo scalfito. Il disinteresse, l’indifferenza, l’ignoranza diffusa non lasciano scampo alle canzoni che non siano di mero intrattenimento, quelle di sottofondo che devono essere buone per un aperitivo o per consumare e farci la spesa. Sembrano passati anni luce dall’Italia cantata dai cantautori o dall’Italia del circuito “alternativo” degli anni novanta. Resistono comunque tante cose di qualità, ma apprezzate da un pubblico sempre più ridotto di persone.
La grande diffusione delle esibizioni delle cover band negli eventi dal vivo testimonia la scarsissima propensione all’ascolto. Un popolo che non legge libri  non ha nemmeno desiderio di impegnarsi nell’ascoltare musica interessante che abbia qualcosa da raccontare.
 
Davide
Nel booklet le foto che ritraggono i membri del gruppo sono accompagnate da una prescelta (suppongo anche preferita) bottiglia di vino… Da piemontese, ovviamente, sono fiero di avervi visto almeno due grandi vini piemontesi come il Barolo (Michela Ollari) e il Dolcetto d’Alba (Roberto Guerreschi)… Curioso il contributo del winemaker Roberto Cipresso, tra i migliori e più blasonati enologi italiani. Come nasce questa partecipazione?
 
Mé, Pék e Barba
Per quanto riguarda le foto del booklet avevamo esattamente questo intento. Sgombrando il campo da scopi commerciali, volevamo semplicemente raccontare, con una  foto, la nostra idea preferita di vino. Non potevamo che collegarci all’etichetta del cuore. Roberto Cipresso è un enologo di fama mondiale che ha dimestichezza con la letteratura e con la musica. Un suo racconto ha ispirato il testo di Saudade. L’abbiamo contattato per comunicargli questo e per proporgli, conoscendo la sua passione per la chitarra, una partecipazione nel brano. Lui ha preferito dare il suo contributo suonando un bell’assolo di armonica a bocca, venendo a trovarci direttamente in studio di registrazione, percorrendo un bel po’ di chilometri.
 
Davide
Se per Paulo Coelho l’ora più buia è quella che precede il sorgere del sole, a che ora del giorno o della notte secondo voi si trova in questo momento l’Italia?
 
Mé, Pék e Barba
Non si può essere che pessimisti. Non c’è mai stato un livello così esagerato di cattiveria, ignoranza, stupidità e razzismo. Occorrerebbe una grande rivoluzione culturale e forse non solo culturale.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Mé, Pék e Barba
Fuoco, Acqua, Aria, Terra. Non diciamo altro.
 
Davide
Grazie e à suivre…

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