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Intervista con Piero Costa

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Ho due c.d. oggi nello stereo: uno a nome di “Galleria Contemporanea”, gruppo rock underground di Varese formato da Piero Costa alle chitarre, Fabrizio Virgola De Paoli al basso, Daniele Petrelli alle chitarre, Gianni Scali alla voce e Bruno Spinardi alla batteria. È datato 1997.
L’altro cd è invece a nome di Piero Costa, suo lavoro solista d’esordio, e si intitola “La statua che si muove”. Canzoni gradevoli, arrangiamenti e morbide atmosfere che rievocano il cantautorato progressive anni ’70 (dalla deandreiana “Già lo sai” a “Giorgio va al cinema” che ricorda il Canterbury Sound), bei testi… La voce (con un qualcosa di Cristiano De Andrè) e le chitarre di Piero Costa sono impreziosite da un gruppo di ottimi musicisti: Andrea Braido (chitarra elettrica), Renato Cauzzo (percussioni), Danilo Franchi (cori), Luca Fraula (piano elettrico e Hammond), Luca Galmarini (batteria), Roberto Gelmetti (tromba), Luca Muselli (flauto traverso), Matteo Pallavera (basso elettrico e contrabbasso), Eleonora Penati (voce), Oliviero Talamo (chitarra elettrica). 

https://www.facebook.com/pages/Galleria-Contemporanea/628026710620239 

1.            La statua che si muove
2.            Perché no?
3.            Ai margini
4.            Giorgio va al cinema
5.            Cose dimenticate
6.            Il bacio del soldato
7.            Già lo sai
8.            Aria e anima
9.            Il sole del sud
10.         Eroi e guai
11.         Quando cambia il cielo
12.         La verità non ha colore 

Davide
Ciao Piero. Parleremo soprattutto del tuo disco solista. Ma non prima di aver saputo qualcosa di più dei Galleria Contemporanea e del cd “Fili”. Chi erano i Galleria Contemporanea, qual è stata la loro storia e perché si sono sciolti, per altro – mi pare – poco dopo aver dato la luce a un valido lavoro come “Fili”? 

Piero
Ciao Davide. I Galleria erano, anzi sono, degli amici con in comune la voglia di fare musica. Nei lontani anni novanta siamo stati in attività per sette anni circa, fino all’arrivo della produzione “Area 96” per il c.d. “Fili” e poi… la chitarra di Daniele è tornata a vivere nel Salento, la batteria di Bruno e il basso di Fabrizio hanno scelto di dedicare il loro tempo a indiscutibili priorità familiari, così rimasta solo la voce di Gianni a fare compagnia alla mia chitarra, abbiamo tentato di proseguire il progetto “Fili” con altri musicisti, ma abbiamo subito scoperto che il feeling vissuto dal  gruppo era irripetibile, quindi è arrivato lo stop.
 
Davide
I Galleria Contemporanea si sono però ritrovati dopo molti anni e so che siete tornati a suonare e a lavorare su pezzi nuovi… 

Piero
Sì, stiamo risuonando alcuni brani di “Fili”, alcuni de “La statua che si muove” e altre cose nuove, con in più il flauto traverso di Luca Muselli. 

Davide
Cos’hai fatto nella lunga parentesi dallo scioglimento dei Galleria Contemporanea  finoal tuo lavoro solista? Com’è nato il tuo disco e come nasce una tua canzone? 

Piero
La voglia di scrivere e suonare non mi ha mai abbandonato, ho cercato altre collaborazioni, fino ad arrivare alla proposta di una seconda produzione, sempre “Area 96”, nella persona di Rocco Cosentino. I brani, strutturati solo con voce e chitarra acustica, sono cresciuti con l’aiuto dei musicisti che tu hai già sopra citato, così è nato “ La statua che si muove”… Le canzoni nascono per la maggior parte dei casi dalla musica che, se funziona melodicamente e ritmicamente, stimola diversi stati d’animo o diverse riflessioni intorno a quello che oggi viviamo, da cui escono le parole, importanti quanto o forse anche più delle note. 

Davide
“La statua che si muove” è uscito nel 2009. Un bilancio? 

Piero
Al termine del lavoro il bilancio è stato più che positivo, l’esperienza in studio ci ha soddisfatti, il risultato anche. Il bilancio, nel senso aziendale del termine beh!… fai conto che delle mille copie stampate tante sono andate a cercare di promuovere il lavoro a tutti gli addetti del settore, radio, giornali etc…. senza nessun risultato. Concerti? Se non hai un tribute band a Ligabue o anche peggio, proponendosi con musica originale ne fai pochi, quindi… mi fumerò una sigaretta dal nervoso, scherzo, a chi ci tenevo piacesse è piaciuto e i giudizi sono stati positivi, ho gradito molto anche il tuo commento. 

Davide
Perché “La statua che si muove”? 

Piero
È un ossimoro più che una metafora, la statua rappresenta il potere che, fermo, autoreferenziale, come una statua appunto, arriva comunque ovunque quando deve reprimere, conquistare, nel peggiore dei casi soggiogare. È la televisione, è il cavaliere di turno, è il burattinaio che muove la spada del pupo per risolvere questioni d’onore. 

Davide
Presentaci i musicisti che ti hanno accompagnato in questo disco. 

Piero
Volentieri. Oliviero Talamo e Danilo Franchi sono i due terzi di un trio (Franchi Giorgetti Talamo) che nei lontani settanta hanno girato l’Italia con le loro tre chitarre, finendo ad incidere il loro “Volume 1” con l’orchestra e gli arrangiamenti di Nicola Piovani. Matteo Pallavera, diplomato contrabbasso al conservatorio attualmente compone musica classica contemporanea e si diverte a suonare qualsiasi cosa gli piaccia e mentre suona ha sempre il sorriso stampato in faccia. Eleonora Penati arriva dal Gospel e canta in una cover band che suona rock, funky, soul e altra merce del genere. Roberto Gelmetti non suona solo la tromba ma anche batteria e percussioni, la sua passione è il reggae e il rock stady. Luca Galmarini dorme sopra una gran cassa e suona funky e blues, ma se ti serve per un bolero non c’è problema. Luca Fraula da duecento anni suona il soul… con l’anima. Renato Cauzzo ha suonato le sue percussioni a Cuba per qualche anno fino a che una cubana non l’ha sposato. Andrea Braido… un colpo di fortuna averlo incrociato nello stesso studio, ci ha dedicato un po’ del suo tempo e ha fatto quello che ha fatto. Luca Muselli, tuttora membro dei Galleria, è l’amico che condivide con me da cinque anni a questa parte prove, concerti e idee. 

Davide
Perché hai scelto i disegni di Franco Matticchio per illustrare il tuo disco? 

Piero
Matticchio è un mago della matita, mi è piaciuto il fatto che prima di darci l’ok ha voluto sentire le canzoni e leggere i testi, grande! Un aneddoto: un amico, commesso in un negozio di dischi, vende a Franco un disco di Nick Drake, passa qualche giorno e Franco acquista un’altra copia dello stesso disco, incuriosito il commesso gli ricorda che quel disco lo aveva già preso la settimana prima, e Matticchio risponde:”Piuttosto che vedere un disco di Nick Drake lì negli scaffali lo prendo e lo regalo a qualcuno”. 

Davide
Quali sono i tuoi artisti e i tuoi dischi più importanti, attraverso i quali sia nato e si sia  formato il desiderio di fare anche tu musica e parole? 

Piero
Bella domanda!… Farei un veloce giro panoramico: dall’Inghilterra adoro gli XTC, la loro ironia e la loro ritmica o la rabbia di Joe Strummer, dagli States i Talking Heads o i Television con il loro geniale minimalismo, dal sud del mondo le vibrazioni di Marley e per tornare qui, con i piedi per terra, l’anarchismo musicale di Faber, li ascolto da cento gradini più sotto e li ringrazio. 

Davide
La vita dell’uomo colto dovrebbe alternarsi fra musica e non musica, come fra sonno e veglia, scrisse Novalis. A cosa serve la musica? 

Piero
La musica serve a ricordare che esiste la Pace, è una droga legalizzata, serve ad amplificare le sensazioni, non solo per l’uomo colto. 

Davide
Cosa ti prefiggi, personalmente e socialmente, come autore di canzoni? 

Piero
Personalmente di continuare a goderne, socialmente… se non c’è riuscito il punk… 

Davide
Quale amore e quale avversione porti all’Italia musicale o, più in generale, culturale? 

Piero
L’avversione è l’omologazione, come anche in altri luoghi, l’amore… l’intelligenza di un Gaber, il fascino dei ritmi mediterranei e una certa indipendenza musicale rispetto alle sonorità d’oltre manica e d’oltre oceano di gruppi come Mau Mau, Ust mamò, Yo yo mundi etc… 

Davide
Vuoi provare a immaginare… il futuro? Cosa ci vedi? 

Piero
…Una “ Terra madre, la luna il suo tesoro, tra il mare e il tempo, fermo ad aspettare”. 

Davide
Grazie e…à suivre.

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