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Siciliane – Goliarda Sapienza

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a cura di Angelo Pellegrino, Il Girasole (Valverde, Catania – 2012)
pag. 36, euro 13.00.
 
"Questo gruppo di diciotto brevi poesie siciliane è stato da me ritrovato nel grande mare delle carte di Goliarda, quando ho affrontato il lavoro di raccolta dei componimenti che costituiscono il suo corpus poetico ancora inedito. Si presentava unitario, una serie di fogli non inframezzati da altri componimenti in italiano. Appartiene a un unico periodo? Forse queste poesie furono scritte tutte di seguito? Quando? Non è facile stabilirlo. L'unica data certa nella poesia di Goliarda Sapienza è il 1953, l'anno della morte della madre. Anche a me Goliarda ha ripetuto che solo allora ha cominciato a scrivere versi confluiti poi nella raccolta, a cui queste poesie si ricollegano, anzi sembrerebbero quasi dirette traduzioni. E qui sta il punto". Queste 'affermazioni' le abbiamo estirpate dalla bandella d'un libro a dir poco pregiato, la silloge poetica uscita sotto il titolo di "Siciliane"; sono vergate da Angelo Pellegrino, ovvero l'uomo al quale dobbiamo dire grazie se siamo riusciti a leggere, dopo la morte dell'autrice, un capolavoro qual'è "L'arte della gioia". Ma non solo. E Pellegrino aggiunge che: "A Goliarda l'ispirazione di Ancestrale (il corpus poetico di cui prima, ndr) non dovette bastare, la versificazione in lingua italiana non era sufficiente. Il suo ritorno indietro doveva essere completo. Mancava la sua lingua madre nei versi di Ancestrale. Non è poco. Per ritrovarla dovette discendere agli inferi attraverso l'analisi freudiana che avviò dopo il tentativo di suicidio del 1962 (…)". Per Angelo Pellegrino la composizione di questi versi, a quel periodo bisogna farla risalire. Ma cospargiamoci innanzitutto il capo di cenere. Perché non sapevamo che Sapienza avesse scritto liriche. Però la cortesia e la gentilezza di Angelo Scandurra adesso ci permette di porre rimedio. Ché abbiamo rintracciato i versi di Goliarda Sapienza. E apriamo il nostro ascolto a una voce che supera il rapporto con madre e padre, prendendo virtù dal rapporto con la Madre socialista rivoluzionaria e il Padre quasi filantropo, viaggiando nella sua nascita. Specchiandosi con la terra natia. Con voce sottile e timbro potente. Dove il forte siciliano è l'anima che esplode. Fortificata dall'eco del territorio che fu. Senza dimenticare che: "Vaiu sbattennu / tra tia e sti scogghi / com'unna prisa / nno ventu / di libiccu".     

 

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