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Addio al celibato di Luca

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Addio al celibato di Luca

Da tempo si aspetta stasera. Nonostante sia successo tutto così all’improvviso.
Chi si sarebbe mai aspettato un addio al celibato per Luca?
Solo un coito non ben interrotto/un preservativo-colabrodo.
In ogni caso si è aderito alla legge del matrimonio riparatore, nonostante Luca volesse fregarsene e lei volesse allevarlo da sola.
Piazza Roma è piena delle nostre voci. Ci siamo tutti ormai: amici soliti, vecchi, persi, sposati e conoscenti. Fra noi ancora un profumo nuovo di semiformalità.
Leo e Valerio, appena tornati da Cuba, raccontano i loro safari a caccia di pantere. Saluto Chicco passandogli la canna. Lui la tira forte quasi fosse una delle sue ultime boccate d’aria. Lupo e Luca per parlare mi offrono un aperitivo al bar lì vicino. Dal loro muoversi a scatti capisco che non hanno resistito alla tentazione di assaggiarla. "Com’è? io ancora non l’ho sentita" gli faccio, mentre loro annuiscono esageratamente respirando forte col naso. Facciamo le macchine e partiamo per andare a mangiare.
Chiaramente Luca ed il suo amico rombano e sgommano con le loro auto sportivo-tamarre per tutto il tragitto. Non si fermano neppure nel parcheggio del ristorante.
Così il cameriere ci riconosce subito e capisce che avrà vita dura (avrà abbastanza saliva da sputare nei piatti di ognuno di noi?). Incasiniamo tutto il ristorante: chi va al bar per l’aperitivo dell’aperitivo; chi aspetta impaziente al tavolo qualcosa da mangiare; chi fa conoscenza con altre tipe.
Io raggiungo gli altri al bagno per una riga. Ci portano subito da bere e noi cominciamo di brutto per lenire la fame chimica. In altre condizioni lo avremmo rifiutato, ma ora mangiamo di gusto tutto quello che ci portano.
Dallo stanzone-bunker dove ci hanno rinchiuso rimbombano i nostri cori.
Un tovagliolo annodato vola sulla faccia di Leo facendo un rumore secco. Tutti ridono mentre lui, serio alla Sherlock Holmes, sostiene di aver individuato il colpevole. Non appena si riprende a parlare Leo colpisce Stefano (non c’entrava nulla) il quale si rifà sul presunto colpevole. Ne volano altri, meglio annodati ed anche bagnati, poi tappi, pane, cucchiai e per i più coraggiosi carne.
Claudio offre un tiro di canna al cameriere il quale non sa se accettare o piantare una gran scenata. Ci dice di andare piano, poi mentre scappa veloce gli arriva sul coppetto un tovagliolo bagnato. Sparisce senza neanche raccoglierlo.
Con grande eccitazione di tutti o quasi decidiamo di andare in un night.
Il boss del locale, come vede arrivare il nostro gruppone, non sa se gioire o strapparsi gli ultimi capelli.
Ci tratta in maniera molto formale, quasi da delegati dell’ONU in missione straordinaria.
Il posto è semivuoto: distinti signori giacca-cravatta, single attempati e ragazze dell’est europa, la maggior parte cozze e vecchie.
Distruggiamo quell’atmosfera ovattata in cui regnava l’amore. Occupiamo tutti i divani vicini al palco.
Le ragazze passano lontane da noi. Ci mandano un cameriere.
I primi spettacoli sono molto spenti con mezze fighe che si spogliano poco e ballano male per quasi tutto il tempo. Noi le incitiamo e le sosteniamo con quel vocabolario di termini affettuosi e sostenitori che ben conosciamo.
Alcune di loro cominciano a farsi toccare in giro per i divani ed a chiamare qualcuno sul palco. Uno di questi perde la concentrazione proprio quando deve inserire un cazzo finto alla ragazza in posizione pecorina. E’ nel pallone, l’attrezzo gli scivola tra le sue gambe senza trovare la via d’entrata.
Dalle nostre postazioni pare ogni genere di infamata, ed alla fine la ragazza prende in mano il fallo e lo accompagna. Il tipo rosso e rimpicciolito per la vergogna ritorna al suo posto. Chissà se lo racconterà a sua moglie.
Nello spettacolo dopo una finta rossa (non che sia esperto di colori ai capelli) si muove a pecorina come una gatta, mostrandosi eccitatissima in questo ruolo. Luca, fissandola quasi ipnotizzato, si mette a quattro zampe e la raggiunge mimando i movimenti di un gattone in amore. Lei cerca di contenere il suo stupore ed anche un po’ di paura. Continua lo spettacolo, pensando fra sé che in fondo si è risparmiata la scocciatura di andare a scegliersi qualcuno.
Lui è al settimo cielo, tutto rosso ed allupato mentre la tipa lo spoglia. Cerca poi di allungare le mani. Lei prova a sfidare la sua intraprendenza mettendolo in imbarazzo, ma lui è tranquillo come un bambino in braccio a sua mamma. E’ divertente un casino il contrasto fra il finto piacere, simulato da lei, ed il suo vero godimento nel prenderla in giro.
Nell’ultimo spettacolo, una tipa ipercoraggiosa, decide di avventurarsi fra i nostri divani. Dapprima si stende su Max simulando un coito. Lei finge piacere. Lui imbarazzatissimo mischia risa a grida di dolore perché le sue palle vengono schiacciate ritmicamente nei movimenti di gambe della tipa.
Questa l’iniziazione all’amore per Max.
La ragazza ci passa quasi tutti. Le nostre mani, tutte su di lei, diventano trapani. Credo che non in nessun film porno una donna sia mai stata riempita da tutte le parti. Dopo aver provato a simulare un orgasmo per fare scena, lascia perdere la sua inutile professionalità, si stufa e ci fa incazzata "MA INSOMMA BASTA RAGAZZI!".
Si decide di concludere la serata all’insegna dei valori morali con un puttan-tour.
Non c’è più quell’atmosfera ovattata di prima, c’è la sorpresa di trovarti un cazzo con le tette, la fretta del traffico che stai intralciando, di un rapporto consumato con la paura che arrivi la polizia e dello scappare prima prima che lui/lei si accorga che lo/la prendiamo in giro.
Ci fermiamo dalla prima: "Ciao bella che ci dici? Quanto sei disposta a farci?" Lei quasi sta per rispondere al tono molto "savoir faire fare" di Gianni. Poi nell’avvicinarsi scopre in ordine:
  • il nostro numero (siamo in quattro, troppi per volere fare veramente qualcosa, giusti per ridere)
  • la nostra età (troppo giovani per dovere ammettere di averne bisogno)
  • Leo che se la dorme ubriaco.
    Lei si volta senza cagarci minimamente e va via. Ha un gran bel culo. Anche le gambe non sono niente male. "Dai Leo scendi che ti abbiamo portato a casa" faccio svelto. Si sveglia e ci guarda intontito alla grande. "Passi domani a prendere lo scooter ora vai a casa" lo rassicura premuroso Claudio. Leo scende a fatica e ci saluta. Si guarda intorno e si avvia verso quel bel culo di prima. "Scusi signora sa dov’è casa mia?" domanda con l’aria di chi non trova un posto ma è convinto di esserci vicino. Lei lo guarda malissimo. Credo ci stia odiando al punto che pagherebbe per salire subito su un’auto.
    Continuiamo il giro, osservandole come fossero sugli scaffali di un supermercato. Tette grosse, facce da uomo, gambe stupende, nere, bionde, rosse, more……
    Ci fermiamo da una bionda, cazzo una gran figa. "Ciao bella come va?" "Io molto bene e voi ragazzini?" ci fa con il suo accento esotico. "I vostri cazzini si eccitano?", lei ha capito il gioco e vuole divertirsi. Gianni al volo "certo ma avremmo bisogno di vedere qualcosa di bello…Se riesci ad eccitarci veniamo tutti con te…" Riusciamo a convincerla a mostrarci qualcosa nonostante la sua ritrosia. Chi l’avrebbe mai detto, eh? Si sbottona la camicetta e reggiseno fra il nostro fiato sospeso. Due tettine sode con due capezzolini piccoli ma ben ritti, a sfidare la legge di gravità. "Belle molto belle…ci piaci un sacco, ma avremmo bisogno di qualcosa di più…" propongo mentre lei sorride al complimento. "Volete vedere questa vero?" dice indicandoci la figa, con l’aria del dottore che sa già la cura. "Si-si ti prego faccela vedere e ti diamo tutto quello che vuoi" supplica Gianni. Lei capisce il nostro trucco, ma decide di stare al gioco e divertirsi. Si alza lentamente la minigonna, scoprendo il perizoma. Si volta e ci mostra quel culo bianco ma da favola, sembra un mandolino. Ora prende in mano la stringa del perizoma e la muove a destra e a sinistra senza mai scoprire troppo la figa, ma abbastanza per intravedere quei peli biondicci. Ci piaceva da matti anche se difficilmente ce lo saremmo confessati.
    Ci passa accanto una vecchia alfa. Il tipo dentro ci guarda storto. "Cazzo il magnaccia" sussurra Paolo. La tipa si è già allontanata senza neanche salutarci.
    Ci fermiamo in un angolo lontano dai lampioni per parlare con una mora alta, lì vicino. Mentre si avvicina scopriamo che il buio e la lontananza ci hanno illusi parecchio. "E’ un mostro!" grido per quanto mi sembra brutta. Gianni non si scompone e ipotizza "Ciao bella quanto ci dai?" Lei ci fa intendere di volere accarezzare l’auto con un tacco. Paolo riparte svelto ridendo di paura…

  • Gabriele Prati

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