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Oceano nero

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Oceano nero

L’acqua era fredda e scura, ed ogni tanto guardava le bolle uscire dalle sue narici e salire su, per stabilire più o meno dove fosse la superficie. Da laggiù poteva vedere filtrare la luce della notte stellata, ma il tutto veniva deformato dallo spessore acquoso che lo separava dal cielo.
Sentiva strani gorgoglii sottomarini,e cercava in un modo o nell’altro di procedere sempre nella stessa direzione.
Era un bel po’ che procedeva cosi’, in apnea,ed ora si sentiva stanco ed affamato.
Supero’ una barriera di strani pesci argentei, che al suo passaggio si divisero in due gruppi, lasciandogli una via nel mezzo.
Quando oltrepasso’ la barriera corallina, seppe di essere vicino alla terra ferma. Sali’ in superficie e vide in lontananza la piccola spiaggia.
Un’onda lo investi’. Vide il vulcano che sovrastava l’isola. Un’altra onda. Chiuse gli occhi. Molta vegetazione. Forse qualcosa da mangiare.
Torno’ sotto ed avanzo’ più lentamente di prima.
L’acqua cominciava ad essere più calda. Tra poco il fondale si sarebbe fatto sabbioso. Un grosso pesce gli arrivo’ da destra, spuntando improvviso dall’oscurità. Quando gli fu a portata, due colpi di pinna veloci e non c’era più.Peccato. Era molto stanco.
Ora che si trovava più vicino alla spiaggia poteva vedere una tenda ed un fuoco che brillava li’ vicino. Il fumo saliva lento ed ondulato fino a confondersi con il nero del cielo. Le stelle brillavano fortissimo.
Strani suoni venivano da laggiù. Sparivano quando un’onda lo investiva e lo faceva tornare sott’acqua. Continuo’ a procedere nella stessa direzione. Non percepiva movimento in acqua ne’ alcun odore che potesse accendere in lui una speranza.

La chitarra emetteva note armoniose ed intonate. Tutti erano seduti attorno al fuoco. Alcool ed euforia danzavano insieme in mezzo al cerchio come vecchi stregoni indiani morti ed evanescenti.
Il fuoco era un mago ipnotizzatore, ed ogni tanto con una delle sue tante mani indicava qualcuno, cosi’ che questo doveva spostarsi e sedersi dove non arrivava la brezza.
Guardavano l’oceano, quella bellissima distesa nera e brumosa.
La grossa luna tonda sembrava essere a pochi centimetri dalla superficie marina, e proiettava su di essa una lunga striscia gialla.
Forse una via per un mondo perduto e favoloso.
Poi si levarono i vestiti, e corsero a vedere se la strada fosse percorribile.
Si gettarono in acqua ridendo e giocando a schizzarsi, e più gocce d’acqua arrivavano in alto, di più stelle si riempiva il cielo.
Felici e con gli occhi socchiusi si allontanavano dalla spiaggia.
Alcool ed euforia avevano cessato di danzare e li stavano a guardare con consapevolezza.

Mille sensazioni diverse lo colpirono improvvisamente alla testa.
Si guardo’ attorno in preda ad un’agitazione cannibale.
Gli occhi giravano dappertutto cercando di fendere le tenebre subacquee.
Poi parti’ di colpo ed un granchio, agitando le chele, si nascose veloce sotto la sabbia.

Quando lo videro arrivare fu troppo tardi.
Cinque fila di denti emersero dall’acqua e con una ferocia pazza e primitiva strapparono brandelli di carne e stritolarono ossa.
Pezzi umani volavano dappertutto come se qualcosa fosse esploso in mezzo al gruppo.
Grosse macchie di sangue schiumoso si aprivano sull’acqua, e venivano trasportate dalle onde verso la spiaggia.
Il fuoco continuava a brillare.
Le grida si persero nella risacca, ed andarono ad alimentare la luce delle stelle.

Lo squalo torno’ sott’acqua e riprese il suo lento vagare.
Ogni tanto guardava le bolle d’ossigeno per stabilire a che altezza fosse la superficie.


David Risa

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