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L’amore che non muore

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L’amore che non muore
(….per Juliette Binoche)

Era inevitabile che arrivasse il momento di commentare un nuovo film di Juliette Binoche (interpretato s’intende..), ormai a lustri di distanza dal suo premio Oscar nel "Paziente Inglese", ultimo film dell’attrice transalpina visto in terra italica (sempre al cinema intendo…).
In mezzo ci sono stati "Alice e Martin", "Les Enfants du Siècle" e alcuni lavori teatrali.
Ma come al solito se ne sono perse le tracce nel discutibile palinsesto che i produttori italiani ci impongono ogni anno, ignorata anche dal mercato home video, che solitamente chiude i buchi cinematografici (mi hanno detto comunque che qualcosa si può trovare in questo periodo su tele+).
Questa volta non era possibile ignorare l’evento (si dice così….): film di Patrice Leconte, uno dei registi francesi di punta, con un nuovo lavoro dopo il buon "La ragazza sul Ponte"; cast stellare, con appunto la sopracitata Juliette, Daniel Auteuil (e non si commenta questo straordinario attore), e la presenza inquietante di un
Emir Kusturica, qui passato dall’altra parte della cinepresa a proporci sul grande schermo il suo viso di zingaro ribelle (completando il triangolo regista, musicista – lo abbiamo visto in Italia lo scorso anno- ed ora attore).
Il genere molto caro ai francesi è il solito film in costume, che sembra sensibilizzare anche il pubblico italiano (visto l’ampia importazione degli ultimi anni) ruffiano espediente per collocare in altre epoche temi di scottante attualità come, in questo caso, quello della pena di morte (ricordiamo che in Francia la famigerata ghigliottina è stata eliminata solo nel 1981).
La vicenda si svolge intorno al 1850 in una persa colonia francese, L’isola di St. Pierre di fronte alle coste canadesi, un luogo più vicino al Polo che non alla madre patria dove la ghigliottina è protagonista indiscussa delle sorti del Paese.
Neel Auguste (Kusturica) è uno dei tanti pescatori che popolano l’isola, la cui vita si divide fra il duro lavoro in barca, e la locanda a bere. Una sera, insieme ad un amico, in preda all’alcool, uccide un uomo a coltellate.
Arrestati e confessato il delitto, vengono condannati rispettivamente ai lavori forzati ed alla ghigliottina. Ma l’amico non sopravvive alla furia popolare, e rimane ucciso durante il trasferimento alle prigioni.
Il problema nel paese, è che non esistono né una ghigliottina, né un boia, e l’amministrazione locale ne fa richiesta al governo francese. Ma naturalmente, i tempi di consegna si protraggono nel tempo, e passano mesi prima che la domanda sia accolta. Nel frattempo il prigioniero viene affidato alla custodia del capo della guarnigione militare, "Il Capitano"(Daniel Auteuil), sposato con una sensibile e bella donna, "Madame La" (… La Capitaine – Juliette Binoche), che vede forse nello sguardo dell’uomo uno spiraglio di pentimento, e convinta nella sue possibilità di riabilitazione, chiede al fedele e devoto marito di poterlo assegnare alla sua protezione. Neel Auguste si consegna totalmente nelle mani della donna, e comincia per lui un lungo lavoro di reinserimento nella vita cittadina, smettendo di bere, e facendo lavori per le famiglie in difficoltà. Lentamente l’uomo diventa fondamentale per la comunità, una sorta di angelica presenza, pronto ad aiutare chiunque. Intanto arriva anche a sposarsi con una giovane vedova dell’ isola, ma la giustizia, nel suo lento corso, incombe e approda (letteralmente) anche la ghigliottina da una colonia del sud. A questo punto manca il boia, e nessuno sull’isola ha intenzione di giustiziare quello che è diventato una sorta di benefattore: ma il governo del paese, che non ha mai approvato la situazione, è deciso fino in fondo a far rispettare le disposizioni prese all’epoca dell’omicidio; facendo leva sulla disperazione di una povera famiglia emigrata in quelle terre insieme allo strumento di morte, affida al padre-marito l’incarico di boia.
"Madame La" per salvare il suo protetto, organizza anche la sua fuga, ma Neel Auguste non fugge; ormai convinto della sua colpa è disposto ad accettare il proprio destino (ormai troppo buono…un vero martire).
Nel frattempo il Capitano che in tutto questo tempo aveva assecondato tutti i desideri della consorte, entrando sempre più duramente in conflitto con il governo locale, prende l’estrema e definitiva decisione di opporsi all’incarico di sovrintendere la sentenza di morte, non avendo garanzie per il rispetto dell’ordine pubblico. Il governo locale lo accusa di dilazione, decisione che lo potrebbe anche condannare alla fucilazione, e spedisce un fascicolo di accuse ai suoi superiori in Francia. …………………. (finale)
Il film non lascia clamorose sensazioni di "capolavoro", ed alcuni passaggi sono estremamente forzati, nel tentativo di dare un’immagine di "santità" del condannato. Anche il Capitano della guarnigione e sua moglie sono personaggi troppo estremi (nell’accezione romantica del termine), buoni, idealisti, indipendenti anche di fronte alla morte. Più interessante è invece la visione della macchina "giustizia", lenta ma incessante, disposta a fare il proprio corso sulla base di opportunità piuttosto che su un vero giudizio morale (quando l’uomo viene condannato si palesa l’opportunità di una grazia, dettata solamente però dalla mancanza dei mezzi per eseguire la sentenza). Forse le cose più interessanti del film sono le sfumature che legano il triangolo Condannato-Madame La-Capitano.
Ultime due note di chiusura:
1.
La traduzione del titolo in italiano è rabbrividente "L’Amore Che Non Muore" contro " La Veuve de Saint-Pierre" (La Vedova di Saint-Pierre), dove Veuve2 è il soprannome che i francesi assegnano alla ghigliottina.
2.
Il rammarico di non vedere più Juliette Binoche interpretare film di una certa consistenza3 (Oscar compreso) ormai da troppo tempo, (direi dall’epoca di "Film Blu") e di condannarla ad una morte per un attore, peggiore della ghigliottina: "L’oblio" (chiusura romantica per un film romantico).

Andrea Leonardi

2
Questa annotazione è sorprendente, il titolo originale dà un’altra impronta al film. Forse, però, con quel titolo avrebbe incassato un po’ meno, in Italia. "L’amore che non muore" è comunque una battuta importante del film.

3
E qui si può notare nel devoto Leo un pizzico di delusione per le sorti dell’amata Juliette, qui comunuqe in un buon film ma reduce da sciocchezzuole indegne delle sue possibilità.

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