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Intervista con Marco Masoni

10 min read

Il Multiforme

Il disco d’esordio di Marco Masoni
 
Il primo lavoro solista dell’eclettico musicista pisano, ex Germinale: tra canzone d’autore e rock d’arte, ballate e suite, spensieratezza e politically uncorrect. Disponibile in cd, vinile e download
 
AMS Records
è lieta di presentare
 
IL MULTIFORME
(Paesaggi catartici e operette morali)
Ams Records/Btf
11 brani – 58 minuti
 
Il Multiforme è una parola inventata da Omero per l’Odissea, riferita ad Ulisse. Qualche anno fa mi definì così Petra Magoni nei ringraziamenti di un disco dei Musica Nuda che aiutai ad “organizzare” artisticamente. Da sempre faccio tante cose diverse, con entusiasmo passione e spero competenza, faccio il produttore artistico, ho fatto il manager, suono strumenti diversi, compongo, arrangio. Inoltre nel mio nuovo disco ci sono canzoni in vari stili: pop, prog, folk, rock, ballad ecc. Mi sembra un titolo calzante”.
È un autentico multiforme Marco Masoni: una delle personalità più eclettiche della musica italiana, dal prog-rock dei Germinale alla anomala canzone d’autore del suo debutto da solista.
 
Nato nel 1973, nel 1991 fondatore dei Germinale (una delle più apprezzate formazioni della rinascita progressive anni ’90), Marco Masoni è un autore originale e sui generis: come testimonia il collage di immagini dell’artwork (con i volti di Beatles e Lucio Battisti, Frank Zappa e Bob Dylan, tra gli altri), sono numerosi i riferimenti e le influenze, macinate in una scrittura bifronte, che passa da ballate evocative (“paesaggi catartici”) a pezzi politically uncorrect (“operette morali”) che esprimono una precisa visione del mondo. Negli undici brani la ricercatezza dell’eredità prog e l’uso visionario di suoni olofonici vanno a braccetto con la forma-canzone dalla vena battistiana, tanto spensierata quanto meditativa.
 
Arrangiato con la complicità di Edoardo Magoni, Il Multiforme annovera numerosi musicisti, tra i quali Maurizio Di Tollo (Maschera di Cera), Jacopo Giusti (Fattore Zeta) e Lorenzo Ughi (Fangoraro). Il Multiforme è disponibile su CD, LP (in edizione superlimitata – 300 copie – con un brano diverso rispetto al CD) e digital download. Dal disco Masoni ha estratto tre singoli/videoclip: Tutti In Colonna, Perdersi e Maggio D’Improvviso, multiformi e sorprendenti come l’autore. E se volete provare a suonare i suoi pezzi, nel booklet trovate gli accordi: il “canzoniere del multiforme”.
 
Info:
Marco Masoni:
Ams/BTF:
Synpress44 Ufficio stampa:
  
Intervista
 
Davide
Ciao Marco. Il tuo disco mi è piaciuto molto, anche per i testi, al di là del fatto che hanno incontrato un momento della mia vita che vi si ritrova. Come nasce, prima ancora dei Germinale, il Marco Masoni musicista e autore di musica e canzoni. Come nasce tuo il sogno (o bisogno) musicale e in cosa consiste?
 
Marco
Ciao Davide. Ho cominciato a strimpellare la chitarra tardi, a 15 anni circa, seguendo gli accordi trovati sul vecchio libro di musica delle medie. Dopo un anno circa ho fondato la mia prima band. Nello stesso periodo ho cominciato a scrivere testi. Tutti a sedici anni scrivono poesie, no? 🙂 Anche adesso nella maggior parte dei casi parto da un testo e lo musico, mi viene più facile che partire dalla musica. Però non so se ho mai avuto un sogno musicale preciso. Ho sempre avuto un’urgenza, quello che in gergo si chiama “sacro fuoco” per tutto ciò che ruota intorno alla musica: l’ascolto e l’analisi dettagliata dei dischi, delle note di copertina, dei suoni che ci sono dietro, delle produzioni, della critica musicale. Mi interessa esprimermi con i vari aspetti della musica, ma soprattutto per una esigenza personale,. intima e insopprimibile. Paradossalmente non mi è mai interessato niente (e non so quasi niente) degli aspetti tecnici degli strumenti che mi trovo a suonare e della teoria, anzi, ho una certa repulsione per chi è troppo “tecnico”: sono convinto che troppa conoscenza tecnica castri e indirizzi la creatività, che alla lunga la tecnica tolga fantasia e rischio, che sono elementi indispensabili per essere un minimo personali. Insomma, faccio musica per stare bene e per tentare di riconoscermi, a volte è una sorta di autoanalisi, uno specchio che mi piace deformare, come quelli del Luna Park.
 
Davide
La copertina del tuo disco è composta da tanti volti della storia del rock (Pink Floyd, Hunky Dory, Sting, Jimi Hendrix, Frank Zappa, Battiato, e tanti altri). Tu sei quello nel mezzo con l’occhio di “Eye in the sky” e la bocca di “Tubolar Bells”? Il rock è arrivato al tempo del mito? Il primo carattere del tempo mitico è l’essere eternamente presente. Ma è anche un tempo ciclico, dove tutto si ripete, dove il futuro ricalcherà le orme del passato?
 
Marco
Sì, sono quel volto efebico in mezzo, nascosto e poco riconoscibile, tutta opera del grafico della mia etichetta. Questa copertina all’inizio non mi convinceva, la volevo completamente diversa, poi è arrivata questa proposta e le modifiche cromatiche e grafiche che ho richiesto, consulenze legali per l’utilizzo delle immagini ecc. hanno fatto “perdere” quasi un semestre per l’uscita del disco, ma alla fine va bene così. Non ci sono solo artisti che amo, c’è un po’ di tutto, ho dato un elenco di circa 150 miei vinili che avevo usato per le foto originarie e questo è il risultato.
Credo che il rock (termine ormai troppo vago, preferisco parlare di musica popolare extracolta) sia arrivato al mito nel momento del ventennale di Sgt. Pepper, ricordo distintamente nel 1987 copertine di riviste e speciali televisivi dedicati a questa ricorrenza, questo passaggio epocale, scelto dai mass-media come paradigma, ma potevano anche scegliere Pet Sounds o Revolver o The Piper At The Gates Of Dawn. Dalla metà degli anni ’80 ad oggi ci sono state pochissime novità, pochissimi rischi (mi vengono in mente Battisti-Panella, alcuni Radiohead a cavallo del millennio e pochissimo altro) e un eterno riciclo estetico e sonoro. Per carità, come si vede amo moltissimo i classici e temo che l’epoca 1966-1975 sia irripetibile nell’ambito della musica popular. Forse c’è un eterno presente, sì. Ma è anche un tempo decadente in modo apparentemente inarrestabile, magari si ricalcassero le orme dei grandi del passato, sarebbe già un miglioramento.
 
Davide
Perché “Il multiforme” l’hai già spiegato… Veniamo invece al sottotitolo: Paesaggi catartici e operette morali. In che modo rimanderesti a Leopardi? È per il confronto tra i valori del passato e la situazione statica e degenerata del presente?
 
Marco
Ho sempre odiato il pessimismo Leopardiano, inoltre ho un orribile ricordo legato alla sua Ginestra e al mio esame di maturità… mi piace il Leopardi in prosa, ma rimane davvero in basso nella mia personale classifica di autori/poeti italiani. Ho dato al disco un sottotitolo autoironico, è semplicemente l’ideale divisione che ho dato ai testi del disco: alcuni descrittivi e a volte stranianti, altri con un senso più profondo, a volte pesante.
 
Davide
Perché hai stampato anche 300 copie di dischi in vinile di questo tuo lavoro d’esordio? Il suono riprodotto in modo meccanico e analogico produce del resto una serie di imperfezioni e irregolarità, senza contare  i fastidiosi crepitii che si manifestano solo quando il disco è graffiato o impolverato, o in presenza di cariche elettrostatiche. Perché è un supporto più durevole e chiunque potrà costruire un rudimentale giradischi in un futuro in cui tutto è soggetto a rapida obsolescenza programmata? Qual è il tuo rapporto col tempo e dell’arte nel tempo?
 
Marco
Ho insistito molto per far stampare il vinile, per me rimane un supporto importante, non per la sua imperfezione ma per la sua quasi-perfezione: i vinili suonano meglio, nonostante i luoghi comuni pare che durino più a lungo dei CD (adesso i primi CD stampati negli anni ’80 si stanno “bronzando” e sono illeggibili, mentre vinili dei primi del ‘900 suonano ancora bene). Certo, bisogna trattarli decentemente. Inoltre sono belli, nessuno potrà mai sostituire la soddisfazione e la bellezza di ascoltare un disco tenendo in mano una copertina alta e larga 31 centimetri, leggendo i testi e le note con un quadratino 12×12 o con un PDF. La musica liquida va bene per i prodotti usa e getta, per le canzoni estive, per i provini. Non per i dischi “veri”.
L’ultima parte della domanda è per me complessa. Il tempo è una bestia che va domata, a volte passo giorni totalmente inconcludenti e altri colmi di risultati e cose fatte. Poi può sembrare puerile, ma davvero sento dentro almeno dieci anni meno di quelli che ho anagraficamente, colpa anche di anni “persi” nel NON fare dischi. Spero di recuperare.
L’arte nel tempo è un altro argomento potenzialmente infinito, diciamo che l’arte fissa il tempo, pone dei paletti e dei parametri, dei ganci e dei punti di riferimento non solo per gli artisti ma per l’intera umanità. Ci si ricorda meglio quando è stato scolpito il Mosè di Michelangelo che quando è avvenuta la famosissima guerra dei trent’anni, per esempio.
 
Davide
Gl album dei Pink Floyd sono anche celebri per i loro numerosi effetti sonori, specialmente tra una traccia e l’altra. Tra una canzone e l’altra usi effetti sonori, anche quelli olofonici registrati con l’olofono di Umberto Maggi. Perché l’uso di questi intermezzi sonori?
 
Marco
Sì, è una mia caratteristica, dai primi tempi dei Germinale ho sempre amato occuparmi anche di questi aspetti, e insieme agli altri abbiamo farcito i nostri dischi di effetti, rumori, voci. Rendono un disco curioso, interessante, fanno venir voglia di riascoltare, magari danno una direzione inaspettata ad un testo o ad una musica. Per me sono parte integrante dell’opera.
Visto che li hai nominati: un disco come The Wall dei Pink Floyd (che musicalmente non considero certo il loro vertice) per me varrebbe dieci volte meno senza gli inserti sonori, gli effetti e le vocine isteriche o infantili. L’olofonia è un aspetto che rende straordinario un disco per me già bellissimo come The Final Cut, ho fatto delle ricerche sui suoni e dove ho potuto ho usato alcuni di quei geniali effetti ne “Il Multiforme”: ascoltate il mio disco in cuffia e ve ne accorgerete meglio.
 
Davide
Quando nasce una canzone di Marco Masoni e cosa sono per te catarsi e conoscenza?
 
Marco
Una mia canzone nasce in due modi: per caso o per scelta. Ho già detto che la maggior parte delle volte parto dai testi. A volte strimpellando vengono fuori sequenze di accordi che mi sembrano interessanti e che mi immagino con un testo. Altre volte scelgo di mettermi “al lavoro”. Grazie al cielo vedo che negli ultimi anni quando voglio scrivere una canzone non faccio molta fatica nella prima fase di scrittura. Magari passo sei mesi a rifinire un brano, a cercare il giusto arrangiamento o una modulazione o altro, ma lo scheletro arriva quasi subito, ed è la parte fondamentale.
La catarsi è una specie di purificazione, un liberarsi quasi anarchico di emozioni sopite o nascoste, e ne ho sempre fatto un uso sporadico ma costante. Arrivare ad avere conoscenza di qualcosa invece è sempre un lungo e faticoso percorso, ma quando si ottiene dà un sacco di soddisfazione, anche se non si arriva MAI ad averne una piena, in nessun ambito dello scibile.
 
Davide
I poeti che non s’interessano alla musica sono, o diventano, cattivi poeti, diceva Ezra Pound. Ma anche il viceversa, secondo me, a proposito dei musicisti che non si interessino della poesia. Ci sono dei poeti che ti abbiano lasciato, diciamo così, il segno?
 
Marco
Amo molto Ungaretti, Chesterton, Jodorowsky, Montale, Shakespeare, Pasquale Panella, Giovanni Lindo Ferretti, Dino Buzzati, Francesco Guccini, PierPaolo Pasolini. Alcuni non sono considerati convenzionalmente poeti, lo so. Per me lo sono.
 
Davide
La musica e l’Italia. Come vivi questo binomio?
 
Marco
L’Italia musicalmente mi sembra piuttosto morta: non si vende un disco o quasi, e dal vivo se non sei una cover band non ti vogliono, oppure ti fanno suonare ma non ti pagano. E così muoiono i futuri Battisti, Luigi Tenco, Area, Umberto Bindi, De Gregori, Elio e Le Storie Tese ecc. ecc. Siamo nell’epoca dell’aborto preventivo musicale, sia a causa dell’ignoranza e della pigrizia della maggior parte del pubblico che dell’avidità miope dei gestori dei locali.
 
Davide
La musica sembra alleviare il dolore, | sembra motivare il cervello. Music seems to help the pain | Seems to motivate the brain (Take up thy stethoscope and walk)… Cos’è per te la musica, o cosa sembra?
 
Marco
La musica per me è una necessità sia intima che corporale, qualcosa di insopprimibile, fa parte di me da sempre. I miei genitori mi raccontarono che all’età di due o tre anni li trascinai letteralmente in un negozio di dischi e pretesi che mi comprassero il vinile de Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky…
 
Davide
Cosa succederà adesso?
 
Marco
Farò altre presentazioni e concerti presentando in giro per l’Italia “Il Multiforme”. E finirò di incidere il mio prossimo disco, siamo già a più di metà lavoro. Adoro il lavoro in studio di registrazione.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Marco 
Grazie a te!

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