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P. Fontana

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P. Fontana

P. Fontana, architetto di Pescia, città del padre di Pinocchio, Carlo Lorenzetti, alias Collodi e dei fiori, in cui attecchisce anche la fervida vena creativa sub specie astratta dell’artista che predilige quel monocromo, che non distoglie dai valori plastici, alludendo alla cancellazione, all’assenza, alle "tracce del negativo" (Adorno) che prende le mosse dal Concretismo, siglato anni ’50, nel fervore e sperimentalismo materico, in alternativa al "Ritorno all’ordine" di un simbolismo di maniera, che si sarebbe condensato nelle istanze materiche, che depurate di ogni scoria, si sarebbero tradotte nell’Informale e nell’Abstraction lirique. In alternativa agli estenuanti languori dell’Informale, negli anni ’50, emergono lo Spazialismo di Fontana, il Nuclearismo, convogliati nel Manifesto Bianco. Lucio Fontana inaugura poi la stagione dei "Tagli" mentre puntualizza la sua ricerca, Burri, che sarebbe divenuto famoso per i Sacchi e poi, per i Cretti.
E’ l’ascesa del MAC, quell’arte, seriale, programmata e concreta che sembra far avverare le predizioni di W. Benjamin e tra le cui fila annoveriamo Mario Nigro e Bruno Munari, trovando un riscontro nello strutturalismo.
In questo filone, rientrano le opere rigorose e asettiche di P. Fontana, che tradisce la formazione di architetto nell’articolazione programmata del linguaggio plastico.
Per le eleganti modulazioni strutturali, le ferite che animano le superfici, sia pure saldate negli spigoli vivi, rammenta lo Spazialismo di Fontana e per certi ispessimenti materici, un gioco di concavità e convessità, per le tensioni che animano la struttura formale; con estroflessioni e introflessioni, ricorda le esperienze plastiche di Bonalumi, Castellani e per certe superfici porose, lunari, Corrado Cagli.
Si avverte, in questi polimaterici avvincenti, il fascino discreto dello sperimentalismo materico all’insegna dell’understatement, già caro a Lord Brummel, e si ripensa alla vivida stagione delle avanguardie, a quegli "ismi" che siglarono gli albori del secolo; rammentiamo così i MERZBILDER di K. Schwitters, ma anche certi collage astratti di Picasso e Braque, senza tralasciare la grande avventura futurista e il Manifesto dei Polimaterici di Prampolini.
Voglio ricordare il Paese dei ciechi, in latta, di Regina, i Libri illeggibili di Munari condotti sul filo della tattilità che non mi sembra estranea alle opere di P. Fontana, che se fosse senz’altro dedito alla sperimentazione di vari gradienti di Tattilità, troverebbe vari campi d’applicazione e di espressione artistica e di design.

Giuliana Galli

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