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FOLKCLUB ETHNOSUONI

19 min read

FOLKCLUB ETHNOSUONI
Intervista a MAURIZIO MARTINOTTI
Direttore artistico

Folkclub Ethnosuoni è una etichetta discografica che si occupa di musica folk, etnica, antica e tradizionale italiana e internazionale, tutta di elevato valore storico e culturale. Ha sede a Casale Monferrato. Folkclub Ethnosuoni è giovane, ma dispone già di un catalogo ben nutrito in cui è stata raccolta l’eredità dell’intero catalogo dello storico marchio Robi Droli, tra cui l’intera produzione de La Ciapa Rusa, la band monferrina che a partire dai primi anni Ottanta è stata un solido punto di riferimento per chi ama la musica folk nord italiana, sette dischi incisi, vent’anni di concerti in Europa e Nord America, e che ha fatto scuola fra le molte formazioni di folk revival fino allo scioglimento, ufficializzato dall’album dal vivo "Diario di bordo". Il leader del gruppo Maurizio Martinotti, canto, ghironda, mandoloncello, guida ora Tendachënt (la formazione che ha raccolto l’eredità della Ciapa Rusa) oltre a suonare in formazioni come Dona Bela e a collaborare con gli spagnoli Urbalia Rurana, con Enzo Avitabile e molti altri gruppi e solisti. Martinotti è anche direttore artistico di Folkclub Ethnosuoni.
Legata all’attività della casa discografica è l’Associazione Culturale Ethnosuoni, attiva nella promozione e diffusione della musica etnica e world e delle musiche di elevato interesse culturale .
Ethnosuoni cura fra l’altro fin dal 1983 la direzione artistica del più importante festival di musica tradizionale ed etnica in Italia, la Folkermesse, fin dal 1983. EthnoSuoni organizza inoltre il concorso Folkontest, per nuovi gruppi di musica tradizionale.
L’etichetta Folkclub Ethnosuoni nasce dalla sinergia tra Ethnosuoni e il FolkClub di Torino, uno dei più importanti locali di musica e ritrovo in Italia e tra i migliori in Europa dove, dal 1988, anno in cui è stato fondato da Franco Lucà, si sono esibiti i più bei nomi della musica tradizionale nostrana ed estera. Conta oggi 22.000 soci e produce ogni anno 60 concerti al chiuso nella stagione invernale e 150 open air in estate.
I dischi di FolkclubEthnosuoni sono distribuiti dalla IRD, dalla CdRoots per quanto riguarda Usa e Canada, dalla Cube Roots nel Regno Unito, dalla Roots Mail Music in Olanda.
Per saperne di più consiglio di visitare il sito ove per altro si può prendere visione del catalogo e ascoltare in mp3 un brano esemplare da ogni album: Tendachent, Aes Dana (suono celtico), i siciliani Asteriskos e le prodezze al friscalettu siciliano di Carmelo Salemi, Cororchestra Cantachervai, Compagnons Roulants (musica occitana), Ensemble del doppio bordone (canti e arie della tradizione natalizia), Myrian Lattanzio (una delle più belle voci napoletane), Pivari Trio (tradizioni musicali dell’Appennino modenese), Giancarlo Parisi in varie vesti (ha suonato con i più bei nomi, dai Chieftains a PFM e De André e avanti), La Lionetta (storico ensemble torinese di fine anni ’70 ora per altro riunitosi), E.Y.F.O. (European Youth Folk Orchestra), Din Delon (folk lombardo), La Rionda dalla Liguria, Betti Zambruno, Trio Contempo (tango argentino), i beneventani Sancto Ianne, Picotage e La Moresca Antica (repertorio musicale rinascimentale italiano e francese a cavallo tra musica popolare e musica colta), la brava cantante attrice Raffaella De Vita (un interessante album in cui interpreta le canzoni di Macario), l’inglese Paul James (un tempo nei Blowzabella), e avanti…


Per contatti e informazioni:
Edizioni Musicali FolkClub EthnoSuoni, Via Duomo 3, 15033 Casale Monf. (AL)
tel. 0142 782182, fax 0142 71389
E-mail:

MAURIZIO MARTINOTTI

Maurizio Martinotti, cantante, polistrumentista, ricercatore di musica popolare, nome di spicco della world music italiana, ideatore e fondatore de La Ciapa Rusa, insegnante di ghironda , direttore di Folkermesse, uno dei piu` importanti folk festival italiani, fondatore nel 1987 dell`etichetta discografica Robi Droli, co-fondatore del gruppo Padus, supergruppo di musicisti provenienti dalle formazioni di punta del folk nord italiano (Calicanto, Baraban, Lyonesse, Ciapa Rusa) e dell’Ensemble del Doppio Bordone. Martinotti ha collaborato con molti solisti e formazioni di valore tra cui Banda Osiris e Urbalia Rurana (gruppo spagnolo di musica tradizionale). Guida il gruppo Tendachënt ed ha partecipato alla creazione di "Dona Bela", con il cantante francese Renat Sette. Ha ideato, diretto e prodotto nel 1998 lo spettacolo " Il viaggio di Sigerico ‘, finanziato dalla Unione Europea, sul tema della via Francigena, con regia della Banda Osiris e la partecipazione di 11 musicisti francesi, spagnoli, inglesi ed italiani, e, le 2000, lo spettacolo "Canti dalle terre del riso", basato sul repertorio tradizionale proveniente dalle aree risicole europee (Piemonte, Provenza, Pais Valencian), ha ideato e realizzato, per conto del Comune di Vercelli e grazie alla collaborazione dell’European Network of Traditional Music and Dance, la E.Y.F.O. European Youth Folk Orchestra, prima orchestra giovanile europea di musica tradizionale di cui hanno fatto parte 11 giovani musicisti provvenienti da altrettanti Paesi Europei. Su commissione della Regione Piemonte ha coordinato e prodotto nel 1997 il gruppo Le Vijà, formato da alcuni tra i migliori musicisti della scena folk piemontese e provenienti da Cantovivo, La Ciapa Rusa, Compagnon Roulant, Ensemble del Doppio Bordone, Lou Dalfin.
Martinotti ha inoltre realizzato o preso parte a numerosi spettacoli di assoluto pregio, tra cui uno di canti partigiani "E sulla terra faremo libertà". Oltre che musicista poliedrico, Martinotti ha svolto inoltre un interessante lavoro di divulgazione musicologica, ha scritto per diverse riviste specialistiche e realizzato programmi radiofonici sulla musica tradizionale europea per RAI 3. Ha suonato in quasi ogni paese d’Europa, in Usa, Canada, Africa, ha registrato anche per radio estere (BBC, ORF e WDR etc.). E’ presidente e direttore artistico di Ethnosuoni nonché vicepresidente dell’European Network of Traditional Music and Dance, organismo internazionale che raccoglie le principali organizzazioni europee impegnate nel recupero e nella valorizzazione del patrimonio musicale di tradizione contadina, e per il quale Martinotti è incaricato del coordinamento del progetto sulla circolazione di giovani artisti, finanziato dalla Commissione Europea.


Davide
Anzitutto, e non è una smanceria d’occasione, è un onore incontrarla e la ringrazio per la disponibilità datami per questa intervista. Nel profilo più sopra mancano sicuramente molte altre notizie ma, mi perdonerà, lei ha fatto così tante cose… Vuole aggiungere qui, come prima risposta, le cose omesse che la riguardano e a cui tiene o che parimenti riguardino l’attività della EthnoSuoni da me tralasciate o per ignoranza ignorate?

Maurizio
Il piacere è tutto mio. Mi considero un artigiano della musica, uno che ha fatto le cose con piacere e per il piacere di farle: se il mio curriculum comincia ad essere cospicuo è anche, ahimé, per pure ragioni anagrafiche…
Fra le ultime esperienze musicali, mi piace rammentare la mia partecipazione allo spettacolo del musicista napoletano Enzo Avitabile "Sacro Sud".
Attualmente sto lavorando al nuovo disco del mio gruppo, Tendachënt: il cd, intitolato "La valle dei saraceni", uscirà la prossima primavera. Ho finito le registrazioni in questi giorni e ne sono molto soddisfatto, il che è raro per uno come me per natura supercritico. Si tratta di un ulteriore passo in avanti nelle sonorità già moderne di Tendachënt.
Ho invitato come ospiti diversi musicisti che stimo e con i quali mi trovo in sintonia; oltre ad Avitabile, con il quale ho cofirmato un pezzo che mescola piemontese e napoletano, hanno dato il loro contributo Toni Torregrosa, Renat Sette, Paul James ed il trio vocale femmile catalano De CALAIX.

Davide
Invito al viaggio, reale o immaginario, il patrimonio musicale proprio di ogni tempo e cultura, latitudine e longitudine è davvero evocativo, affascinante, umanamente arricchente: spesso mi chiedo come possa essere la musica di un certo luogo della terra… com’era prima, com’è attualmente… Tuttavia, volendo comprarne delle registrazioni, è facile incorrere in prodotti scadenti, filologicamente scorretti (diciamo così), con strumentazioni e interpretazioni improprie, con concessioni al commerciale o alle contaminazioni di un generico (spesso becero) gusto occidentale… Spesso, cioè, mi è capitato di portare a casa musica greca o del Laos eccetera suonata e arrangiata in modo improprio e assolutamente deludente, anche orripilante. Quello che mi ha colpito da sempre delle produzioni di Folkclub EthnoSuoni è invece il rigore che riguarda ogni produzione. Strumenti originali di epoche e luoghi, atmosfere che sembrano rivivere assolutamente fedeli… Ascolto i Compagnons Roulants o i Picotage, per esempio, e sono lì, in Occitania o a Auvergne a immaginare vite, amori e costumi nel cuore di un antico Piemonte o di un’antica Francia… In verità questa non è una domanda col solito punto interrogativo, ma le chiedo di agganciarvisi…

Maurizio
Il problema di molta world music è che è controllata, prodotta, spesso ideata da musicisti occidentali, che costruiscono operazioni al tavolino per realizzare prodotti commerciali e commerciabili: non sono contrario alle mescolanze e fusioni, ma debbono arrivare alla fine di un percorso naturale, non essere alchimie di laboratorio. A me sembra troppo spesso che la world music sia una nuova forma di colonialismo: musicisti africani ( o di dove si voglia ) con managers francesi e case discografiche inglesi ( o viceversa: poco importa )…E chi non passa attraverso questi canali, non va da nessuna parte.
Folkclub Ethnosuoni produce principalmente gruppi che suonano musica della propria terra: non abbiamo nulla contro chi, pur essendo italiano, si cimenta, spesso anche egregiamente, con repertori di altri luoghi, ma ci piace chi, fuori da sterili campanilismi e da ridicole rivendicazioni di piccole patrie, ama e diffonde (magari rinnovandola) la propria cultura. Non siamo però dei beceri " tradizionalisti": le musiche etniche si possono e debbono reinventare per renderle attuali. Del resto le musiche e le culture sono sempre state in costante evoluzione e trasformazione: non vedo perché tale processo si debba fermare ora.

Davide

Italia, Francia, Argentina, Spagna, Irlanda… Vi sono culture musicali tradizionali nel mondo che non avete ancora esplorato o prodotto di cui vorreste occuparvi in futuro? Avete un limite, diciamo programmatico, rispetto alla estendibilità di interesse? Che so, vi capitasse la possibilità di fare un lavoro di musica polinesiana, melanesiana o micronesiana, o siberiana o della Nuova Guinea…(Lei, per altro, è anche un virtuoso di scacciapensieri, strumento internazionale da tempi immemorabili noto anche tra le desolate lande della Siberia o in Nuova Guinea)?

Maurizio
Adoro lo scacciapensieri, che ho spesso utilizzato come colore nei miei dischi: ne ho anche collezionati un bel po’, in giro per il mondo.
Circa i nostri interessi come etichetta, credo di avere già in parte risposto a questa domanda: siamo aperti a qualunque musica etnica ed abbiamo già prodotto gruppi inglesi, francesi, spagnoli. Personalmente non nutro grande interesse per la cosiddetta musica celtica, che non ritengo oltretutto abbia bisogno di una piccola realtà come la nostra per promuoversi.

Davide
Riassumendo come si può, la musica folk è stata rivalorizzata negli anni ’50 a partire dal folk revival americano, grazie soprattutto al lavoro di John e Alan Lomax, Woody Guthrie, Pete Seeger, Leadbelly, quindi Bob Dylan, Phil Ochs, la protest song eccetera… In Italia grazie a gruppi come i milanesi Gufi, i torinesi Cantacronache, De André e più avanti La Lionetta, eccetera. Nel folk revival degli anni ’60 e ’70, sia in chi suonava, sia in chi acquistava e fruiva quei dischi, era insita una forte valenza politicamente orientata… Oggi?

Maurizio
Noi che abbiamo cominciato a fare musica trad nella seconda metà degli anni 70, siamo debitori delle esperienze di Cantacronache e Dischi del sole. Fra la maggior parte di quanti si occupano di musica etnica qui in Italia, sia come organizzatori che come musicisti o discografici, ancora oggi il cuore batte a sinistra. Abbiamo incominciato ad occuparci di questa musica perché la consideravamo, come si diceva allora, una musica "altra", fuori dalla cultura borghese e dominante: volevamo dare voce a chi non l’aveva mai avuta nella Storia con la s maiuscola, così si diceva all’epoca. Negli anni ’70 bazzicavo quella che chiamo la sinistra buffa, quelli che scrivevano cultura con la k: i giovani post sessantottini meno dogmatici di certa sinistra "seria e seriosa", un poco gaudenti ed edonisti, che credevano di poter cambiare le cose partendo dal quotidiano. E così, senza accorgermene, "facendo cose e vedendo gente", ho finito col suonare la ghironda.
Il mio cruccio, ed il mio limite, è di non essere capace di scrivere nuove canzoni che parlino del reale, partendo dalle formule e dagli schemi della musica tradizionale: quando compongo una "canzone", la forma che più naturalmente mi esce è quella della ballata popolare. E sul versante dei testi, adatto liriche tradizionali sulle mie composizioni musicali: diciamo che come paroliere non valgo molto. Eppure di cose da dire e per cui indignarsi, mai come ora in Italia e nel mondo, ce ne sarebbero veramente molte: ma il difficile è dirle bene, insomma fare della poesia. Mi accontento di essere e di sentirmi di sinistra: in fondo le scelte di vita che ho fatto sono state come si sarebbe detto all’epoca alternative, ed ho sempre cercato di mettere il mio lavoro e la mia musica, quando e se necessario, al sevizio della sinistra. L’unica esperienza che ho fatto per dire qualcosa è stata quella di musicare un paio di poesie di un grandissimo poeta alessandrino vivente, Giovanni Rapetti: ha scritto centinaia di poesie stupende, che parlano di storia, ecologia, Resistenza, ma di metrica complessa da adattare ad una musica.

Davide
Cosa avete prodotto di più recente che non è ancora visibile sul vostro sito, cosa avete in cantiere a venire?

Maurizio
Abbiamo in uscita entro la fine del 2005 moltissimi dischi: ho detto del nuovo di Tendachënt, poi di imminente uscita c’è il primo disco come solista di Enrico Negro, un eccellente chitarrista acustico che collabora con me in diversi gruppi e che guida i Compagnons Roulants, il nuovo disco dei piemontesi Ariondassa, quello del Quartetto Tamborini di Bruno Raiteri, un altro musicista che ha molto lavorato con me a partire dalla Ciapa Rusa, ecc…Sto poi lavorando alla preproduzione del primo disco come solista di Franco Lucà, sul tema della ballate piemontesi. Franco è un personaggio fondamentale nel panorama folk piemontese: come musicista ha fatto parte di Cantovivo e delle Vijà, e come organizzatore è la mente ed il motore del Folk Club di Torino e della neonata Maison Musique di Rivoli, una nuova struttura che ospita concerti, convegni, un negozio di dischi, una collezione di strumenti, una sala di registrazione, addirittura un ristorante ed una foresteria. E’ quasi paradossale che non abbia ancora realizzato un disco "suo". E poi il disco di Laura Conti, una cantante che ha lavorato con Paolo Conte e Gaslini, assieme al suo nuovo gruppo, Eivadòr; quello di Mireille Ben, la cantante dei Lyonesse; un disco sulla ballata piemontese con il Coro Baiolese, ecc…

Davide
Ogni tempo, ogni luogo, ogni autore o interprete hanno proprie peculiarità… Guardando, abbracciando però le cose con la vasta cultura di chi come lei ha studiato e conosciuto e rielaborato tanta eterogenea materia musicale, quale denominatore comune sente essere sottostante nel fare musica tradizionale a Torino come a Belfast, in Sicilia come in Abruzzo, a Barcellona come a Buenos Aires?

Maurizio
Sicuramente lo spirito di appartenenza: rendersi conto o sapere di condividere con altri delle radici o dei codici. E poi la musica, tutta quanta, è un bisogno dell’uomo: accompagna i momenti belli ( le feste, i matrimoni, ecc…) come quelli tristi della vita. In fondo le necessità ed i desideri fondamentali sono uguali in ogni luogo e cultura. La maggior parte di coloro che abitano questo mondo, persino qui in occidente, ha esigenze minime e sacrosante: la pace, un luogo dove stare, un lavoro decente, quanto necessario per vivere e dar di che vivere ai propri cari.

Davide
Lei ha composto anche della musica? Nel comporre, lo fa al modo di un’epoca, di un preciso stile tradizionale? Riesce, nel comporre in un certo stile, a mantenere una "purezza" filologica? Oppure sente a volte il bisogno di andare oltre certe precise modalità e rispondere invece a un estro creativo più ampio, dove le tante culture musicali da lei variamente introiettate in tante esperienze diverse e la sua ispirazione del momento non creano invece una sua propria identità creativa e sonora, quindi meticcia?

Maurizio
Mi è stato detto molto spesso che le mie composizioni "sembrano" tradizionali: sinceramente non credo che sia così, o che lo sia sempre, ma mi fa piacere. E’ accaduto spesso che gruppi riprendessero ed eseguissero brani di cui sono autore, convinti che si trattasse di un tema popolare. Mi è successo più volte che mie composizioni siano finite in dischi di altri, spacciate, in assoluta buona fede, per tradizionali: la cosa da una parte mi diverte, perché anche i temi che ho appreso dai musicisti popolari hanno avuto sicuramente un autore di cui si è persa la memoria, ma da un altro punto di vista mi rincresce, perché comunque sono cose mie e vorrei che la gente lo sapesse e lo ricordasse. Del resto, dopo aver masticato musica tradizionale per circa trenta anni, sarebbe ben triste se non avessi preso dimestichezza con certi stili e forme. Dove invece mi sento libero di "pazziare" è nell’arrangiare il materiale che suono con i vari gruppi coi quali collaboro: così con l’Ensemble del Doppio Bordone, complice anche l’organico acustico (violino, violoncello, chitarra classica, ghironda e cornamusa), mi muovo in una dimensione da piccola orchestra da camera, mentre con Tendachënt ( che hanno in organico basso e batteria ) elaboro arrangiamenti "folk rock". Negli arrangiamenti emergono tutte le influenze della mia cultura, che è – e questo è comune a molti- estremamente eterogenea.

Davide

Lei ha anche scritto dei contributi musicologici? Cosa si può reperire e leggere?

Maurizio
Non ho solo scritto di musica: anzi nel campo della cultura tradizionale è forse la cosa di cui, sulla carta stampata, mi sono occupato di meno. Negli anni ’80 ho lavorato molto sulla cultura materiale del mondo contadino, scrivendo pubblicazioni sul tema della risicoltura, della piccola proprietà vitivinicola monferrina, dei cavatori del Casalese: tutti libri ormai introvabili. Ma il mio impegno come ricercatore e studioso di musica tradizionale appartiene ormai ad un passato per me molto lontano: ad un certo punto ho dovuto fare delle scelte, ed ho preferito fare il musicista. Negli anni della mia gioventù si diceva, mutuando i guru freak americani come Gerry Rubin ( il suo " Do it" era all’epoca un must ), che bisognava avere il coraggio di tanto in tanto, per sentirsi vivi, di cambiare completamente lavoro, vita, prospettive: ed è quello che ho fatto. Adesso pare che l’elasticità, la capacità di reinventarsi, sia lo strumento necessario ai nostri figli per affrontare il futuro.
Il lavoro di ricerca è stata comunque una bellissima cosa, di cui conservo meravigliosi ricordi: conoscere gli anziani suonatori e cantori, imparare da loro canzoni e melodie, sentirli raccontare la loro vita è stata soprattutto una grande ed irripetibile esperienza umana.

Davide

Lei ha suonato davvero con tantissimi bei nomi della musica folk nazionale e internazionale. C’è di che esserne davvero soddisfatti. Ci sono però dei nomi, di artisti solisti o in gruppo, con cui a lei piacerebbe suonare, senz’averlo ancora fatto, ed altri che avreste il piacere di produrre, di cui sentite la mancanza nel bel catalogo della FolkClub EthnoSuoni, oltre le future leve e sorprese verso cui prestate attenzione?

Maurizio
Ci sono moltissimi musicisti e gruppi per i quali provo grande stima e coi quali mi piacerebbe lavorare: ad esempio i Vasen, svedesi, o i Blowzabella, o i Makam, ungheresi, o le Anubia, spagnole. Nel cassetto ho un progetto assieme agli spagnoli della Musgaña, un gruppo che adoro: ne parliamo da anni, ma poi gli impegni reciproci hanno fatto slittare la cosa in continuo. Purtroppo uno dei tre componenti storici del gruppo sta passando un momento molto delicato per gravi problemi di salute.
E’ stata una bella esperienza lavorare recentemente con Enzo Avitabile: oltretutto, al suo fianco vi erano anche altri grandi musicisti, come Luigi Lai e Baba Sissoko.
Sto scrivendo gli arrangimenti di un nuovo spettacolo, commissionatomi dalla Governo Autonomo di Catalogna, che vede coinvolti quindici musicisti piemontesi, provenzali, catalani ed arabi: il nuovo concerto si chiama "Pau i treva" e prende le mosse da un episodio storico degli inizi dell’anno Mille, che ci permette di parlare della pace e della fratellanza fra i popoli. Inizieremo le prove a maggio ed esordiremo in novembre alla Fira de Manresa, non lontano da Barcellona.
Credo di essere il musicista piemontese più "meridionale", un vero terrore dentro, con buona pace di Borghezio e leghisti: i miei interessi e gusti ( e non solo musicali: cucina, letteratura, turismo ) sono più orientati al sud che al nord del mondo, anche se come ascoltatore ho una grande passione per la musica svedese e finlandese.
Se dovessi dire i gruppi che mi piacerebbe produrre e vedere inseriti nel catalogo FolkClub EthnoSuoni, ci vorrebbero pagine e pagine. Recentemente ho proposto ai mitici Blowzabella, che ho invitato a suonare alla prossima edizione di Folkermesse, il festival che dirigo da 22 anni, di registrare un live qui in occasione del loro concerto: ne stiamo parlando. Per me sarebbe un gran piacere ed un privilegio.

Davide

Così, un’impressione mia, che di musica ne ha assaporata tanta… Ci sono cose antiche, popolari, tradizionali dal potenziale vitale e trasgressivo che io paragono all’impatto vitale e trasgressivo del primo pop e rock (del resto la radice pop o di popolare è il medesimo), del punk ’77 etc.… Voglio dire, in un brano degli Asteriskos, in una ballata dialettale dei Sancto Ianne o in una canzone dei gaelici Here Be Dragons (questi non inclusi nel vostro catalogo), sento una freschezza trascinante, un’umana passione immediata e toccante, coinvolgente che, per quanto in apparenza agli antipodi per genere, è in realtà per me identica… Cambiano nel tempo e tra diversi luoghi i modi di esprimersi, ma in fondo… Quali sono i suoi gusti musicali non ascrivibili all’etichetta folk?

Maurizio
Sono un vecchio rockettaro non pentito. Sono cresciuto ascoltando i Byrds (unici ed inimitabili: molti ancora oggi sono loro debitori) ed il country rock, qualche cantautore ( Nick Drake, Leonard Cohen e Bruce Cockburn ad esempio ), il rock blues del sud degli Stati Uniti, tipo Lynyrd Skynyrd e Allman Brothers, ed anche il blues negro di B. B. King, Muddy Waters, Sonny Terry e Brownie McGhee. Soprattutto musica americana, dunque, ed un poco di british blues ed heavy rock inglese classico ( John Mayall, Free, i primi Led Zeppelin ed i Jethro Tull più folk/blues ). Ho poco amato i Beatles, a parte quel piccolo gioiello che è " Sgt. Papper’s Lonely Hearts Club Band ", ed in generale il rock inglese, soprattutto quello cosiddetto romantico o sinfonico: non sono stato quindi neppure un gran seguace del rock progressive italiano, troppo anglofilo per i miei gusti
In anni un pò più recenti, ho adorato i Talkin Heads, e, ancora dopo i Soul Caughing, un gruppo che meritava maggiore attenzione. Mi piacerebbe seguire il nuovo rock, ma non ho tempo: guardo ogni tanto i programmi di rock sulla tv satellitare, ed a volte sento qualcosa che mi piace, come i Linkin Park ( il loro ultimo disco ha dei suoni pazzeschi ) e i P.O.D. , ma immagino ci sia una quantità di cose belle che il grande business ignora, e che bisogna avere tempo (ed un buon negoziante di dischi) per scoprire.
E poi musica antica e barocca: anche lì sono attento alle cose nuove ed ai tentativi di fusione. Anni fa si parlava molto delle Mediaeval Baebes come del nuovo modo di interpretare la musica antica: in realtà a me sono sembrate delle belle figliole in minigonna che facevano né più né meno quello che avevano fatto altri gruppi più seriosi nell’aspetto e nel look. Trovo molto più interessante la rivisitazione operata da Jan Garbarek assieme alla Garnas sul repertorio di ballate medievali norvegesi nel disco " Rosen Fole": bellissimo ed intenso, con poche cose al posto giusto. Del resto la musica antica, così aperta e modale, ben si presta ad esperimenti: cosa che vedo difficile con il repertorio barocco, troppo strutturato e chiuso. Di interessante ricordo solo un disco degli anni sessanta, degli Swingle Singers, che si chiamava Jazz Sebastian Bach, o il magico "Blue rondo a la turk " di Dave Brubeck. In anni recenti Hughes de Courson, che fu bassista del gruppo folk rock francese Malicorne, ha tentato di fondere la musica di Bach con quella africana, quella di Mozart con quella egiziana e quella di Vivaldi con quella irlandese: dei tre esperimenti, l’unico che mi convince è l’ultimo, che è anche l’abbinamento più facile e più prossimo culturalmente. Il rischio, quando si vuole "modernizzare" il barocco, è di finire a fare Rondò Veneziano: dio ce ne scampi e liberi.
Ascolto anche alcuni minimalisti tra quelli meno commerciali: a loro ho cercato di carpire, in alcuni arrangiamenti, l’armonizzazione austera, certe formule iterative, che a loro volta questi compositori hanno mutuato dalla musica cosiddetta primitiva, formule che creano atmosfere di grande tensione e forza. Mi piace Rene Aubry, ironico e elegante. Trovo un bluff, per il poco che lo conosco, Michael Nyman: ho un suo disco dal vivo in Spagna che mi pare inconsistente. Non dico che non valga: credo solo abbia fatto scelte molto commerciali, un minimalismo da ascensore.
Non ascolto invece molto jazz: amo Jan Garbarek, del quale possiedo molti dischi e di cui mi stupisce l’essenzialità, alcuni dischi molto intensi di John Surman, un bellissimo disco di Charlie Haden in coppia con il musicista tradizionale portoghese Carlos Paredes, e sto riscoprendo Miles Davis ( In a silent way è un capolavoro).
In realtà, con tutti i dischi che ricevo e quelli che ascolto, con piacere si, ma per lavoro, non mi rimane molto tempo per sentire qualcosa che non sia folk.
Credo che anche nel suonare folk, ed anche con una strumentazione acustica, si debba metterci la
carica di certi gruppi rock, come i Lynyrd Skynyrd, una delle bands più potenti della storia del rock.
Del resto la musica tradizionale più arcaica (certe danze o ballate ) è molto "rock": linee melodiche modali come i migliori riff chitarristici. La stessa ghironda, il mio strumento, si presta eccellentemente a esperimenti in questa direzione. L’altro giorno è venuto a trovarmi uno dei musicisti con i quali lavoro. Mentre stavamo ascoltando del buon sano vecchio rock, gli ho mostrato dei nuovi eccellenti scacciapensieri che ho comperato in Ungheria: gli ho fatto sentire il suono degli strumenti senza spegnere il disco e debbo dire che lo scacciapensieri si sposava benissimo ai riff di chitarra.

Davide

Il maestro Paolo Conte mi ha così suggerito: la domanda è rosso fuoco e la risposta è blu. Cosa vorrà dire?

Maurizio
Si dice che le parole dei poeti non vanno spiegate, ma solo intuite…Forse Conte voleva dire che la domanda deve essere bruciante e la risposta in grado, come acqua, di spegnerla. O forse, azzardo, non voleva dire nulla: ed anche questa può essere poesia.

Davide

Grazie e buon proseguimento.

Davide Riccio

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