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La sposa cadavere

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LA SPOSA CADAVERE

Nel mondo gotico, malinconico e poetico di Tim Burton, la vita e la morte assottigliano i loro confini.
Contrapposto ad un mondo dei vivi lugubre, grigio e ipocrita, abbiamo un mondo dei morti colorato, ironico e coinvolgente.
Irresistibili i momenti musicali, nei quali gli scheletri scatenano il loro ritmo e la loro energia.
E poi lei, la Sposa Cadavere.
Sospesa tra una fanciullesca gioia nei confronti dell’esistenza e una malinconica consapevolezza di essere ancora legata a chi le ha fatto del male.
E poi lui, lo Sposo.
Timido, impacciato e fragile. Rinchiuso in una dimensione così lontana dal nostro mondo. Capace di esprimere le proprie emozioni attraverso la musica. Un dialogo che le parole confondono trova la sua semplice chiarezza tra i tasti di un pianoforte.
E se l’unione si vuole eterna, lo stesso valga anche per il dolore.
E se la morte alla fine significhi per l’una e per l’altro la libertà, che allora sia la benvenuta.
E nel momento in cui la Sposa, finito il suo giuramento, si trasforma in centinaia di farfalle, così tanti sono i brividi che mi iniziano a correre lungo la pelle.
E penso all’amore, al vero amore.
E a quanto sia unico e umano avere qualcuno con cui condividere la vita.
Non quella che verrà dopo, ma quella che abbiamo adesso, tra le nostre mani.
Quel qualcosa di unico che i morti rimpiangono.
Ma forse non più di tanto.

Emiliano Bertocchi

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