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Il canto della terra – Uccio Aloisi

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avvertenza di LuigiChiriatti e Sergio Torsello
presentazione diIvan Stomeo
con contributi diMilena Magnani, Sergio Torsello, Antonio Melagri, Teresa De Sio, FlaviaGervasi, Pierfrancesco Pacoda, Daniele Durante, Antonio Calsolaro, e LuigiChiriatti
Kurumuny (Lecce,2011), con cd, pag. 88, euro 15.00
 
Una rete di soggetti culturali pugliesi edi rilevanza nazionale, ma un giorno aggiungeremo magari internazionale, hannocontribuito a omaggiare con l’editore di Kurumuny una delle figure piùimportanti della musica popolare salentina, Uccio Aloisi, scomparso nel 2010.Che in vita solcò il palcoscenico con artisti del calibro di Stewart Copeland,Manu Chao e Buena Vista Social Club. Ma soprattuto il palco della stradaraccontata dalla presenza infinita della gente. Al suono della sua terra lettae narrata col tramite delle sue invenzioni: “… Sulla finestrella tua vorreivenire / sulla tua bocca ti vorrei baciare / fiori di tutti i fiori / vorreivolare. / Oh quante stelle / vieni Giginu miu vieni a contarle / le pene che midai son più di quelle / fiori di tutti i fiori / oh quante stelle (…)”, (daVorrei volare); e pensiamo si possa facilmente “tradurre” il senso delleparole, oltre che trasformare il leccese in lingua, come si suol dire, quandoserve, e da questi stornelli d’Aloisi comprendere il senso retorico eugualmente antiretorico che l’Aloisi dava alle sue composizioni. A testi chemetteva in musica, che cantave e/o ballava. Perché, inoltre, Aloisiaccompagnava i colori delle sue strofe spesso suonando, ovviamente, iltamburello delle pizziche e delle tarante. Non a caso, infatti, l’autobiografiad’uno degli artisti figli del popolo e rappresentante sempre del suo popolo,ristampata qualche anno fa e uscita già nel 2001, era titolata “I colori dellaterra. Canti e racconti di un musicista popolare” – edito presso Aramiré.Questa nuova opera nata dalla accanimento di Kurumuny che sta diventando unodei punti di riferimento meridionali per la valorizzazione della memoria delSud, in specie di quella salentina, ovviamente molto sottolineata con usciteche sanno oggi di Aloisi e ieri, per esempio, di Dario Mucci, questa biografiasentimentale e artistica titolata naturalmente “Uccio Aloisi”, e ricordataanche con la specifica dolce e forte “Il canto della terra”, non è solamente unabbraccio dunque al cantore di Cutrofiano. Certi, infatti, la chiamerannooperazione culturale, intervento intellettuale, ricerca pura. Senza sbalgiare.Eppure, e lo si vede attraverso le testimonianze degli artisti che hanno sceltodi firmare un pezzo del Lavoro, riuscire a pubblicare – con la partecipazionenecessaria dell’Istituto Carpitella e Sud Ethnic – pubblicazione cartacea piùcd, dove l’album era ‘appendice’ che difficilmente si sarebbe potutasostituire, significa essere certi, dimostrandolo concretamente, che si deveseguire la strada del “recupero delle tradizioni”. Perché non basteranno lenottate tarantate, per giunta molto frequentate da decine di turisti massificatiche al rientro nel lavoro si scorderanno delle parole e delle musice, con iloro valori, registrate all’occasione. Ci sono tanti cantori, dei quali lamaggior parte al richiamo della fine anagrafica stanno comunque in fase dipassaggio ad altra storia, tra il salento e la capitanata. Entro il leccese eil foggiamo. Ma non solo. La registrazione contiene un’intervista ad UccioAloisi suddivisa in tre momenti. Da un incontro datato anni Settanta. Mentregrazie a quella rilasciata a Chiriatti nel 2001 e ripresa nel testo del libro,sentiamo l’Aloisi appassionato di danza scherma (data di nascita primo ottobremillenovecentoventotto) che come se rispondesse al mercato del turismo griffatotra le altre cose dice – in riposta a: Ma tu hai mai suonato per qualchetarantata?: “Ma quale tarantata, non dare retta alle dicerie che ci sonotarantate. Dicono che si usava prima, che venivano punte le donne che andavanoa raccogliere le spighe e via di seguito, ma ora dove stanno più letarantate”.   

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