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Stefano Grasselli e Loretta Parenti

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Stefano Grasselli

Stefano Grasselli, artista reggiano, che ha studiato all’Accademia di Bologna, espone alcune opere grafiche e pittoriche in cui dà vita aa un Bestiario, WILDLIFE, intesa come Fabliaux medievali, favole e apologhi moraleggianti, che trasposero il materiale di Fedro ed Esopo, che poi confluì nei Fratelli Grimm, in Perrault, La Fontaine per illustrare, come una biblia pauperum vizi e virtù come allegorie dell’umana avventura. Stefano ha eletto come interlocutrice privilegiata la Jena, simbolo di una ferinità che emerge nel rossastro bagliore incandescente dello sguardo fosforico, simbolo dai connotati misteriosi; non potendola incontrare dalle nostre parti, alligna nel versante in ombra della coscienza, simbolo ancestrale, sedimentato nell’inconscio collettivo dell’aggressività; assunta come minaccia nei panni della belva dall’istinto sanguinario, imputata senza processo, né prova d’appello, diffusa impropriamente dalla letteratura, come ne "Le nevi del Kilimangiaro" di Hemingway e dobbiamo sfatare il pregiudizio, non essendo la povera jena antropofaga, nutrendo nei nostri confronti una sana diffidenza, tanto da farla tenere prudentemente alla larga, facendo le spese di una campagna diffamatoria e far causa le servirebbe solo ad alimentare la sua "sinistra" fama.
Altro animale "feroce" è il lupo, che solo la toccante soavità di S. Francesco nel Cantico delle creature e nei "Fioretti" fa un’apologia, tesa a discolpare "fratello lupo" di misfatti, scagionandolo dai capi d’imputazione, essendo la malvagità gratuita prerogativa solo degli uomini, che hanno depauperato risorse e fatto estinguere molte specie vegetali e animali.
Un altro protagonista nell’ambito dell’avifauna, delineato efficacemente da Grasselli, è l’avvoltoio, che incarna il lato notturno dell’immagine, come ben sapevano Blake, ma anche Dino Buzzati ne "Le notti difficili", mentre Edgar Allan Poe privilegiava il Corvo. L’avvoltoio rientra nel filone visionario-fantastico, che ebbe singolare fortuna in arte e letteratura, come uccelli predatori o comunque notturni, che trovano espressione in Fuessli, senza trascurare il Lup Lop di Ernst, ma anche Savinio, Clerici e i "Capricci" di Goya, mediati da quelli del Tiepolo.
Le opere grafiche (acquaforti e puntesecche) e pittoriche, reduci da una personale a Mantova, approderanno a giorni a Reggio in arte. Sono disponibili presso il Master Mirror di Via Gallucci a Modena e presso lo studio dell’artista, in Via S. Benelli, 14 a Reggio Emilia.

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Loretta Parenti

Loretta, nel vasto ciclo a Murale, nella discoteca Picchio Rosso, è all’insegna dell’alchimistica "Solve et coagula", come si desume da "Arte e alchimia" di C.G. Jung, in cui confluiscono dottrine esoteriche, care a Rudolf Steiner, in quel Monte verità ad Ascona. Il vasto ciclo di 100 mq, l’autrice ha enucleato figurazioni, sapientemente impaginate, con dovizio di motivi simbolici, in un repertorio iconografico, che sembra tolto dalle allegorie dell’iconologia del Ripa. Stilisticamente questo materiale potrebbe librarsi in bilico oscillando tra Simboilismo, liberty e Art Déco, per le immagini lussureggianti, la dovizia dei motivi che sembra derivare dalle "Mille e una notte", con un sapore fiabesco, che nel fulgore dell’oro talvolta rammenta Klimt, ma attinge materiale illustrativo da quel repertorio delle fiabe, analizzate da W. Propp. E la magia si effonde e andiamo a scomodare il materiale antropologico de "il ramo d’oro" di Frazer, ma rammentiamo anche "La Tempesta" e "Il Sogno" di Shakespeare, nonché l’esoterico "Flauto magico" di Mozart, o lo "Schiaccianoci" di Chaikowski. Questo avvincente repertorio iconografico sembra risentire de "Le radici antropologiche dell’immaginario" di Durand e degli Studi simbolici sugli Elementi, compiuti da G. Bachelard, cui si aggiunge un’altra dimensione, il tempo bergsoniano, in cui confluiva quello Stream of consciousness di James Joyce e Woolf, ma anche nella "Recherche" proustiana.
E se l’Aria è simboleggiata da Nuvole, non solo aristofanesche, ma quelle di troppi Maitres à penser e anche ahime dei nostri politici.
Ed è l’Acqua a fluttuare, in un atomizzarsi di simboliche gocce iridate e si pensa ai recenti casi della Sirenetta, a Tritoni, Ondine, al mito di Glauco e Alceo e da quelle Sirene che ammaliarono, ma non vinsero Ulisse.
E crepitano vampe rossastre del Fuoco e si pensa al fatidico viaggio iniziatico di Enea nell’Ade, munito del Vischio, simbolico Ramo d’oro, passepartout agli inferi, ai Campi Flegrei e alla Palude Stigia. E nelle fiamme rivive il mito di Empedocle che si avventurò sull’Etna, trovandovi purificatrice morte cosmica; ma anche all’insegna del Fuoco, e Pompei che pare ora trovare dignitoso restauro.
Nel segno della Terra, e la plastica e anche l’architettura preistorica, e anche la nobile arte della ceramica, che fa muovere la plastica all’insegna di tutti gli elementi.
Loretta Parenti dimostra la valentia nelle vaste figurazioni, nella sicurezza. con cui affronta complessi motivi, elaborati in vaste superfici, impiegando una tavolozza brillante che non scivola mai nell’accattivante né nel lezioso.
Loretta Parenti ha studio in Via Isonzo, 8 a Solignano tel. 797454.

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C’è l’inaugurazione della mostra e non ho niente di nuovo da mettermi!
Un ottimo saggio contro i saccenti e i presenzialisti è "L’occhio critico" di Guido Ballo che cita materiale, raccolto nelle gallerie di Milano. Ahime, spropositi, sciocchezze, sciorinate con nonchalance, che rivelano il pressapochismo di chi si arroghi il diritto di trinciar giudizi, non solo senza preparazione, ma anche senza un idioma decente. Troppi finirebbero nello Sciocchezzaio di Flaubert. Come già lamentava il Foscolo nell’Epistolario e nel saggio "A Bonaparte".
Troppi senza cultura né minima cognizione di causa, come passatempo, si dedicano a dileggiare autori seri e validi, anche a detta del "Leopardi" che nei Canti, nello Zibaldone e nelle Operette morali, parla del "vulgo ignorante" del "natio borgo selvaggio" e si fa beffe, con amara ironia, della cupa e tenace ignoranza, infiorata di sproloqui, nella loro non eccelsa favella, condita di strafalcioni.
Non illudiamoci che, col tempo, le cose siano molto migliorate: quanti seri professionisti rivelano impietosamente le loro pecche! Ma la risma peggiore, da dribblare come il Capo di Buona Speranza, oltre le mitiche Colonne d’Ercole non più si dice "hic sunt leones", ma ci s’immerge nel pressappochismo, nel gran mare dell’ignoranza crassa. Toccata e fuga, al profilarsi di impettite, paludate, imbellettate dame impellicciate, ingioiellate, rutilanti come Madonne di Pompei di gingilli e orpelli. Queste assidue visitatrici di mostre in cui vanno a farsi vedere, ma mai, per carità a guardare le opere esposte, dovrebbero estirparsi o ridotte, magari ricorrendo al drastico imbavagliamento, al silenzio assoluto. Così non dovremo subire il florilegio dei loro "competenti" giudizi, come una signora aveva espresso, attribuendo disinvoltamente alla scultrice Silvia Guberti, le stampe di W. Hogarth, che sicuramente è stato operante nel secolo di Lumi e non ancora visitato dal Grande Fratello. Queste saccenti, entità sculettanti e squittenti, son sempre in prima fila e magari si trattasse di belle ragazze! Ansimando trafelate, per rincorrere qualsiasi occasione mondana, dimenticano, per il contorno, la pietanza, ossia le opere esposte che non degnano di uno sguardo, dovendo sgomitare, per farsi ritrarre accanto ai protagonisti speriamo non di un solo quarto d’ora di celebrità, come asseriva, nei suoi Aforismi, Oscar Wilde.

Giuliana Galli

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