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Shanghai, opportunità dalla nuova free trade zone

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«L'America sarà l'ultimo paese a diventare comunista»
(Mao Tse Tung)
 
La piazza di Shanghai
Gemellata con Milano dal 1979, la città di Shanghai sta per vivere una stagione di potenziale sviluppo per sé e per la Cina continentale dai contorni indefinibili a priori.
Se non bastassero i suoi 23 milioni di abitanti (23.710.000 secondo i dati ufficiali dello Shanghai Bureau of Statistics, al settembre 2012), cui aggiungere almeno un milione di stranieri che vi risiede per lavorare, e il suo ruolo di prima piazza finanziaria cinese (Hong Kong, in forza del suo statuto speciale, sino al 2047 deve essere considerata una esperienza a parte), ora si apre al mondo con una free trade zone, zona di libero scambio, che aprirà possibilità di business per gli operatori di tutto il mondo e di cui la grande Cina non si lascerà certo sfuggire le opportunità.
Approvato a fine settembre il provvedimento legislativo che istituisce questa zona, diventerà operativo a novembre, ma solo nei prossimi mesi (o anni) potremo valutarne la portata e capire se la vera intenzione del governo di Pechino fosse quella di offrire un nuovo canale per gli scambi con il mondo o, invece, solo contrastare il crescente peso di Hong Kong e delle sue oligarchie a livello interno.
Nello specifico, la zona di libero scambio (prima del suo genere in Cina), si estende su una superficie di poco più di 28 Kmq e riunisce quattro distretti della città di Shanghai:
–               Waigaoqiao, la zona di libero scambio propriamente detta;
–               il parco logistico di Waigaoqiao;
–               l’aeroporto di Pudong;
–               l’area portuale di Yangshan.
Ben poca cosa se consideriamo che l’intera municipalità si estende per una superficie di 6.340 Kmq, e che la piccola San Marino ne occupa 61!
 
I contenuti della free trade zone
Ma veniamo ai contenuti di questa free trade zone (FTZ).
Secondo il «Piano generale per la zona di libero scambio di Shanghai», meglio noto come il “Piano”, tre sono le linee guida sulle quali si muoverà la progressiva realizzazione dell’area:
1. l’apertura di nuovi settori di investimento;
2. l’approfondimento della liberalizzazione del settore dei servizi finanziari;
3. il miglioramento e perfezionamento del sistema normativo vigente.
Secondo le previsioni del governo cinese, la FTZ permetterà agli operatori, nazionali e stranieri, di incontrarsi più facilmente in un contesto di reciproca convenienza e, inizialmente, di aprire agli investimenti esteri 18 settori economici di enorme importanza nei quali non sarà più necessario costituire una joint-venture con un socio cinese: nell’analitica elencazione presente nel provvedimento, si va dalle banche e servizi finanziari alle assicurazioni; dai vettori marittimi e di logistica internazionale alle compagnie di telecomunicazioni; dalle grandi firme legali e della revisione contabile ai videogiochi; dalle agenzie di viaggio alla gestione delle risorse umane e dell’attività di engineering, building e construction; dall’intermediazione culturale all’intrattenimento; dalle istituzioni culturali a quelle ospedaliere.
La strategia prescelta prevede però che la completa liberalizzazione avverrà per fasi e periodicamente sarà pubblicata una lista di attività comunque ancora limitate. Al momento, questa black list contiene espressamente queste attività:
–               l’agricoltura, la silvicoltura, l’allevamento e la pesca;
–               l’industria mineraria ed estrattiva;
–               l’industria manifatturiera;
–               la produzione e fornitura di energia elettrica, gas e acqua;
–               l’edilizia;
–               il commercio all'ingrosso e al dettaglio;
–               i trasporti, stoccaggio e servizi di spedizione;
–               i servizi informatici e di software;
–               l’immobiliare
–               il leasing;
–               la ricerca scientifica e tecnica;
–               la tutela delle acque e dell’ambiente;
–               l’istruzione e la salute;
–               la cultura, lo sport, lo spettacolo (e non è un caso che a breve, proprio alla periferia di Shanghai aprirà il più grande Disneyland del mondo, di cui le autorità locali non vogliono certo perdere il controllo) e il gioco d’azzardo.
Da segnalare, che nella FTZ di Shanghai si avvierà la sperimentazione della convertibilità della moneta locale, il renminbi, e si apriranno le transazioni transfrontaliere di valuta in essa nominate.
Così facendo, si piloterà un nuovo meccanismo per la gestione dei cambi al fine di facilitare gli investimenti commerciali e incoraggiare gli investitori a trarre vantaggio dai mercati onshore e offshore, istituendo centri di gestione dei capitali all’interno della zona.
Inoltre, il governo cinese intende sospendere la restrittiva normativa sulle imprese a capitale straniero e sulle società miste e gli investitori avranno la possibilità di godere di sgravi fiscali per 5 anni per le attività a valore aggiunto.
 
Le reali opportunità
Al di là dei facili entusiasmi, molti osservatori hanno accolto il varo della FTZ di Shanghai con distacco sostenendo che Pechino la starebbe utilizzando quasi come “banco di prova” per più importanti e vaste riforme da avviare per l’intero paese o in altre prossime zone franche.
Difatti sono molti gli spazi di manovra lasciati aperti dal governo centrale all’interno del quadro normativo, e alcuni sono essenziali (come ad esempio, la piena convertibilità e i tassi da applicare al renminbi).
Grande attenzione viene richiamata pure sul reale peso della fiscalità: oggi in Cina, le imposte sul reddito d’impresa si attestano sul 25%, cui deve aggiungersi un altro 10% se si trasferiscono gli utili prodotti all’estero.
Molti sono gli aspetti che meritano di ulteriori interventi normativi per una effettiva liberalizzazione degli investimenti stranieri in Cina, magari partendo proprio da Shanghai: difficilmente Hong Kong perderà il suo primato, anche in considerazione del sistema di accordi contro la doppia imposizione che ha creato con molti paesi (tra cui quasi tutti i membri dell’UE) e della sua prossima uscita dalla lista dei paradisi fiscali stilata dall’OCSE.
Dunque, imprevedibili opportunità per la Cina nella concorrenza interna tra le due piazze e reale interesse per i big della finanza e degli investimenti ad alto valore aggiunto del mercato globale: «Shanghai Huanying ni!», allora, o più semplicemente «Benvenuti a Shanghai!».

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