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Animare la città – Patrizia Cappelletti e Monica Martinelli

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percorsi di comunity building
 

Nel 2007, dopo una ricerca biennale promossa dalla Caritas Italiana e dalla facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano, uscì il volume La città abbandonata, che cercava di descrivere i punti di criticità dei quartieri sensibili di molte grandi città italiane, caratterizzati da problemi simili pur nelle differenze geografiche e culturali.

Al centro dei problemi di molte periferie infatti si trovano la stessa frammentazione delle città contemporanee che porta gli individui e le comunità a chiudersi in sé stessi e ad alzare staccionate che sempre più rinchiudono nella propria solitudine; allo stesso modo si trovano la stessa accelerazione della dimensione del tempo, che da una parte rende frenetica la vita individuale e sociale e dall’altra porta a ripiegarsi semplicemente su un presente in cui si cerca di sopravvivere incapaci di progettare cambiamenti e miglioramenti per la propria vita.

Il testo Animare la città vuole proporre alcune linee di intervento per lo sviluppo dei quartieri sensibili, che nascono proprio sempre dalla collaborazione fra la Caritas Italiana e la facoltà di sociologia dell’Università Cattolica di Milano, a partire dall’analisi di dieci progetti rivolti a quartieri problematici di diverse città italiane che sono stati portati avanti nella logica di una azione di promozione delle periferie dopo il lavoro della ricerca etnografica del 2007.  Le città scelte per i dieci progetti sono in effetti molto rappresentative delle diverse situazioni geografiche italiane: da Nord (Milano, Torino, Genova, Bologna) al Centro (Firenze, Roma) per giungere al Sud (Napoli, Palermo, Catania); gli stessi quartieri, in cui è stato portato avanti il lavoro degli operatori, sono molto emblematici, basti citare lo Zen di Palermo e Scampia a Napoli.

Bisogna notare che il volume non ha come scopo principale quello di descrivere i progetti, che vengono comunque presentati in modo sintetico solo in un’appendice alla fine del libro, quanto di ricavare dalle diverse esperienze sviluppate sul campo quattro coordinate in cui inserire il lavoro svolto e ogni tipo di progetto volto a promuovere il benessere nei quartieri delle città.

Queste quattro coordinate sono descritte nei quattro capitoli principali del libro e riguardano le azioni che operano sulla linea del tempo, dello spazio, della narrazione e della socialità; si tratta di intraprendere progetti di tipo partecipativo che non siano calati dall’alto, ma provengano da un ascolto condiviso dei tanti punti di vista presenti sul territorio alla ricerca di problemi e di soluzioni percorribili insieme, che aprano a progetti volti al cambiamento del presente e a situazioni di convergenza che superino la frammentazione. Sono interessanti anche il ruolo che le autrici Cappelletti e Martinelli, entrambi docenti presso la facoltà di Sociologia di Milano, attribuiscono alla comunicazione e alla narrazione, come strategia per aiutare le persone a raccontarsi per riscoprire il senso di un’appartenenza comune allo stesso quartiere, e alla costruzione di un senso identitario di comunità, in cui il quartiere non è percepito come qualcosa di esterno e lontano, ma come un luogo in cui bisogna riscoprire il gusto di sentirsi una comunità che opera insieme per il benessere di ciascuno.

L’esperienza della Caritas Italiana, che vanta sicuramente una grande ramificazione nel territorio e che, per questo motivo, permette di avere uno sguardo molto completo sulla variegata realtà italiana, è un elemento di interesse di questo lavoro. La profondità della ricerca etnografica condotta nell’arco di diversi anni rendono poi il lavoro molto interessante per farsi un’idea completa   di diversi aspetti dei quartieri problematici e delle periferie, che fra l’altro sempre più non sono solo “zone periferiche”, ma vasti territori del tessuto urbano. La stessa prospettiva della progettualità rende infine il volume un interessante esempio di antropologia applicata, cioè di un modo di mettere al servizio dei cambiamenti sociali le conoscenze e le competenze delle discipline antropologiche, in una chiave partecipativa e comunitaria. Alcuni appendici sviluppano proprio le prospettive teoriche e i termini specifici che molto spesso sono presenti nel libro, rivolto in primo luogo a un pubblico di specialisti.

L’unico rilievo che forse si può muovere al libro è il fatto che sarebbe stato interessante un resoconto più completo dei dieci progetti proposti per l’analisi teoretica, la cui descrizione come dicevamo è limitata a una semplice relazione di uno o due pagine in un’appendice; in questo senso il lettore non trova elementi completi per capire in alcune parti che cosa concretamente sia stato fatto, anche se in filigrana e in diversi punti del libro si citano i singoli aspetti dei progetti realizzati.

In questo senso il libro propende sicuramente maggiormente sulla riflessione teoretica, che comunque si presenta molto interessante e originale per cogliere i problemi delle nostre città e alcuni modi per proporre piste di riflessione e di intervento comune.

Può essere una buona lettura per ricercatori, specialisti delle discipline antropologiche, componenti di associazioni di promozione sociale che operano sui territori in collaborazione con le diverse istituzioni, amministratori. In generale molti spunti esaminati sono comunque interessanti anche per tutti coloro che si vogliono interrogare sui propri ambienti urbani di vita e sui modi di sviluppare possibili interventi all’interno del proprio contesto sociale.

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