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Banshee

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Banshee
Ottavo classificato (Media: 6,21)

Come il vento d’estate va e viene fra gli alberi,
così andava e veniva quel gemito luttuoso.

L’avvertimento di Hertford O’Donnell
Charlotte Riddell

1937
La tempesta colse l’auto del signor Haze una sera d’Ottobre lungo il viaggio che avrebbe dovuto condurlo in città. La strada di terra battuta si faceva via via impraticabile ma era deciso a non fermarsi e proseguire prima che facesse buio. Avere fretta e tenere un’andatura elevata su questi percorsi non era saggio, ma il signor Haze voleva uscirne il più rapidamente possibile.
Quando la vettura si arrestò irrimediabilmente in una voragine del terreno, si rese conto con sommo disappunto che era impossibile andare avanti.
Ma al signor Haze importava più il fatto di dover sciupare un giorno di lavoro e un importante affare che si sarebbe svolto il mattino seguente, che l’idea di dover affrontare la brughiera di sera a piedi sotto la tempesta. Il suo carattere risoluto, ereditato dai nonni paterni di stirpe irlandese, tuttavia, non lo scoraggiava, e le suggestioni popolari su questi luoghi non lo sfioravano minimamente; sapeva che ad un paio di miglia a sud avrebbe trovato un piccolo centro abitato e quindi un posto dove passare la notte al riparo.
Raccolse lo stretto necessario e cominciò dunque ad incamminarsi lungo un sentiero appena tracciato da rare file di alberi magri e scuri che il vento faceva ondeggiare, ripromettendosi di recuperare l’auto il giorno seguente. Ogni tanto si voltava ad osservare la strada percorsa e la sua vettura che lentamente scompariva nell’oscurità. Non provava paura. I suoi unici pensieri erano occupati dalla questione di dover spendere del denaro per ripararla e per trascorrere la notte fuori casa. Senza parlare dei mancati guadagni dell’affare che avrebbe dovuto sbrigare l’indomani. Lo urtava persino il fatto di doversi recare in un piccolo paese di provincia e venire in contatto con quella gente che riteneva ottusa e senza piglio.
La pioggia scendeva sempre più fitta, e il signor Haze tentava di proteggersi dall’acqua e dal freddo avvolgendosi alla meglio nel cappotto. Nonostante la visibilità fosse scarsa cercava in tutti i modi di non perdersi, avvalendosi anche della torcia che teneva saldamente nella mano destra.
La luce era flebile ma il signor Haze si fidava soprattutto del suo istinto, e il sentiero lo condusse a quello che aveva tutta l’aria di un camposanto abbandonato. Notò con disappunto che mancava ancora circa un miglio al paese e incominciò a superare quel terreno disseminato di croci di legno fradicio e lapidi di marmo tanto modeste quanto rare. Maledisse quel posto che doveva essere un cimitero di povera gente, forse contadini, e disprezzò il fatto che, per assurde suggestioni folkloristiche, i morti venissero seppelliti così lontano dalla civiltà.
Pensò anche che fosse uno strano posto per costruirvi un camposanto dato che il terreno argilloso e sabbioso della brughiera di certo non favoriva la conservazione dei "cari estinti". Ma forse era stato proprio per questo motivo che questo luogo era stato abbandonato.
Il vento e il freddo diventavano intanto sempre più pungenti e il signor Haze, prima di proseguire, si soffermò un attimo a riflettere su quale fosse la strada da scegliere.
Era assai strano come il vento che passava tra i piccoli alberi, unito al rumore della pioggia, creasse uno strano suono, quasi un sibilo non facilmente percepibile. Passò qualche istante e tutto divenne più distinto. Sembrava quasi un grido fievole, simile a un lamento, che fluttuava nell’aria; un gemito che cresceva d’intensità e solo a tratti si interrompeva, come se fosse un singhiozzo, per poi riprendere con maggior vigore e infine affievolirsi, spegnersi, e riprendere nuovamente.
Il signor Haze si voltò di scatto per cercare di capire da dove provenisse questo suono e i suoi occhi incontrarono ciò che non avrebbe mai voluto vedere nella sua vita.
Era una Banshee.
In un attimo gli tornarono in mente i racconti che aveva ascoltato da bambino a cui non aveva mai veramente creduto. Si ricordava dei cantastorie irlandesi, i "seanchaì", che attorno a un focolare affascinavano gli ascoltatori narrando di storie grottesche e inquietanti.
La Banshee era una tra queste. Tale apparizione avveniva subito prima di una morte, si manifestava con un gemito di dolore e si materializzava sotto forma di una giovane ragazza o di una vecchia avvolta in abiti a strascico.
Era proprio ciò che il signor Haze aveva davanti a sé in quel momento. A poche decine di metri si trovava una figura femminile, una fanciulla con un lungo lenzuolo che le scendeva giù per il corpo ed ondeggiava al vento; essa avanzava lentamente e sembrava che i suoi piedi non toccassero il suolo. Il volto della giovane era pallido e segnato da una smorfia di dolore, e la bocca semiaperta lasciava uscire un gemito ultraterreno mentre gli occhi erano gonfi ed arrossati a causa del pianto incessante.
A sua volta il viso serio del signor Haze assunse un aspetto mai visto: un terrore indicibile ne segnava ora i lineamenti. Che la Banshee presagisse la sua morte imminente? Tale pensiero si insediò in modo orribile nella sua mente e la paura gli fece scivolare dalla mano la torcia ancora accesa che cadde a terra e si spense al contatto con la terra bagnata; ma ora il camposanto era totalmente illuminato da quell’immagine, da quel lungo vestito bianchissimo.
Il signor Haze era immobilizzato sulle gambe. Sentiva il suo cuore battere forte in petto e gli sembrava che la forte emozione non gli consentisse più di respirare. La sua voce, che era sempre stata calma e pacata, era ora fievole e sconnessa:
"Chi sei?" – affermò con voce tremolante – "Sei realmente tu?"
E ancora: "Vieni per me?"
Ma l’unica risposta fu un lamento che si faceva sempre più vicino ed era oramai diventato insopportabile.
Gli occhi del signor Haze incrociarono all’improvviso un qualcosa di cui non si era accorto precedentemente: una piccola struttura di pietra, probabilmente una cripta situata a una cinquantina di metri da lui. Ritrovò le forze e prese a correre senza voltarsi, arrancando con fatica nel fango della terra bagnata.
Non fu difficile entrare e chiudersi dentro, dato che l’ingresso era garantito da un vecchio e rovinato portale di legno i cui cardini erano segnati dal tempo e dall’umidità. Afferrò qualcosa, forse una pesante pietra, e la pose davanti all’uscio per fare in modo che la Banshee non potesse entrare.
Tutto ora tornato nel silenzio: si poteva sentire solo il rumore della pioggia e l’ululato del vento, ma niente di più. La cripta era avvolta in una completa oscurità che non permetteva allo stesso signor Haze, il quale si trovava al centro della stanza, di vedere nulla. La cosa tuttavia non gli dispiaceva affatto.
Trascorsero lunghi e interminabili momenti in cui poté ascoltare il suo cuore, il cui battito tornava ad essere regolare, i suoi respiri che si facevano più profondi e le gocce d’acqua che grondavano dal soffitto e dal suo cappotto bagnato.
Non sapeva cosa fare, se aspettare che la tempesta si placasse e rimanere lì al buio o uscire e correre all’impazzata verso il paese sperando che la Banshee non si trovasse più fuori.
Chiuse gli occhi. Ma quando li riaprì, non poté trattenere un urlo strozzato dal terrore. A pochi metri si trovava la giovane in lacrime che tornava ad emettere un lamento straziante e che con il suo abito bianchissimo illuminava la cripta e le vecchie casse di legno disseminate al suo interno.
Il volto della Banshee mutò all’improvviso e assunse le sembianze di una vecchia megera in preda a un dolore sconfortante, scaraventando il signor Haze nel pieno terrore. Questi indietreggiò, un passo, due passi, fino ad urtare un bastione di legno e a provocare la caduta di una pesante bara posta su un ripiano in alto che, piombandogli addosso, lo fece stramazzare a terra.
Il corpo esanime giaceva lì sul terreno mentre il sangue si mischiava alla acqua piovana. Tornò il silenzio. La Banshee scompariva nella notte e il lungo lenzuolo che la ricopriva era ora diventato il freddo sudario del sig. Haze.


N.d.A. Banshee: Figura leggendaria della mitologia irlandese.

Roberto Bitetti



Giudizi

Francesca Orlando: 8,00
Personalmente trovo questo racconto molto coinvolgente e affascinante. Bello il richiamo alla mitologia irlandese, che lega la storia inventata alla realtà, e suggestiva la situazione in cui il protagonista si trova. Il finale lascia l’impressione di una conclusione non definitiva, l’aspettativa è quella che ci sia un seguito, cosa propria e caratteristica delle storie horror.

Giovanni Strammiello: 7,83
Racconto breve e curato nei particolari: tutto quello che cerchiamo in una storia del genere. Scontata ma rappresentativa

Franco Tioli: 7,00
Ben scritto, l’atmosfera è stata resa con discreta perizia

Marco Varone: 6,75
Quasi professionale e con un tocco che le solleva dalla media.

Walter Martinelli: 6,50
Piacevole e coinvolgente, un essere la banshee poco utilizzato, peccato che risulti un po’ scontato.

Gabriela Guidetti: 6,00
Horror classico di ispirazione anglosassone a metà strada tra ghost story e leggende popolari. Carino. Storia un po’ troppo esile.

Matteo Ranzi: 6,00
sebbene ci siano tutti gli ingredenti:brughiera, pioggia, macchina ferma, Irlanda e figure infernali il racconto è completamente privo di mordente; lo salva appunto solo l’ambientazione.

Enrico Miglino: 6,00
Narrazione perfetta per una storia abbastanza scontata. Fin troppo lucida la spiegazione della Banshee attraverso il ricordo improvviso dello sfortunato personaggio. Sembra più un acquerello, in cui il contorno, l’inizio della storia e l’ambientazione, sono descritti a toni morbidi e sfumati – appena un cenno – per porre l’attenzione sul quadro della situazione successiva che si svolge ovvia e prevedibile senza suscitare particolari emozioni.

Raffaele Gambigliani Zoccoli: 4,00
Ben scritto, ma il preambolo non ha significato, ed è chiuso per chiudere. Ci voleva qualcosa di più.

Doriano Rabotti: 4,00
Scontatissimo, già visto e rivisto.

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