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Dave Weckl Band: Synergy

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Dave Weckl Band: Synergy

In genere mi hanno sempre insegnato che quando si espone un argomento, bisogna sempre partire dall’inizio della sua storia per poi descriverne l’evoluzione. Quindi parlando di dischi fusion, dovrei cominciare con i dischi jazz-rock dei Weather Report o di Return to Forever (con Chick Corea e Al Di Meola) seguendo tutta l’evoluzione di questo genere. Invece, comincero’ proprio da quello che considero il piu’ recente disco fusion: si tratta dell’ultimo disco della Dave Weckl Band, uscito verso la meta’ dell’anno scorso (1999), intitolato Synergy. Perche’ questa scelta? Purtroppo c’e’ una grossa difficolta’ a reperire i dischi fusion un po’ piu’ vecchi, per cui ho preferito parlare di un disco che si puo’ trovare senza difficolta’ in tutti i negozi specializzati.

Per chi non lo conoscesse, Dave Weckl e’ considerato uno dei piu’ grandi batteristi sulla scena musicale degli ultimi 10-15 anni. Nonostante la sua giovane eta’ (e’ nato nel 1960) ha una ricchissima discografia con tutti piu’ grandi artisti Jazz e Fusion, come Chick Corea (nell’Elektric Band e nell’Acustic Band), Michel Camilo, John Patitucci, Eddie Daniels e molti altri. Attualmente suona nella Dave Weckl Band, in formazione con Jay Oliver alle tastiere, Tommy Kennedy al basso, Brandon Fields al sax e Buzz Feiten alla chitarra. Nel periodo 1990-1994 ha prodotto 3 dischi che stilisticamente sono estremamente rappresentativi del sound fusion di quel periodo; sono dischi molto tecnici (alcuni dicono che sono troppo tecnici) e di certo la mano di Weckl ha spinto prepotentemente lo stile verso quella direzione. Infatti, in quel periodo Weckl era noto non solo per la sua grande tecnica che gli consentiva notevoli virtuosismi, ma anche per la costruzione di incastri ritmici dispari e sincopati… in una sola parola "cervellotici". Ed e’ proprio per questo motivo che era chiamato a suonare in quasi tutti i dischi fusion del periodo, perche’ queste erano proprio le caratteristiche allora ricercate. Dopo il 1994 la band ha avuto alcuni anni di silenzio fino al 1999 quando ha presentato Synergy.
Ricordo ancora precisamente quando ho ascoltato la prima volta il disco. Ero appena tornato dal negozio in cui l’ho comprato e, mentre stavo scartando la plastica che lo avvolgeva, ringraziavo Weckl perche’ e’ uno dei pochi artisti che sta mantenendo viva la fusion; mi chiedevo anche, dopo 5 anni dall’ultimo disco, in che modo avesse evoluto il suo sound: dopo 5 anni di studio, quali virtuosismi sarebbe riuscito a suonare? Ho inserito il CD nel lettore ed ho premuto play… sorpresa! La prima traccia e’ un pezzo in 12/8 con un groove molto moderno, ma nello stesso tempo contaminato da certe culture Africane. La cosa incredibile e’ che per i primi 3 minuti del pezzo Weckl non ha suonato nient’altro che il tempo; quindi niente tecnicismi od incastri ritmici cervellotici: ha semplicemente portato avanti la base ritmica, ma il gusto con cui ha definito il suo groove e’ veramente incredibile! Allora ho fatto una carrellata sugli altri pezzi e tutti mi hanno confermato questa nuova identita’ di Weckl e della band: penso che il piu’ grosso merito di questo disco sia quello di aver creato 11 nuovi pezzi dal sound rigorosamente fusion, abbandonando pero’ molti dei tecnicismi che in passato l’hanno contraddistinta.


Proviamo ora ad anallizare alcune delle tracce piu’ interessanti del CD:

High life
Il pezzo e’ basato su un groove il 12/8 contaminato dalle culture occidentali dell’Africa. Infatti la struttura armonica del pezzo non e’ particolarmente complessa e tutti gli strumenti sono impegnati ad intessere un’interessante struttura ritmica. In particolare Tommy (basso) contribuisce in maniera fondamentale, come in molti altri pezzo in questo disco, a plasmare il sound del pezzo; il suo basso e’ sempre molto presente e sicuro e conferisce un senso di solidita’ e di potenza al brano. Il pezzo termina con un lungo solo di sax seguito infine dal solo di Weckl; infatti Weckl ha affinato un notevole gusto nel fraseggio in 12/8, tempo che in passato nella fusion non era molto utilizzato.

Panda’s dream
Questo e’ senz’altro un pezzo scritto da Buzz, il chitarrista, ed e’ totalmente incentrato sul suo strumento. Il pezzo e’ una ballata, nata con sonorita’ acustiche e poi trasformata con un’identita’ piu’ funk/rock. Mai come in questo pezzo si sente il nuovo stile di Weckl; qui, per tutto il pezzo la batteria suona rigorosamente il tempo, pari in 4/4, 8 o 16 beat, svolgendo esclusivamente una funzione di accompagnamento; la cosa sorprendente e’ il gusto con cui Weckl riesce a far suonare un 8 beat, e’ talmente perfetto che ha groove anche in un pezzo estremamente melodico come questo. Ma la parte del leone viene svolta prima da Brandon, che ci sorprende con l’eccellente gusto del solo di sax soprano, e successivamente dal solo di chitarra; qui Buzz ci propone delle frasi incredibilmente lunghe suonare a cavallo del giro; detto meglio, la frase inizia a meta’ del giro, ha il suo culmine quando gli altri strumenti finiscono il giro ed iniziano il successivo, e termina a meta’ del giro successivo. Questo accorgimento conferisce al solo una forte sensazione di continuita’; e’ come se lo strumento non smettesse mai di suonare; alla fine del solo, la sensazione e’ quella di essere rimasti senza fiato. Penso che questo sia il piu’ bel solo del disco; e’ veramente commuovente, piu’ l’ascolto e piu’ riesce a coinvolgermi e a comunicarmi sensazioni incredibili.

Swank
Questo e’ un brano palesemente ispirato al groove swing/funk di Peter Erskine e Jaco Pastorius. Il pezzo e’ basato sulle parti di basso e batteria, che insieme costruiscono un groove travolgente. Entrambe questi strumenti danno il meglio di se’: penso che questo sia uno dei migliori shuffle che abbia mai sentito suonare da un batterista, tutto basato sulle ghost notes, quasi impercettibili ma fondamentali nel formare la ritmica. Allo stesso modo il walking bass che accompagna quasi tutto il brano, non solo e’ suonato leggermente avanti, ma e’ ricchissimo di ghost notes; ne emerge una ritmica travolgente, soprattutto se considerata assieme alla batteria. Penso che questo pezzo abbia una caratteristica fondamentale che lo rende speciale: tutti gli strumenti suonano pochissime note, la maggior parte delle quali, inoltre, sono ghost notes; ma le poche note che costruiscono il pezzo sono esattamente quelle che servono nel momento giusto. Suonare poche note significa ottenere un sound piu’ pulito, piu’ efficace e permette di valorizzare ogni nota che si esegue. Molti musicisti di oggi dimenticano questa regola, inondandoci con un mare di note e virtuosismi inutili che appesantiscono soltanto il sound del pezzo.


Per questo mese mi fermo qui. Nel prossimo appuntamento vedremo, come e’ stato fatto in questo articolo, un altro disco molto interessante: volete sapere quale sara’? Allora ricordatevi di leggere il prossimo numero di KULT.

Thomas Serafini

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