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Un solo, semplice pensiero trasversale

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Un solo, semplice pensiero trasversale
Quinto classificato (Media: 6,64)

Julie stasera è così bella che la luna è inutile. Questa ragazza splende, Zanardi se ne rende conto mentre la vede camminare sulla panca per tornare al suo posto accanto a lui – ci sono altri volti carini e pelli abbronzate e tutto quanto, ma lei SPLENDE. E lui fa il satellite che di quella luce si riempie, la trasforma nell’energia che accende il suo talento. Bella coppia, verrebbe da dire, ma sono troppo giovani e c’è un alibi alcolico di troppo, una promessa avventata.
Le onde del mare hanno un odore strano, stasera, mentre si spengono sulla spiaggia. L’odore di qualcosa di molto vecchio, di disagio, di una notte troppo lunga e senza sonno.
E’ una serata iniziata piano piano come le migliori serate. Dopo cena Nikos e Carlito si sfidano a carte e Zanardi fugge in camera a fiondarsi Fat Boy Slim nelle orecchie. I due veterani sanno che questo è il momento delle conoscenze, Za’ odia le carte e le conoscenze programmate.
Carlito guarda con un occhio le carte e con l’altro perlustra felinamente il territorio. Attimi di panico lo percorrono: ha una gran voglia di divertirsi, ma non saprebbe definire esattamente come.
Nikos guarda le carte con tutti e due gli occhi, ma è solo un camaleonte che attende in silenzio tempi migliori. E quando una giovane si siede al loro tavolo, dimentica le carte e tiene viva la conversazione. Sa che il trucco è non rimanere mai zitti, e che le ragazze adorano essere oggetto d’attenzione.
Zanardi si cala in uno di quei momenti indefiniti di buio e di musica che trascendono il normale scorrere del tempo – è come se gonfiasse le gomme prima di partire. Non si può abituare in due giorni ad avere molte persone accanto ad ogni momento, e sta rubando un poco di relax e di solitudine.
E poi Nikos e l’odore del suo dentifricio recuperano alla realtà il celtico le cui parole quiete tranquillizzano il giovanotto con lo spazzolino che si pettina e si attacca al telefono mentre l’altro scende nel trambusto con l’aria di chi passa di lì per caso e Carlito interrompe la conversazione un istante
Julie, Zanardi
per poi riprendere a ricordarsi i tempi della scuola mentre Julie si sistema un poco la camicia sopra i fianchi scoperti.
Nel mare, a qualche decina di metri dalla spiaggia, ci sono alcuni movimenti strani. Alcuni mulinelli imprevisti, improvvisi spruzzi, e il fulcro di quell’odore strano. Sembra la concentrazione di ogni sensazione negativa mai incontrata. Sembra un incantesimo di paura improvvisamente materializzato. Qualcosa si muove lentamente, nel mare, stanotte.
Ondeggiano tutti insieme tra la folla, tra mille giovani volti speranzosi che passano accanto. Rimbalzano come palline stanche da un’insegna all’altra in cerca di una destinazione. Buffo: chi ha le chiavi della decisione, non sa bene che fare. Non hai ancora capito il trucco, giovane seduttrice? Le persone adorano essere guidate, adorano qualcuno che dica cosa fare. Per fortuna, c’è qualcuno che li aspetta, e questo semplifica le cose. E gli animi si scaldano, le parole scorrono, adesso non ondeggiano più. Ed ecco l’alibi alcolico che prende forma a poco a poco, intorno a una azzeccatissima tavola rotonda. Le confidenze crescono comunque, alcol o non alcol, perchè con un po’ di tempo e di tranquillità puoi trovare inaspettate comprensioni. E alla fine sorridi perchè ti senti meno solo. Tanto più sfuggi le convenzioni, tanto più i tuoi occhi brillano di gioia se trovi qualcuno che la pensa come te. Carlito e Zanardi sono impegnatissimi a guardare gli occhi altrui, il primo più discretamente, il secondo meno. Tra una canzone e l’altra Ceci aspetta la sua telefonata con ostinata adorazione, Angela sorride e commenta ogni tanto con frasi brevi, Nikos avvolge la sua sorridente Barbie e Julie ascolta le teorie musicali di Za’ con attenzione. Passa tempo, un giro e un altro giro e telefonate e il tono sale e le risate non mancano. Solo un paio di altre coincidenze fortunate e sarà una notte da ricordare.
L’incantesimo malvagio è fermo e osserva. Da molto tempo assente, ora è tornato a reclamare la sua parte con la tranquillità di chi non accetterà un no come risposta. I gatti intuiscono strane vibrazioni e fuggono di gran carriera. I granchi si mimetizzano bene come non mai. La luna, lassù, si sente inchiodata ad una sedia di tortura, sa che dovrà assistere, sa che il suo destino è di TESTIMONIARE. Perchè la luna è sempre lì, a vedere ogni sorta di schifo che l’universo sa produrre. Piange la sua quotidiana lacrima sottile, che domani all’alba arriverà a terra e bagnerà i fiori di rugiada.
E’ appena passata la mezzanotte quando i ragazzi si ritrovano a ondeggiare lenti sulla via della spiaggia. Con le conversazioni più fluenti e le coppie più vicine, Zanardi e Julie là davanti, Nikos e Nina in fila al gruppo, Ceci e il suo telefono, Angela e Carlito con un poco di imbarazzo. Con mutamenti caotici che non cambiano la sostanza – fosse per il desiderio, il gruppo sarebbe già diviso – ma esiste la cortesia, e una parola gentile non si rifiuta mai, così le persone si spostano e si riavvicinano in continuazione. Il lungo cammino si esaurisce sulla spiaggia in frammenti, in personaggi che si allontanano discreti, in improvvisi silenzi esplicativi, in inspiegabili ma tutto sommato apprezzabili dedizioni. Ci sono certi posti e certi momenti che ispirano fiducia, e ti sembra che la ragazza che hai stesa in parte l’hai conosciuta anni fa, non stasera dopo cena.
Colui che vive nel profondo ha visto tutto. Annusa, intravede, s’inebria. C’è tutto quello che gli serve, se fosse un poco più umano adesso proverebbe felicità ed entusiasmo. Ma non è umano. Non è niente di concepibile. Un insulto lanciato da un Dio a un altro, che è riuscito a scansare l’offesa e scaraventare la nefandezza nel mondo degli uomini, che sono tanti e si riproducono continuamente e sono malvagi e quindi uno schifo in più non gli farà certo differenza.
La luna sa tutto questo e piange, perchè sta dalla parte degli uomini.
Ma gli dei ci trattano come noi trattiamo le formiche:
il massimo che ci possono concedere è un poco di curiosità.
Gli dei non possono vedere, la luna non vorrebbe vedere, quando l’abnorme creatura emerge lentamente, silenziosa e infida come il buio di un sotterraneo.
Il bello di serate come queste è che niente sembra possa andare storto. E quando senti rumori di fanghiglia provenire dal mare, pensi a tutto meno che a qualcosa che sta per rovinarti la nottata. Pensi a un bagnino, a un’imbarcazione che sciaborda sulla spiaggia, a un amante rumoroso. Poi la luna si oscura un istante, ti volti e la vista ti si scioglie al cospetto dell’orrore.
Julie, Zanardi e Carlito guardavano le stelle ed esprimevano desideri distesi sui lettini vicino al mare, esaurendo gli ultimi strascichi di alcol e maledicendo le troppe sigarette e nel frattempo il mostro è arrivato fino alle loro spalle. Zanardi si volta e non vede altro che una grossa forma scura e gocciolante, intravede una bocca sbavante e tre, quattro lunghe braccia artigliate che si protendono, prima di sragionare. Che fare, si chiede con finta lucidità il celtico. Ha voglia di ridere. Carlito supera l’impatto con l’immaterialità della cosa e fa per muoversi. Ma è il più vicino, e gli artigli in pochi secondi lo immobilizzano, lo aprono, lo uccidono. Non c’è speranza di salvarti quando i tuoi organi interni si affacciano a vedere il mondo. Julie ha perso i sensi, la paura gli ha fatto il favore temporaneo di assentarla dalla scena. Zanardi continua ad aver voglia di ridere mentre si lancia con un senso di amara predestinazione verso il mostro. Nè eroico, nè generoso: gli è sembrata la cosa più divertente. E un solo, semplice pensiero trasversale lo porta ad analoghe tavolate che in quel momento distribuiscono parole e coltivano emozioni. Il mostro non dimostra particolare tatto, mentre gli stacca di netto la testa con una botta terrificante. E in quei lunghi, lunghi secondi di coscienza che gli restano, il celtico vede il mostro avvicinarsi alla sagoma della giovane svenuta con fare, verrebbe da dire, affamato.
Ha la sensazione che la sua anima sarà inquieta. Ma è una preoccupazione estemporanea.
Perchè poi muore.

Alessandro Zanardi

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Giudizi

Gabriela Guidetti: 10,00

Splendido! Un incubo lovecraftiano che erompe con tutto il suo terrore in un incontro allegro e ben altrimenti promettente tra ragazzi e ragazze. Italiano ricercato. Ottimo il ritmo. Belli i personaggi appena abbozzati, ma veri. Da rileggere più di una volta per goderselo appieno.

Doriano Rabotti: 10,00
Uno splendido affresco.

Matteo Ranzi: 7,75
Ottima ambientazione e ottimo incedere

Walter Martinelli: 7,00
Lo snodarsi delle situazioni parallele non riesce a catturare fino in fondo, e le premesse di cosmici orrori e di esseri risvegliati da eoni di sonno sono un po’ deluse dal proseguire prevedibile della storia.

Franco Tioli: 7,00
Questo autore denota un talento naturale, una scrittura eccezionale, sintetica, un ottimo lavoro

Francesca Orlando: 6,00
Il racconto è scorrevole e ben scritto, ma non particolarmente trascinante e avvincente.

Enrico Miglino: 6,00
Una "chicca" di fantascienza classica, fine anni cinquanta, con un prevedibile "mostro della laguna". Una bella gestione di un modulo narrativo horror/fiction sviluppato fino in fondo degno di un blob forse un po’ troppo demodè. Curiosi i personaggi come Zanardi e Carlito che animano la storia, molto ‘Paz anni settanta.

Giovanni Strammiello: 5,67
Anche questo sembra provenire da un racconto di Zio Tibia… mi sembra che sia ispirato anche ad un episodio del film: una macchia oleosa in mare che mangiava dei bagnanti…

Marco Varone: 4,00
Boh! Ambizioso, pesante, caotico: un ottimo esempio di come non si scrive un racconto breve.

Raffaele Gambigliani Zoccoli: 2,75
Non sono riuscito ad entrarci, ma l’ideatore non ha fatto nulla per farmi partecipare.

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