KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

A Handful of Stars

8 min read
gioco per 2-4 persone
Autore: Martin Wallace
Editore: Treefrog Games (www.treefroggames.com)
 
Martin Wallace e la sua casa editrice (inizialmente chiamata “Warfrog”, poi diventata successivamente “Treefrog” per evidenziare la materia prima preferita – il legno – e diminuirne la nomea “bellica”), sono stati sicuramente protagonisti del mondo dei giochi da tavolo per la qualità dei titoli realizzati (come per altre case editrici ci sono stati alti e bassi, ma diversi titoli sono diventati dei classici, ai quali si continua a fare riferimento tuttora). Sto utilizzando i verbi al passato non per quello che riguarda Wallace (che è vivo e vegeto e sempre all’opera, anche se dalla lontana Nuova Zelanda), ma per la Treefrog, dato che questo “A Handful of Stars” è l’ultimo gioco che ha pubblicato (infatti Wallace ha dichiarato che d’ora in poi si occuperà esclusivamente dell’ideazione di giochi, lasciando ad altri l’incombenza della loro pubblicazione).
Questo titolo di ambientazione spaziale (e quindi fantascientifica) completa “la trilogia dei deckbuilder”, ovvero giochi nei quali ogni giocatore utilizza un proprio mazzo, nel quale vengono aggiunte le carte corrispondenti alle conquiste territoriali (si gioca anche conquistando territorio su una plancia) e agli sviluppi tecnologici conseguiti da ognuno; il primo gioco della trilogia è stato “A Few Acres of Snow” (“Pochi Acri di Neve” nella versione italiana), basato sulla guerra tra inglesi e francesi combattuta su suolo americano dal 1756 al 1763; mentre il secondo è stato “Mythotopia”, con ambientazione fantasy (ed esteso da due a quattro giocatori). Ma vediamo ora se questo titolo rappresenta una degna conclusione per la produzione ludica di questa casa…
La scatola è nel formato “classico” della Treefrog (in realtà è alta il doppio dello standard), e contiene:
– una plancia,
– quattro plance per i giocatori,
– vari mazzi di carte,
– segnalini di legno in vari colori,
– pedine e tessere di cartoncino,
– il regolamento (in inglese).
I materiali sono di buona qualità, più per le illustrazioni (lo stile rende bene la varietà dei paesaggi e delle specie aliene) che per la robustezza dei componenti: per le carte è d’obbligo imbustarle dato che verranno manipolate di continuo, e se le tessere dei pianeti e la plancia principale sono belli robusti, le plance dei giocatori sono dei semplici fogli, mentre le tessere delle flotte e delle basi stellari hanno illustrazioni schematiche e blande. Su molte carte si possono trovare effetti particolari descritti con delle frasi in inglese, per cui conviene che i giocatori conoscano la lingua.
La preparazione necessita di un po’ di tempo: nella plancia vanno sistemate casualmente le tessere dei pianeti, e poi a seconda di cosa è indicato sulle tessere stesse vanno piazzate lungo alcune rotte i buchi neri (i cilindri neri di legno, che formano quindi degli ostacoli che non possono essere aggirati), in modo tale da creare ad ogni partita una conformazione differente.
Si mischiano le carte che corrispondono ai sistemi abitabili e se ne distribuisce un certo numero in base a quanti sono i giocatori, lo stesso lo si fa con le carte dei sistemi non abitabili (queste carte formeranno il mazzo base), poi ogni giocatore piazza sulla plancia nei propri sistemi, i cubetti del proprio colore, che identificano gli avamposti. Si mischiano le carte tecnologia e se ne distribuiscono due a ogni giocatori (vanno nel mazzo base), poi si fa lo stesso con le carte specie aliena, e ognuno ne riceve una, questa andrà tenuta davanti a sé (ogni specie ha un potere particolare), mentre le tre carte speciali corrispondenti vanno a finire nel mazzo base. A questo punto, considerando quali pianeti abitabili possiede, ogni giocatore deve decidere segretamente (e rivelare in contemporanea) in quale di questi posizionerà il proprio pianeta base (con la pedina relativa, due flotte, e una base stellare), la stessa operazione va fatta per una colonia (con la pedina, una flotta, e una base stellare). Negli avamposti rimane il cubetto, e va aggiunta una flotta.
Si determina casualmente il primo giocatore, poi si scoprono sei tessere avanzamento casuale, e a turno i giocatori ne scelgono due da piazzare sulla propria plancia (danno poteri speciali, e se ne aggiungerà uno ogni volta che un giocatore costruirà una nuova colonia). Poi vanno piazzati i segnalini sulla traccia segnapunti, calcolando sette punti per il pianeta base, cinque per la colonia e tre per ogni avamposto; un segnalino va piazzato sullo zero della traccia combattimento e un altro sullo zero della traccia dei rimescolamenti dei mazzi giocatore. Infine si pescano e piazzano a faccia in su otto carte tecnologia, e di distribuiscono a faccia in giù le tessere alieni su ogni pianeta rimasto non assegnato ai giocatori. Ogni giocatore mischia le proprie carte del mazzo base e ne pesca sei a formare la mano iniziale, e si può finalmente partire.
A turno ogni giocatore deve eseguire due azioni, dopodiché pesca tante carte quante servono a riaverne sei in mano, e passa il turno al giocatore successivo. Ogni volta che un giocatore esaurisce il mazzo di pesca e deve pescare, rimischia le carte scartate e forma un nuovo mazzo, e fa anche avanzare il segnalino sulla traccia dei rimescolamenti (oltre a riattivare tutte le tessere avanzamento a faccia in giù). Le azioni a disposizione dei giocatori sono:
– costruire: il giocatore può costruire una o due flotte/basi stellari pagando un punto di popolazione e un punto di materia per ognuna (ovvero giocare carte dalla propria mano che hanno queste risorse, oppure capovolgere tessere sviluppo con tali risorse). Si possono piazzare le nuove unità solo sul pianeta base o su una colonia, non un avamposto.
– muovere (e combattere): il giocatore può muovere quante flotte vuole, a condizione che paghi un punto di energia per ogni spostamento di ogni singola flotta tra un sistema e uno adiacente (che non sia bloccato da un buco nero). Una volta a turno un giocatore può innescare un combattimento, spostando flotte su un sistema controllato da un altro giocatore (o dalle forze aliene neutrali): i combattimenti si risolvono con un sistema abbastanza lineare, si conteggiano le forze da entrambi i lati (ogni flotta vale tre, ogni base stellare cinque) e chi è in minoranza può giocare carte o spostare flotte per tornare in vantaggio (ogni punto materia vale uno di forza, le flotte aggiuntive si possono far arrivare spendendo punti energia). Quando chi sta perdendo non vuole o non può riportarsi in vantaggio il combattimento termina (in caso di pareggio vince il difensore). Il vincitore perde metà delle unità (arrotondate per difetto) mentre il perdente deve eliminare metà delle unità (arrotondate per eccesso) e ritirare quelle rimaste (il difensore può ripescare carte per ritornare alla mano di sei). Notare che c’è una perdita di unità per il vincitore solo se c’è un confronto, ovvero, se chi è in svantaggio si ritira subito, solo lui subirà le perdite. Se un giocatore perde il controllo di un sistema, deve rimettere la carta relativa nel mazzo dei sistemi non assegnati, rimuovere dalla plancia i propri segnalini e diminuire il proprio punteggio.
– colonizzare: il giocatore può spendere un punto di popolazione e piazzare un cubetto su un pianeta (abitabile o no) per stabilire un avamposto, oppure spendere tre punti di popolazione per piazzare un dischetto su un pianeta abitabile per stabilire una colonia (in quest’ultimo caso guadagnerà anche una tessera sviluppo). Il pianeta deve essere sotto il controllo del giocatore (ovvero avere una o più flotte), che guadagnerà i punti relativi.
– sviluppare una tecnologia: il giocatore può aggiungere al proprio mazzo degli scarti una delle carte tecnologia a faccia in su sul tavolo, pagando il numero indicato di punti ricerca (la carta andrà rimpiazzata con un’altra pescata dal mazzo). La tecnologia wormhole funziona in modo leggermente differente, quando questa carta viene pescata, viene messa a lato della plancia, e da questo momento in poi ogni giocatore potrà acquistare questa tecnologia pagando due punti ricerca (riceverà un apposito segnalino) e d’ora in poi potrà muovere tra sistemi con il simbolo relativo come se fossero adiacenti.
– mettere carte in riserva: ogni giocatore ha a disposizione due spazi sulla propria plancia in cui, con un’azione di questo tipo, può piazzare una o due carte dalla propria mano. In qualunque momento della partita potrà utilizzare tali carte come se le avesse giocate dalla mano (aumentando quindi la propria disponibilità); in più ci sono determinate carte che si possono giocare o hanno un effetto solo quando sono presenti nella riserva.
– rimuovere una carta: un giocatore può scartare una carta dalla propria mano e rimetterla tra i sistemi non assegnati (se è un sistema) o eliminarla dal gioco (se è una tecnologia o una carta iniziale) per rendere più efficiente il proprio mazzo (c’è da notare che in realtà non è un’azione così vantaggiosa, sono poche le carte che possono risultare inutili, al massimo le due tecnologiche iniziali).
– usare un’azione riportata su una carta della propria mano (o della riserva) ottenendone i relativi vantaggi.
– passare.
Notare che ogni volta che bisogna pagare delle risorse, ogni carta può essere utilizza solo per un singolo tipo di risorsa (oppure per il potere speciale riportato). La partita termina quando il segnalino sulla traccia dei rimescolamenti raggiunge un valore determinato dal numero dei giocatori, si gioca fino a completare il round corrente, dopodiché ognuno gioca un ultimo round: al termine di questo si valutano i punti e chi è in testa vince la partita (notare che in qualunque momento si possono ricalcolare i punteggi dei giocatori); in caso di parità si valuta chi controlla il maggior numero di sistemi, e in caso di ulteriore parità la partita finisce con un pareggio (diciamo che a Wallace non piace avere tante condizioni di spareggio).
Alla prova del tavolo questo gioco si rivela molto elegante: tutte le scelte (sia nella preparazione che nella realizzazione) appaiono lineari (senza essere banali) e logiche, non ci si troverà mai nella situazione di non sapere cosa fare o come fare un’azione specifica. A differenza di altri giochi basati sul meccanismo del deckbuilding, il mazzo base è già discretamente efficiente, soprattutto per le tre abilità di specie e le due carte tecnologia casuali, che possono essere determinanti per la strategia iniziale da seguire. Difetti? Il gioco è improntato pesantemente sul combattimento: è vero che ci sono alcune carte che possono attribuire punti senza sferrare un colpo, ma la maggior parte del punteggio arriva dalla conquista territoriale e quindi dal confronto diretto con gli avversari. Ma l’aspetto migliore del gioco è proprio il combattimento, realizzato con un meccanismo articolato che non si riduce ad un esito casuale ma è determinato da una serie di valutazioni e scelte da parte dei giocatori.
In sintesi questo gioco è la degna evoluzione dei suoi due predecessori, e si vede come i loro “difetti” siano stati considerati, analizzati, e risolti: per fare due esempi, in “Pochi Acri di Neve” la configurazione iniziale sempre uguale ha portato allo sviluppo di una strategia imbattibile (e quindi qui abbiamo una configurazione iniziale sempre differente), mentre la condizione di fine partita di “Mythotopia” poteva causare uno stallo (e quindi abbiamo l’ottimo meccanismo del conteggio del numero dei rimescolamenti dei mazzi).
Se in passato avete apprezzato i giochi della Warfrog/Treefrog (e magari avete già sullo scaffale un discreto numero di queste scatole), e siete alla ricerca di un gioco dalle meccaniche attuali e dal tema fantascientifico, non potete farvi sfuggire questo titolo (da mettere rigorosamente all’estrema destra della fila).

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