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Il Testimone…

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Testis non est iudicare[1]
Brocardo latino
 
Giuridicamente parlando è un soggetto “terzo”, cioè una persona diversa dalle parti in causa, chiamato a riferire su fatti di cui è a conoscenza e che riguardano l’oggetto del processo, a esso ricollegabili o, comunque, rilevanti ai fini processuali. La regolamentazione della “prova testimoniale” è diversa, sia per l’ammissione sia per l’escussione (termine tecnico che indica l’interrogatorio), in materia civile e in materia penale.
Nel processo civile la testimonianza è regolata dagli articoli 244 al 257 del Codice Procedura Civile[2], per il quale la parte che ha interesse a servirsi di testimoni deve, contestualmente alla domanda/atto di citazione (se è “attore”) o alla comparsa di risposta (se è “convenuto”), (artt. 163 e 167 c.p.c.), indicarli in apposita lista e formulare i quesiti (c.d. capitoli) sui quali essi saranno sentiti “separatamente” dal Giudice, previa prestazione di Giuramento[3].
L’audizione separata garantisce la spontaneità e veridicità delle risposte, evitando che i testimoni si suggestionino o influenzino reciprocamente[4], mentre la formula del giuramento, dopo diversi interventi della Corte Costituzionale[5], decisi a renderla “più laica”, è la seguente: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”. Successivamente il Giudice procede alla identificazione dei testimoni: “Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, l’età e la professione lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa. (Art.252 c.p.c.)[6].
Nonostante il formalismo della “predeterminazione dei capitoli” il Giudice Istruttore[7] vaglia questa “lista” potendo eliminare le testimonianze sovrabbondanti o vietate dalla legge (art. 244-245 c.p.c.), e, d’ufficio o su istanza (richiesta) di parte, può rivolgere al testimone tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti; in ogni caso, è vietato ai contendenti interrogare direttamente il testimone (art.253 c.p.c.).
Se questi si riferisce per la conoscenza dei fatti ad altre persone, il G.I., anche d’ufficio, può ordinare che esse siano chiamate a deporre (art.257 c.p.c.). Il rifiuto di rendere la testimonianza, la reticenza o la falsità della deposizione sono sanzionati penalmente secondo l’art.256 c.p.c. per il quale “Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale[8]“. L’art.255 del Codice dispone in caso di “mancata comparizione”[9]. Se vi sono divergenze tra le deposizioni di uno o più testimoni il G.I., su istanza di parte o d’ufficio, può decidere che essi siano messi a confronto (art.254 c.p.c.).
In generale, la prova testimoniale è guardata con sfiducia dal legislatore che riserva scarsa fiducia nella onestà e memoria degli uomini, per cui, da un lato, permette al Giudice di valutare liberamente le risultanze delle dichiarazioni e, dall’altro la ammette soltanto entro limiti ben precisi dettati dalle norme sostanziali del Codice Civile, le quali escludono di principio l’ammissibilità della testimonianza per la prova di crediti (di valore superiore ai 2,58 euro!), ma consentono al Giudice di derogare a questa regola, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza (art 2721 c.c.)[10].
La stessa regola vale anche per il caso in cui la prova per testimoni sia invocata per provare l’esistenza di un “patto successivo”, aggiunto o contrario a un documento scritto, o allo scopo di dimostrare l’avvenuto pagamento di un debito o la sua remissione da parte del creditore (art. 2726 c.c.); ovviamente nel caso in cui il documento sia di data successiva o contemporanea alla data del patto da provarsi, la testimonianza è senz’altro inammissibile (art. 2723 c.c.)[11].
Da ultimo la legge n. 69 del 18/06/2009[12], ha introdotto l’art.257bis nel Codice di Procedura Civile (“Testimonianza scritta“) con cui, appunto, viene ammessa la possibilità di rendere per iscritto una testimonianza, nella ipotesi in cui (sentite le parti e con particolare riguardo all’oggetto della causa) il Giudice lo disponga[13]. Successivamente con Decreto del Ministro della Giustizia[14] sono stati approvati i modelli cartacei (che dovranno essere “notificati[15]” al potenziale testimone) con i quali lo stesso potrà “rendere” la propria deposizione, dichiarando, innanzitutto, se si trova in una situazione di incompatibilità oppure in una situazione tale per cui ritenga di doversi astenere.
In generale gli artt. 246, 247 e 248 c.p.c. stabiliscono che sono incapaci a testimoniare coloro che hanno nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio; non sussiste più, invece, il divieto di testimoniare per i parenti più stretti, né il limite di 14 anni per essere sentiti, dopo gli interventi della Corte Costituzionale sugli articoli del Codice citati[16].
In seguito alla compilazione e autenticazione del modello per la Testimonianza scritta, il testimone potrà:
·                     consegnare direttamente, a mano, il modello al Cancelliere del Giudice davanti al quale pende il procedimento, per cui viene richiesta la testimonianza[17];
·                     oppure inviare lo stesso tramite raccomandata[18].
In caso di dubbi circa l’attendibilità del testimone, al Giudice è concessa la facoltà, dopo aver esaminato le risposte e le dichiarazioni, di ordinare che il testimone venga chiamato a deporre dinanzi a lui o ad un Giudice delegato (art.257bis c.p.c.).
In materia penale, la testimonianza (regolata dagli articoli dal 194 al 207 Codice Procedura Penale[19]), come mezzo fondamentale di prova, trova la sua naturale realizzazione nel dibattimento, quella fase del processo che va dalle formalità di apertura del dibattimento (in cui si controlla la rituale costituzione del rapporto processuale), alla deliberazione della decisione e cioè l’emanazione della sentenza. È il momento centrale del processo in cui, per l’oralità e pubblicità del suo svolgimento, si dà la massima attuazione al “principio di parità” delle parti innanzi al Giudice[20]. Oggetto della testimonianza sono fatti determinati, specifici, e non giudizi sulla moralità dell’imputato, né apprezzamenti personali o voci correnti. In altre parole non sono ammesse divagazioni, né apprezzamenti personali del teste; è altresì vietato deporre su voci correnti del pubblico (i c.d. «si dice», che nel processo non hanno, in quanto tali, alcuna capacità probatoria, e a cui è negato ogni possibilità di ingresso nel fascicolo processuale- art.194 c.p.p.). L’esame diretto è iniziato dalla parte che ha introdotto il teste ed è proseguito con il controesame ad opera delle altre parti (art.498 c.p.p.).
Ogni persona ha la capacità di testimoniare (art.196 c.p.p.), e “Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge”. Il primo comma dell’art.198 c.p.p., individua, in forma sintetica, i tre principali obblighi connessi con la (doverosa) prestazione dell’ufficio di testimone. Innanzitutto l’obbligo di presenza: una volta citato, il testimone è tenuto a presentarsi per rendere la propria dichiarazione, attenendosi alle indicazioni di tempo e di luogo stabilite nell’atto con il quale ne viene intimata la presenza. L’art.133 c.p.p. prevede un meccanismo che realizza celerità ed efficienza processuale Se il testimone, il perito, il consulente tecnico, l’interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l’accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, al pagamento di una somma da cinquantuno euro a cinquecentosedici euro a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa”[21].
Una volta presentatosi, il testimone ha un generale obbligo di “disponibilità” nel processo: deve, infatti, attenersi alle prescrizioni del Giudice, adattate alle specifiche esigenze processuali (dovrà, così, rispettare l’invito, rivoltogli dal Giudice, di lasciare l’aula di udienza durante precedenti o successive deposizioni, o rendersi ancora disponibile per ulteriori domande, prima di essere definitivamente congedato). Obbligo di presenza e di disponibilità nel processo sono, ovviamente, strumentali rispetto al fondamentale obbligo di rispondere secondo verità, che costituisce il cuore dello «statuto del testimone». A tal proposito, il teste è avvisato dell’obbligo di dire la verità sia all’inizio della deposizione, sia, nel corso di essa, quando il giudice sospetti che la deposizione sia falsa o reticente[22].
All’esito del dibattimento, il Giudice provvederà a denunciare il testimone sospettato di falsità al P.M., trasmettendogli i relativi atti (art. 207 c.p.p., c. 2), non essendo previsto l’arresto immediato in udienza. In ipotesi, invece, di “indebito rifiuto di testimoniare”, il Giudice ne informa subito il P.M., il quale può di sua iniziativa chiedere subito copia degli atti utili e procedere per la testimonianza reticente. L’art.372 del Codice Penale stabilisce che “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni[23]. E’ interessante far notare che secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, la falsità delle dichiarazioni va accertata non in relazione alla verità oggettiva, ma in relazione alle “conoscenze personali del testimone”. In altre parole il reato sussiste anche quando i fatti dichiarati siano rispondenti al vero ma il testimone non li abbia conosciuti direttamente, pur avendolo fatto credere.
Il principio «nemo tenetur se detegere» (nessuno è tenuto a rendere dichiarazioni a sé sfavorevoli) giustifica la regola fissata del secondo comma dell’art.198 c.p.p., il cui destinatario è il Giudice, al quale spetta il compito di vigilare affinché testimonianza e dichiarazioni “auto incriminanti” siano mantenute ben distinte. Al fine del verificarsi del “non-obbligo a deporre” non è, del resto, necessario che la dichiarazione faccia emergere con certezza una responsabilità penale del dichiarante: basta soltanto che ne faccia prevedere la possibilità (come è fatto chiaro dall’uso dell’espressione «potrebbe emergere»[24]).
Nel caso di “testimonianza indiretta” (denominata anche “de auditu” o “de relato”), e cioè “Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre[25]; dunque se Tizio, chiamato a rispondere sulla presenza di Caio in un certo luogo e ad una determinata ora, riferisce che la circostanza gli risulta in quanto così ha appreso da Sempronio (non ancora entrato, a nessun titolo, nel processo), regola cardine è la necessità di verifica diretta della fonte «di prima mano » la cui inosservanza provoca, per espressa previsione di legge, la radicale inutilizzabilità della testimonianza indiretta, a meno che l’esame della fonte «di prima mano» non sia oggettivamente impossibile per morte, infermità o irreperibilità della stessa.
Aspetto ancora interessante per il lettore è quello dei termini previsti per la convocazione in giudizio della persona citata come testimone: in materia Civile l’art.103 delle disposizioni di attuazione c.p.c., dispone che “L’intimazione … deve essere fatta ai testimoni almeno sette giorni prima dell’udienza in cui sono chiamati a comparire”[26]. In materia Penale, il Codice di Procedura prevede esclusivamente un limite per la parte (ovvero per il suo legale) che deve presentare la lista dei testimoni, che intende siano ascoltati, almeno sette giorni prima della udienza di “escussione” (art.468 c.p.c.). Il Presidente del Tribunale (o della Corte di Assise), autorizza con decreto la “citazione” dei testimoni della lista, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti; a questo punto la legge non prevede una notifica “formale” (a mezzo di Ufficiale Giudiziario o tramite servizio postale) della citazione, prevedendo che “I testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento”, rimettendo alla parte interessata alla testimonianza o alle prescrizioni del Giudice, il rivolgersi o meno all’opera dell’Ufficiale Giudiziario al quale “le parti devono consegnare … gli atti di citazione in tempo utile e nel numero di copie necessario …” al numero di destinatari[27].
Al di fuori del processo non è possibile parlare di “testimoni”. Nella fase delle indagini preliminari, in particolare, non vi può mai essere l’assunzione di una testimonianza da parte della Polizia Giudiziaria o del Pubblico Ministero, ma solo l’assunzione di sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Tuttavia una vera e propria testimonianza può essere assunta dal Giudice per le Indagini Preliminari con il meccanismo dell’incidente probatorio[28]. Ai sensi dell’art.392 c.p.p. “Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:
a) all’assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento[29];
b) all’assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;…”.
Questa anticipata acquisizione della prova si giustifica con l’esigenza di assicurare quelle fonti di prova che, per i motivi, indicati tassativamente dalla legge, rischiano di non poter essere assunte al dibattimento o di essere assunte in stato di “inquinamento” a causa del tempo che intercorre tra la fase delle indagini e quella del dibattimento/processo propriamente detto.
 
Dopo aver ascoltato due testimoni oculari di un incidente stradale,
ci si comincia a preoccupare di come si fa la storia
W. Grimes


[1] Il testimone non deve giudicare. La persona chiamata a rendere una testimonianza deve limitarsi ad una serena ed obiettiva esposizione dei fatti che conosce o dei quali abbia sentito dire, astenendosi da qualsiasi giudizio morale, sociale o giuridico.
 
[2] Codice di Procedura Civile, LIBRO SECONDO – Del processo di cognizione, Titolo I – Del procedimento davanti al tribunale (Artt. 163-310), Capo II – Dell’istruzione della causa.
 
[3] Art.251 c.p.c.2° comma, originariamente disponeva: “Il giudice istruttore avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e delle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti e legge la formula: «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «Lo giuro».
 
[4] In ogni caso, la più recente giurisprudenza è orientata nel senso che il mancato allontanamento degli altri testi, mentre uno di essi depone, non è motivo di nullità della testimonianza, dovendo, piuttosto, il Giudice valutare l’attendibilità della deposizione.
 
[5] Sent. 10-10-1979, n. 117, Sent. 5-5-1995, n. 149.
 
[6] La norma permette al Giudice, da un lato, di escludere i testimoni incapaci ex art. 246 c.p.c. (sempreché la loro esclusione non sia già stata disposta con l’ordinanza che approva l’elenco dei testi) e, dall’altro, di valutare la sussistenza di ragioni di “parzialità” che possano aver condizionato la deposizione, rendendola inattendibile.
 
[7] E’ il magistrato (inteso come persona fisica) cui è demandata quella fase del procedimento civile che serve a rendere la causa matura per la decisione. Tale obiettivo viene raggiunto attraverso la trattazione delle questioni rilevanti in fatto e in diritto e la acquisizione degli elementi di prova idonei a fondare la relativa pronuncia. Il Giudice Istruttore agisce a diretto contatto con le parti e i loro difensori.
 
[8] In generale è la documentazione scritta dell’attività o di determinati fatti e comportamenti dei quali costituisce prova.
Quando la redazione del processo verbale è affidata ad un pubblico ufficiale (Cancelliere o Ufficiale Giudiziario) quegli gli attribuisce pubblica fede (fa piena prova, infatti, fino a querela di falso).
Il verbale di udienza registra gli atti processuali, i meri atti materiali, il deposito di documenti o di ulteriori scritti difensivi offerti dalle parti, compresa l’attività istruttoria e la richiesta e nomina del C.T.U., cioè tutto quanto avviene innanzi all’autorità giudiziaria. Anche l’Ufficiale Giudiziario redige processo verbale in sede di esecuzione, rilascio di bene immobile etc.
 
[9] “Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro. In caso di ulteriore mancata comparizione senza giustificato motivo, il giudice dispone l’accompagnamento del testimone all’udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1.000 euro.
Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il giudice istruttore del luogo”.
 
[10] In pratica di fronte alla prestazione, ad esempio, di un artigiano specializzato che non dispone dei documenti a dimostrazione del proprio credito, il Giudice può ammettere i testimoni della conclusione effettiva del contratto tra le parti.
 
[11] E’ possibile provare per testimoni il fatto di aver smarrito o distrutto il documento scritto che costituiva prova a proprio favore, anche nel caso in cui la forma scritta sia obbligatoria per legge. Quando invece la legge richiede la forma scritta solo ai fini della prova di un fatto, la prova per testimoni può essere fornita anche nei casi in cui vi sia un principio di prova scritta, oppure vi sia stata l’impossibilità morale o materiale di procurarsi un documento scritto (art. 2724 c.c.)
 
[12] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009 la legge recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile” e collegato alla Finanziaria 2009, è entrata in vigore il 4 luglio 2009.
 
[13] Cfr. “Altalex”, 3 marzo 2010. Nota di Manuela Rinaldi.
 
[14] MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DECRETO 17 febbraio 2010 “Approvazione del modello di testimonianza scritta e delle relative istruzioni per la sua compilazione” in Gazzetta Ufficiale n. 49 del 1-3-2010.
 
[15] La notificazione è atto procedimentale attraverso il quale si porta a conoscenza di un determinato soggetto del rapporto processuale (escluso il Giudice) l’esistenza di un fatto cui tale soggetto abbia interesse.
 
[16] Si ritiene che, nel rito civile, la testimonianza debba essere resa dal minore infraquattordicenne in quanto soggetto non imputabile penalmente (c.p. 97) senza il giuramento di cui all’art. 251 c.p.c.
 
[17] Come per la testimonianza orale anche in quella scritta il testimone avrà l’obbligo di chiarire solo i fatti, astenendosi da opinioni personali, precisando quale sia la fonte della sua conoscenza.
 
[18] Nel caso di mancata consegna delle risposte, oppure di ritardo, il testimone rischia una sanzione pecuniaria che va dai 100 ai 1000 euro; ovviamente scatterà anche il reato di falsa testimonianza, per le risposte false o reticenti.
 
[19] Codice di Procedura Penale, LIBRO TERZO – Prove, Titolo II – Mezzi di prova (Artt. 194-243), Capo I – Testimonianza
 
[20] Il momento più rilevante è quello della istruzione in cui si forma la prova.
 
[21] E’ applicabile l’art.132 c.p.p. (Accompagnamento coattivo dell’imputato), anche a questo caso. In particolare il secondo comma dispone: “La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell’atto previsto e di quelli consequenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore”.
 

[22] In modo più particolare l’art. 497 c.p.p., LIBRO SETTIMO – Giudizio, Titolo II – Dibattimento (Artt. 470-524), Capo III – Istruzione dibattimentale2. Prima che l’esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo invita quindi a fornire le proprie generalità”.

 
[23] Codice Penale, LIBRO SECONDO – Dei delitti in particolare, Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia (Artt. 361-401), Capo I – Dei delitti contro l’attività giudiziaria: Falsa testimonianza
 

[24] Art.198 c.p.p. 2 comma: “Il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale”

 

[25] Art.195 c.p.p. Testimonianza indiretta
 
[26] Art. 103 att. c.p.c.: “2. Con l’autorizzazione del giudice il termine può essere ridotto nei casi d’urgenza.
3. L’intimazione a cura del difensore contiene:
1) l’indicazione della parte richiedente e della controparte, nonché gli estremi dell’ordinanza con la quale è stata ammessa la prova testimoniale;
2) il nome, il cognome ed il domicilio della persona da citare;
3) il giorno, l’ora e il luogo della comparizione, nonché il giudice davanti al quale la persona deve presentarsi;”
 
[27] Codice di Procedura Penale, norme di attuazione, di coordinamento e transitorie art. 142. Citazione di testimoni, periti, interpreti, consulenti tecnici e imputati di un procedimento connesso.
 
[28] Art.392 Codice di Procedura Penale, LIBRO QUINTO – Indagini preliminari e udienza preliminare, Titolo VII – Incidente probatorio (Artt. 392-404)
 
[29] È la cd. testimonianza a “futura memoria”.

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