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Intervista a Stefano Ponzinibio

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Intervista a Stefano Ponzinibio
Vincitore Della Categoria Musica Grandi

Cominciamo con una domanda consueta: parlaci di te, cosa fai nella vita, quanti anni hai…
Sono un dipendente del comune di Modena, ho lavorato per diversi anni nelle piscine comunali, poi sono stato ricollocato presso un ufficio giudiziario e adesso lavoro per l’ufficio notifiche del comune. Pero’ ho sempre portato avanti contemporaneamente la mia forte passione per la musica e quindi fin da ragazzino ho suonato. Per me la musica e’ una semi-professione, perche’ l’impegno che ci metto e’ notevole, ci dedico molte ore al giorno. Per alcuni anni ho fatto un liceo musicale che poi ho abbandonato, poi ho continuato privatamente segnuendo dei corsi di perfezionamento jazzistico, poi ho seguito dei seminari… mi sono dato abbastanza da fare. Quindi per me e’ piu’ di un hobby, e’ una passione vera e propria.

Attualmente in che formazioni suoni?
Con un gruppo facciamo dello swing: e’ un gruppo di 8 persone con quattro fiati. Ci chiamiamo Jumping Shoes ed e’ un gruppo di Bologna che fa dei pezzi swing anni ’30 – ’40 cantato. Poi suono in un altro gruppo dove facciamo delle cose meno commerciali, con una formazione storica modenese che si chiama New Emily Jazz Orchestra; e’ un gruppo di persone che penso siano fra i primi a fare del jazz a Modena, cominciando proprio col jazz tradizionale, dixiland stile New Orleans. E’ una formazione da 6, con basso, batteria, piano, due sax e l’arrangiatore.

Con che formazione hai registrato il brano del concorso?
Allora, quella formazione di fatto non esiste piu’. Nacque da una mia idea perche’ avevo in mente di fare questi brani originali scritti da me, e mi si presento’ l’occasione di realizarli praticamente perche’ venni coinvolto in una situazione di un gruppo dove c’era gia’ mio fratello (e’ il chitarrista). Io avevo delle idee, le misi giu’ un po’ meglio in modo che potessero essere suonate dal gruppo; la cosa e’ andata avanti per un paio di anni, portando avanti i miei pezzi e degli standard jazz. Poi mi diedi un po’ da fare per uscire da Modena, perche’ qua e’ un po’ un circolo chiuso, ma non ebbe il suo seguito. Poi sai, quando si perdono le motivazioni e gli stimoli, e’ difficile tenere un gruppo unito, soprattutto quando fai delle cose che non sono commerciali, quindi la cosa e’ pian piano scemata. A parte mio fratello (che lo vedo ancora!), gli altri li ho un po’ persi di vista.

Che musica hai ascoltato e come ha influenzato il tuo stile?
Io adesso ascolto pochissima musica, forse perche’ ne ho ascoltata tanta in passato. Penso che la mia fortuna sia stata quella di ascoltare di tutto, dalla musica leggera, alla musica da discoteca, alla musica rock, alla musica jazz, questa soprattutto quando ho iniziato il corso di perfezionamento jazzistico. Adesso mi sono un po’ buttato sulla musica classica sinfonica, perche’ era l’unica cosa che un po’ mi era rimasta sconosciuta. La musica che propongono adesso per radio, per me e’ inascoltabile. Sento molta banalita’, ci sono poche idee, gli stessi schemi riproposti piu’ volte; ma forse e’ giusto cosi’, perche’ nella musica commerciale ti devi rivolgere alla massa ed allora deve essere il piu’ facile possibile anche scandendo di qualita’… e’ tutto un po’ triste. Secondo me manca la volonta’ delle case discografiche di puntare su degli artisti veramente bravi; adesso si basano su pochi nomi che danno loro la garanzia e non vanno oltre; non c’e’ proprio la volonta’ di rischiare su prodotti che vadano un’attimino al di fuori della banalita’ piu’ scontata.

Torniamo al concorso: cosa ti ha spinto a partecipare?
Il tema del concorso, cioe’ la frase "Son desto… ma sogno". Mi era piaciuta molto perche’ mi ci sono visto ed ho capito subito che avevo il brano giusto.

Dacci la tua interpretazione personale del brano del concorso.
Il titolo del brano e’ "L’uomo che viveva sulle nuvole" ed e’ a mio avviso strettamente legato al tema del concorso. L’uomo che viveva sulle nuvole e’ un brano un po’… aereo, e’ un pezzo molto lento e c’e’ questa aria un po’… di sogno che io ho cercato di trasmettere; e’ paragonabile ad una persona che e’ sulle nuvole e che sogna.
Anche il tema sono poche note: ci sono tre strumenti che suonano assieme ed ho cercato di incastrarli (questa cosa si chiama contrappunto); a me piace particolarmente quando gli strumenti si incastrano fra loro, ma rimangono anche un po’ indipendenti. Per questo ho usato il sassofono, la tromba ed un violoncello, suonato con la chitarra MIDI.

Hai usato il computer per registrare il tuo brano?
No, abbiamo registrato in diretta su un DAT. Siamo stati ospitati da un nostro amico in un posto in campagna a Reggio. Abbiamo solo fatto una sovraincisione per la chitarra MIDI.

Come ti e’ sembrata la cerimonia di premiazione?
L’idea di far leggere i racconti e di far seguire il brano vincitore senza annunciarlo crea un po’ di attesa, soprattutto da parte dei concorrenti; poi, da parte di chi attende un risultato di una classifica, c’e’ sempre l’attesa per il tuo risultato e quindi si e’ un po’ smaniosi e magari le altre cose, un po’ egoisticamente, vengono considerate un po’ meno.
L’impressione che ho avuto quando sono arrivato e’ stata molto buona, di una cosa seria; a volte il dubbio che una persona puo’ avere nell’affrontare queste cose, e’ che siano fatte alla buona, alla leggera. Invece mi resi conto che era una cosa organizzata bene, seria.

Pensi che parteciperai alla prossima edizione del concorso?
Si, se avro’ un brano che si adatta al tema. Anche se, c’e’ quell’idea sfuttata in ambito sportivo che uno vince una cosa e dopo si ritira… no, sto scherzando. Se avro’ l’idea giusta e la riusciro’ a sviluppare, penso di si.

Che tema vorresti che venisse trattato in una prossima edizione del concorso?
La fame nel mondo! No… scherzo! Qualcosa… legata al sociale, come la solitudine.

Avevi mai sentito parlare di KULT Underground prima del concorso?
No, l’ho conosciuto la prima volta alla premiazione del concorso.

Benissimo, grazie del tempo che ci hai dedicato e ti aspettiamo alla prossima edizione del concorso.

Thomas Serafini

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