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Mauro Teardo

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Mauro Teardo

Si chiama "Denti": è l’ultimo capolavoro che Gabriele Salvatores ha presentato a Venezia e che ora sta riempiendo le sale cinematografiche di tutta Italia. A godere con lui dei meritati applausi che hanno colmato la città lagunare c’era anche Mauro Teardo, il giovane pordenonese che ha realizzato e curato la colonna sonora del film. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di condividere con noi le emozioni di questa straordinaria esperienza, di raccontarci cosa si prova a lavorare fianco a fianco ad un regista tra i più noti e stimati.
Mauro, come è nato il progetto che ti ha portato al fianco di Salvatores?
Federico De Robertis, che ha fatto diverse musiche per i film di Gabriele Salvatores e per tanti altri registi, conosceva le mie cose e mi ha proposto di lavorare con lui. Quando Salvatores l’ha ascoltata, si è innamorato della nostra musica e ci ha subito proposto di lavorare a tutto quanto il film. Così abbiamo composto la maggior parte della colonna sonora, circa il 90 per cento; il resto è musica di repertorio, ad esempio brani vecchi dei Deep Purple. È stato un lavoro molto impegnativo, siamo stati in studio quasi quattro mesi, ma ne è indubbiamente valsa la pena. Oltre alla colonna sonora del film, poi, la musica è presentata anche in un CD, uscito il 20 settembre per la Sony. La soddisfazione che provo è talmente grande che esprimerla è praticamente impossibile.
È un’esperienza che ripeteresti dunque?
Certo. A dire il vero ha già un seguito, perché lavoreremo anche per altri registi, di cui adesso non posso ancora fare i nomi. Addirittura lo stesso Salvatores era entusiasta e ci ha già parlato del prossimo film.
Come è stata l’esperienza di Venezia? Che effetto fa essere lì da "protagonisti"? È qualcosa che molti sognano di poter vivere.
È stata una cosa un po’ strana fare la passerella con tutti i divi, trovarsi all’Excelsior dove si sentiva la propria musica che andava. È stato emozionante, anche perché alla fine del film c’è stato un applauso che è durato 8, 10 minuti, però anche imbarazzante: non mi immaginavo di trovarmi in una situazione del genere. Soddisfacente e divertente, qualcosa che certo non potrò dimenticare facilmente.
Quello del Festival è sicuramente un mondo buffo perché c’è una grossa percentuale di puramente estetico, di pura facciata. È molto formale e per questo diventa poi in qualche modo molto più interessante, anche perché è divertente capire un po’ i retroscena. Certo per me è stata un’esperienza forte, era la prima volta che ci andavo, per cui dal punto di vista emozionale l’ho goduta del tutto. È anche una cosa lontana dalla musica, molto glamour, che fortunatamente dura un giorno. Devo dire che molto divertente è stato poi anche andare alla festa.
Realizzare una colonna sonora è diverso dal fare "semplicemente" musica. Cosa ti piace di più?
Mi piacciono entrambe le cose. Quando faccio la musica il punto di partenza sono le mie esperienze, il mio vissuto e quindi lo start sono le esperienze personali, mentre per la colonna sonora di un film il punto di partenza sono le esperienze del regista. Con Salvatores abbiamo parlato molto di quello che serviva fare, ci sono tantissimi imput che sono suoi, tanti suggerimenti, tanti consigli e tanti riaggiustamenti. Ma non è più difficile ed è ugualmente interessante perché è importante per me anche avere un punto di partenza diverso, altrimenti si finirebbe con l’andare a scavare sempre negli stessi posti. L’obiettivo poi è quello, pur partendo da un punto di vista diverso, di rendere la cosa personale, propria, sentirla, altrimenti non avrebbe senso e diventerebbe pura musica da commento. Il lavoro che abbiamo fatto con Salvatorese non è solo musica da commento e lo testimonia il fatto che c’è un disco che ha una sua identità ben precisa, che sta in piedi da solo, indipendentemente dal film. Questa era la scommessa e penso che in qualche modo ci siamo riusciti: l’ascoltatore può godere della nostra musica anche al di là del film ed ha un senso.

Francesca Orlando

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