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Oltre le colonne d’Ercole

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Oltre le colonne d’Ercole
Segnalato dalla giuria

…così com’era venuta, improvvisa si sciolse la nebbia, mentre un alito gelido gonfiò alte le vele. Si scosse gemendo la nave tra i flutti mentre noi marinai restavamo stupiti, chè mai mare era parso più strano. Dal blu del cobalto, trasmutò l’acqua in tinte d’arancio e infine giallo divenne di fosforo colma.
"Il veliero di moto proprio procede" annunciò il timoniere, "una mano spettrale ne ha preso la guida". In molti accorsero intorno al timone – il capitano per primo – ma la nave si sottraeva al comando. Davvero una forza invisibile la prua sospingeva verso l’incerto e l’ignoto.
Dispiegò il capitano la carta del mare e la bussola prese. Le linee tirò per fare la rotta e invano esplorò col binocolo il cielo. "Il Nord non trovo e l’ago è impazzito" annunciò, e con occhio smarrito vagava lontano, d’in sull’orizzonte senza né sole né luna. "Male hai fatto a condurci quaggiù", disse il nostromo. "Perché d’Ercole le colonne passammo che segnano i confini del mondo? Perché degli dei suscitare la furia? Tu solo della colpa sostieni il fardello, tu solo del Dio Nettuno meriti la vendetta!".
E pronunciate che furono queste parole, il mare più trasparente del vetro divenne. Le estreme profondità degli abissi scorgemmo, per leghe e leghe giù sotto in mezzo agli scogli. Ecco sul fondo velieri e navigli scomparsi, per sempre dal fortunale travolti. Sedevan al loro posto i capitani, marinai scheletriti correvano indaffarati sul ponte ad ammainare le vele.
"Non s’accorgon gli stolti d’esser già morti?". Così, atterriti, ragionavamo assistendo all’orrore, ma di lì a poco un ciclopico gorgo inghiottì pure noi.
E ancor oggi, giù tra gli abissi, in mezzo a carcasse e relitti, ci affanniamo per evitare il naufragio.
Eppure sappiam d’esser morti.

Guido Marcelli

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